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Il Rapporto Goldstone accusa Israele e Hamas

by redazione

Il Rapporto Goldstone, sulla tragica vicenda di Gaza, sostiene che Israele ha deliberatamente violato il diritto internazionale, infliggendo una punizione collettiva che implicava anche la popolazione civile; ed altrettanto hanno fatto i gruppi armati palestinesi colpendo con mortai la parte meridionale di Israele.

Per accertare le «violazioni dei diritti umani internazionalmente riconosciuti» connesse (prima, durante e dopo) all’operazione «Piombo fuso» – compiuta da Israele dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, allo scopo dichiarato di stroncare il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza contro il suo territorio (vedi Confronti 2/2009) – il Consiglio dell’Onu per i diritti umani ha istituito, in aprile, una Missione di accertamento, guidata dal giudice sudafricano Richard Goldstone [vedi pag.8] e formata poi da: Christine Chinkin, docente di Diritto internazionale alla London School of Economics and Political Science; Hina Jilani, avvocato della Corte suprema del Pakistan; colonnello Desmond Travers, già ufficiale delle Forze di difesa irlandesi. Il 15 settembre la Missione ha presentato il suo rapporto, di 574 pagine, e anche diffuso un suo riassunto, quello che qui pubblichiamo, con nostri sottotitoli, quasi integralmente. Nel suo discorso all’Onu [vedi pag. 8] Netanyahu lo ha stroncato, affermando che esso trasforma la vittima, Israele, in aggressore; e le autorità di Hamas – ma il Movimento di resistenza islamico, come tale, nel Rapporto non è nominato – lo hanno respinto sostenendo l’inammissibilità di paragonare la potenza di fuoco israeliana con i limitatissimi armamenti dei palestinesi di Gaza, alla cui popolazione è impedito, da Israele, di vivere normalmente.
Presentato, il Rapporto Goldstone non è stato ancora approvato dalle varie autorità a cui questo compete. La Libia, uno dei quindici membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, aveva chiesto una sessione speciale sul Rapporto Goldstone; ma il 7 ottobre la richiesta è stata respinta.

«La Missione d’inchiesta delle Nazioni Unite guidata dal presidente Richard Goldstone oggi, 15 settembre 2009, ha rilasciato il suo attesissimo rapporto sul conflitto di Gaza; in esso conclude che vi è la prova per dire che Israele durante il conflitto di Gaza ha commesso gravi violazioni dei diritti umani, secondo il diritto internazionale, e di leggi umanitarie, cioè che esso commise azioni equivalenti a crimini di guerra e forse crimini contro l’umanità. E vi è prova che gruppi palestinesi armati hanno commesso crimini di guerra e forse crimini contro l’umanità nel loro ripetuto lancio di razzi e mortai nel sud di Israele».

«Nella compilazione del rapporto di 574 pagine, che contiene una dettagliata analisi di 36 specifici incidenti a Gaza, così come alcuni altri nella Cisgiordania e in Israele, la Missione ha fatto 188 interviste individuali, riesaminato oltre 10.000 pagine di documenti e visionato circa 1200 fotografie, incluse immagini satellitari, così come 30 video. La Missione ha ascoltato 38 testimoni durante due distinte udienze pubbliche a Gaza e a Ginevra, trasmesse integralmente via internet».
«La decisione di ascoltare i testimoni provenienti da Israele e dalla Cisgiordania a Ginevra, piuttosto che in loco, è stata presa dopo che Israele ha negato l’accesso alla Missione in entrambi i luoghi. Israele inoltre ha omesso di rispondere ad un’ampia lista di domande postegli e connesse con la Missione. Le Autorità palestinesi, sia di Gaza che della Cisgiordania, hanno cooperato con la Missione».

«Israele ha deliberatamente colpito la popolazione civile»

«La Missione ha accertato che, nel condurre l’attacco militare contro Gaza, Israele ha imposto massicce punizioni collettive e condotto una sistematica politica di progressivo isolamento e deprivazione della Striscia di Gaza. Durante l’operazione militare di Israele, in codice “Piombo fuso”, sono state distrutte case, fabbriche, pozzi, scuole, ospedali, stazioni di polizia e altre strutture pubbliche. Le famiglie stanno ancora vivendo in mezzo alle macerie delle loro precedenti case da quando è finito l’attacco, poiché la ricostruzione è stata impossibile a causa del continuo blocco militare. Più di 1400 persone sono state uccise durante l’operazione militare».

«Un trauma significativo, sia immediato che a lungo termine, è stato subìto dalla popolazione di Gaza. Tra i bambini vi sono segni di profonda depressione, insonnia ed effetti quali l’enuresi. Gli effetti su bambini testimoni di omicidi e violenza, che hanno pensato di star per morire e che hanno perso i membri della propria famiglia, potrebbero essere duraturi, ha accertato la Missione, notando che soffrono di problemi mentali il 30% dei bambini esaminati nelle scuole gestite dall’Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati)».

«Il Rapporto conclude che l’operazione militare era diretta contro la popolazione di Gaza nel suo insieme, nell’ambito di una generale e continua politica mirata a punire la popolazione con un uso di forza sproporzionato contro i civili. La distruzione di installazioni per le forniture alimentari, di sistemi sanitari per acqua potabile, di fabbriche in cemento e di case residenziali è stato il risultato di una politica deliberata e sistematica che ha reso più difficili le condizioni della vita quotidiana per la popolazione civile».

«Secondo il Rapporto, gli atti di Israele che deprivano i palestinesi nella Striscia dei loro mezzi di sussistenza, lavoro, case e acqua, che negano la loro libertà di movimento e il loro diritto ad entrare e uscire dal loro paese, che limitano i loro diritti di accedere a un tribunale e avere una reale soluzione potrebbero portare una Corte competente a sostenere che sia stato commesso il crimine di persecuzione, un crimine contro l’umanità».

«Molti degli incidenti investigati e descritti dalla Missione – perdita della vita e distruzione causata dalle forze israeliane durante le operazioni militari – sono stati il risultato di una costante mancanza di rispetto del fondamentale principio di “distinzione” previsto nel diritto umanitario internazionale, che esige che le forze militari distinguano sempre fra obiettivi militari e i civili e gli obiettivi civili. La Missione sostiene che “tenendo conto della capacità di prevenzione e dei mezzi per eseguire i piani con la più sviluppata tecnologia disponibile delle forze armate israeliane e della dichiarazione delle stesse forze armate, secondo cui quasi nessun errore si sarebbe verificato, gli incidenti e gli eventi esemplificati nel Rapporto sono il risultato di pianificazione deliberata e di decisioni politiche”».

«Una punizione collettiva contro la gente di Gaza»

«Il capitolo XI del Rapporto descrive un numero di specifici incidenti in cui le forze armate israeliane avviarono “attacchi diretti contro civili, con esiti letali”. Essi indicano che non c’era un obiettivo militare giustificabile perseguito dall’attacco, e sostiene che essi equivalgono a crimini di guerra. Gli incidenti descritti includono: attacchi nella zona di Samouni, a Zeitoun, a sud di Gaza City, e il bombardamento di una casa dove i soldati avevano costretto dei civili palestinesi a radunarsi; sette incidenti avvenuti perché gli israeliani “sparavano contro civili che stavano cercando di lasciare le loro case per andare in posti più sicuri, sventolando bandiere bianche e, in qualche caso, eseguendo un ordine delle forze israeliane a fare ciò”. L’aver colpito una moschea nel momento in cui si svolgeva la preghiera ha provocato la morte di quindici persone. Un certo numero di altri incidenti potrebbero costituire crimini di guerra: tra essi, un attacco diretto e intenzionale all’ospedale al-Quds e a un deposito di ambulanze a Gaza City».

«Il Rapporto inoltre elenca violazioni derivanti dal trattamento di Israele verso i palestinesi nella Cisgiordania, e l’uso eccessivo della forza contro i dimostranti palestinesi, che talora ha causato la morte, ulteriori chiusure, restrizione dei movimenti e demolizioni di case. La detenzione, di membri del Consiglio legislativo palestinese ha di fatto paralizzato la vita politica nei Territori palestinesi occupati. La Missione ha rilevato che con l’interrogatorio di attivisti politici e la repressione delle critiche delle sue azioni militari, il governo israeliano ha contribuito a creare un clima politico che non tollera il dissenso».

«I crimini di guerra di gruppi armati palestinesi»

«La Missione ha anche accertato che i ripetuti lanci di razzi e mortai verso il sud di Israele da parte di gruppi armati palestinesi “costituiscono crimini di guerra e possono equivalere a crimini contro l’umanità”, in quanto non hanno saputo distinguere tra obiettivi militari e popolazione civile. “Il lancio di razzi e mortai che non può esser diretto con sufficiente precisione verso obiettivi militari viola il principio fondamentale della distinzione”, sostiene il Rapporto. “Dove non c’è obiettivo militare programmato e i razzi e i mortai sono lanciati in aree civili, essi costituiscono un deliberato attacco contro la popolazione civile”. Gli attacchi con i razzi e i mortai “hanno causato terrore nelle comunità colpite del sud di Israele”, morte, ferite fisiche e psicologiche a civili e danni a case private, strutture religiose e proprietà, distruggendo così la vita economica e culturale delle comunità attaccate e colpendo pesantemente i diritti economici e sociali della popolazione».

«La Missione esorta i gruppi armati palestinesi che detengono il soldato israeliano Gilad Shalit [preso prigioniero nel giugno 2006, ndr] a rilasciarlo per motivi umanitari e, in attesa della sua liberazione, ad assicurargli tutti i diritti dei prigionieri di guerra secondo le Convenzioni di Ginevra, incluse le visite da parte del Comitato internazionale della Croce rossa. Il Rapporto inoltre segnala gravi violazioni dei diritti umani, arresti arbitrari ed esecuzioni extragiudiziali di palestinesi da parte delle autorità a Gaza e dell’Autorità palestinese in Cisgiordania».

Il Rapporto, in conclusione, ha raccomandato al Consiglio di sicurezza di chiedere al governo israeliano, e alle autorità di Gaza, di «riferirgli, entro sei mesi, sulle investigazioni e le azioni giudiziarie» che le due Parti dovrebbero attuare per riparare le violazioni documentate; e se ciò non fosse attuato, il Consiglio «dovrebbe deferire la situazione di Gaza al procuratore della Corte penale internazionale».

(traduzione a cura di Matteo Roberti)

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