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Per una laicità di integrazione

by redazione

Pubblichiamo l’intervento del vicepresidente del Senato sul convegno promosso dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia sul tema «Una legge sulla libertà religiosa: urgente, inutile, impossibile?».

La Federazione delle Chiese evangeliche ha avuto il merito di promuovere un’iniziativa importante, un convegno di studio dal titolo «Una legge sulla libertà religiosa: urgente, inutile, impossibile?», che ha riaperto il dibattito su un tema centrale nella nostra società, una questione cruciale che si trascina da molti anni. In realtà una legge sulla libertà religiosa esiste – Legge sui culti ammessi, del 1929 – ma il suo impianto è ovviamente superato ed è stata in più passaggi dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. È necessario sviluppare un confronto serio, culturale e politico, perché cresca nel Paese una coscienza matura e si possa realizzare una legge quadro sulla libertà religiosa. È ovvio che, sia per la mancanza di un’intesa su snodi importanti della concreta attuazione della libertà religiosa in un quadro di pluralismo delle fedi, sia per i rapporti di forza politici in Parlamento, sia per i pochi mesi di attività davanti a noi, con le elezioni tra meno di un anno, questa legge non potrà che collocarsi nella nuova legislatura.

Spetta alla politica, oggi, riconoscere e sapere organizzare uno spazio pubblico al cui interno si muovano liberamente le Chiese cristiane, le altre confessioni religiose e le culture di differente orientamento filosofico. La Costituzione ci è di aiuto per procedere su questa strada. È modellata non attorno a una rigida separazione, ma alla autonomia tra Stato e Confessioni religiose. Non si limita a definire un ordinamento per le reciproche relazioni, ma impegna lo Stato a promuovere le condizioni per la libera espressione delle fedi religiose, considerando queste ultime – anche quelle minoritarie – un valore per l’intera società, purché coerenti con la Dichiarazione universale dei diritti della persona.

La società attuale è caratterizzata da una forte presenza di pluralismo religioso e culturale.
La politica deve realizzare spazi di confronto e di dialogo con le religioni; ricostruire un minimo comune denominatore di valori condivisi da tutti i cittadini, credenti o meno. Il pluralismo delle religioni e la loro rivendicazione di una dimensione pubblica pongono con ancora più forza il tema della laicità. Quando è garantita la presenza o particolari privilegi ad una sola confessione religiosa, si determina inevitabilmente una subalternità ad essa dello Stato, della politica, dell’intero spazio pubblico.
Gli esempi sono innumerevoli, nella storia e nel presente: è la contraddizione che ancora limita la libertà e lo slancio nel futuro di gran parte dei Paesi islamici. È necessario dar vita ad una laicità di integrazione. La laicità non riguarda esclusivamente il rapporto tra Stato e religione: esso ne rappresenta un aspetto fondamentale, ma non la esaurisce.

La laicità è il limite e la misura che garantisce alle attività umane – a tutte le attività umane – di organizzarsi e svilupparsi al riparo da interventi e condizionamenti esterni, che siano di una religione o dello Stato, che le indirizzerebbero a fini diversi da quelli a cui esse si ispirano.
La laicità è oggi la garanzia di una vera libertà delle religioni ed è parte costitutiva della democrazia e dello Stato di diritto. Negli ultimi decenni è entrato sempre più in scena un nuovo protagonista, che orienta e condiziona la nostra vita e le nostre libertà: è l’Unione europea. Le norme europee incidono direttamente nella tutela dei diritti fondamentali, delle religioni e culture, nella difesa contro ogni discriminazione.

Da questo punto di vista l’Unione è un faro a cui guardare e ci fa sperare che qui, nel nostro continente, possa nascere una straordinaria stagione di dialogo tra fedi e culture, un laboratorio di positivi rapporti tra istituzioni e confessioni religiose attorno all’obiettivo di un nuovo umanesimo.
In Italia il diritto alla libertà religiosa, espresso in modo così chiaro nella nostra Costituzione, non trova una piena applicazione. Non solo manca una legge organica sulla libertà religiosa, ma gran parte delle Intese attende ancora l’approvazione in Parlamento: si tratta di quelle con la Chiesa apostolica; la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi giorni; la Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova; gli Ortodossi; l’Unione buddhista italiana e l’Unione induista italiana. La vicenda delle Intese è stata particolarmente lunga e travagliata, anche a causa delle elezioni anticipate del 2008. Occorre approvare questi provvedimenti entro la fine della legislatura.

Come ho detto all’inizio, resta indispensabile anche una legge quadro sulla libertà religiosa. Questi obiettivi non sono alternativi ma complementari. La loro realizzazione consentirà a milioni di cittadini di vivere concretamente la fede religiosa in cui si riconoscono e alla nostra democrazia di essere più salda e moderna.
La capacità della politica, delle religioni e delle culture di rispettarsi nella reciproca autonomia, di saper dialogare, di non avere paura a collaborare su temi fondamentali per l’umanità quali la centralità della persona, la giustizia sociale, uno sviluppo sostenibile per il nostro pianeta, la non violenza e la pace, sono decisivi per il nostro futuro. È questa la via da imboccare e percorrere con coerenza.

Vannino Chiti

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