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Se si mette ai voti la libertà religiosa

by redazione

In Svizzera, si sa, i referendum sono una consuetudine. Ma il quesito su cui i cittadini svizzeri si sono dovuti esprimere lo scorso novembre era molto particolare: si trattava di dire «sì» o «no» alla costruzione di nuovi minareti sul territorio elvetico. E, smentendo tutti i pronostici, il paese più multiculturale d’Europa ha dato un segnale forte, in linea con il clima di islamofobia e intolleranza che si respira un po’ in tutto il continente. Intanto nel nostro paese c’è chi – la Lega nord in testa – già si prepara a nuove crociate anti-islamiche. Oggi in Svizzera domani in Italia?

Stop alla costruzione di nuovi minareti. Questo è stato l’esito del referendum svoltosi il 29 novembre scorso in Svizzera con un eloquente 57,5% di sì. Un successo clamoroso per i partiti di destra promotori dell’iniziativa e una battuta d’arresto per il governo e la maggioranza del Parlamento – di uno dei paesi più democratici al mondo – contrari all’idea di un referendum sulle moschee.

Molti osservatori hanno dichiarato di essere stati sorpresi del risultato, perché i sondaggi andavano in tutt’altra direzione. In realtà, il no ai minareti non sorprende più di tanto. Esso riflette esattamente il clima che si respira non solo in Svizzera ma in tutta l’Europa riguardo all’islam e ai musulmani. Un clima misto di islamofobia e razzismo, ormai sempre più diffusi tra una buona parte dell’opinione pubblica del vecchio continente.

Il manifesto che ha accompagnato la campagna referendaria contro i minareti era chiaramente anti-islamico: donna con velo integrale e minareti a forma di missili che sovrastano la bandiera svizzera; una rappresentazione fedele al cliché più diffuso tra l’opinione pubblica, che considera l’islam come una religione oppressiva e violenta che minaccia l’identità del paese, e che quindi bisogna fermare con tutti i mezzi possibili.

In Occidente, l’islamofobia e il razzismo contro i musulmani hanno trovato maggior legittimità grazie alle misure politiche e giuridiche che diversi governi hanno adottato in questo decennio nella lotta contro il «terrorismo islamico». Misure a volte in netto contrasto con i trattati internazionali sui diritti umani. In effetti, in nome della lotta al terrorismo sono stati istituiti lager per detenuti musulmani (Guantanamo, operativo tutt’oggi), sono stati espulsi degli imam per le loro ideologie fondamentaliste, ne sono stati sequestrati e deportati altri, ad opera dei servizi segreti, per presunte attività a sostegno del terrorismo.

Progressivamente si è passati dalla lotta al terrorismo alla caccia alle streghe, alla quale movimenti e partiti politici di destra (e non solo) e una parte significativa dei cittadini partecipano con grande impegno. È diventata sempre più aggressiva la campagna politica e mediatica contro le moschee – «covi per i terroristi» – e contro il velo, o perché lesivo della dignità delle donne o perché non consente il riconoscimento del volto nei luoghi pubblici: «Ci potrebbero essere terroristi travestiti da donne velate». Eppure, ad oggi, fatti oggettivi che provano tali ipotesi non ci sono. Si tratta spesso di false e pericolose accuse, che generano rancore e frustrazione in seno ai musulmani, e paura e – soprattutto – razzismo tra gli occidentali. Un razzismo che a volte sfocia nella violenza fisica o addirittura nell’omicidio: nel mese di luglio scorso un cittadino tedesco di origine russa ha assassinato una donna musulmana velata, all’interno di un’aula di un tribunale di Dresda.

Siamo quindi ormai abituati a questo clima di veleno, e allora perché la bocciatura dei minareti da parte del popolo elvetico dovrebbe preoccuparci ulteriormente?

Questa faccenda dei minareti è gravissima perché dimostra che l’islamofobia e il razzismo sono giunti a dei livelli patologici. La Svizzera ha un’invidiabile cultura civica e una tradizione democratica più radicata rispetto ad altri paesi europei; è il paese più multiculturale d’Europa, con il 20% della popolazione totale di origine immigrata. I circa 400mila musulmani che vivono sul territorio elvetico sono europei di origine balcanica che praticano un islam più «mite» e meno identitario rispetto ai musulmani arabi. Ma purtroppo anche questo paese è caduto nella trappola dell’islamofobia.

Quello che è successo in Svizzera potrebbe avere un «effetto domino» su tutti i minareti in Europa. E in un paese di fragile democrazia come l’Italia – dove già la Lega nord ha avanzato l’ipotesi di sottoporre a referendum locali i progetti di costruzione di luoghi di culto – paradossalmente, qualcuno potrebbe avanzare l’ipotesi di demolire (per referendum) il minareto della Grande moschea di Roma perché contrasta con la cupola di San Pietro e quindi con l’identità «cristiana» della città e dell’intero paese. Secondo un recente sondaggio Ipsos/«Corriere della sera», solo il 37% non voterebbe contro i minareti.

Oggi è passato il referendum contro i minareti in Svizzera. E domani cosa potrebbe succedere in Italia? Visto che nel nostro paese l’immigrazione clandestina è un reato penale per legge, non stupirebbe più di tanto che un partito xenofobo indicesse un referendum per chiedere la deportazione di massa degli immigrati, un terzo dei quali sono musulmani!

Questa pericolosa deriva politica e culturale – volontariamente o involontariamente – favorisce alla fine quelle frange estremiste islamiche (minoritarie) che nel loro delirio predicano l’odio e considerano l’occidente «dar al hab», ovvero territorio di guerra, dove bisogna combattere l’infedele, convertirlo e instaurare la legge islamica. Ciò ovviamente non fa che rafforzare il circolo vizioso dell’islamofobia e del razzismo nei confronti dei musulmani.

Mostafa El Ayoubi

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