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Comparetto e il “foglio di via”

by Goffredo Fofi

di Goffredo Fofi. Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini.

 

I fogli di via erano lo strumento poliziesco con cui, sin dall’Ottocento, ci si liberava degli indesiderabili. Ancora alla fine degli anni ‘50 venivano utilizzati come arma contro i sindacalisti che reclutavano i pochi e coraggiosi militanti. Solo nel 1962 la Corte costituzionale ne ha abolito la pratica, quando alle industrie del Nord serviva mano d’opera a buon mercato, con il grande fenomeno delle migrazioni interne.

Quanti sono stati i sindacalisti siciliani uccisi dalla mafia dal 1945 in avanti, senza considerare i socialisti e militanti “storici” come Bernardino Verro, sindaco di Corleone, ammazzato nel lontano 1915, e i contadini della strage di Portella, nel ‘47, e tutte le altre vittime, maschi e femmine, donne e uomini, vecchi e bambini, e perfino preti (don Puglisi) di una storia purtroppo assai lunga e chissà se giunta alla fine?

Quando vissi nell’isola, mi capitò di conoscere a Corleone, intervistato da Danilo Dolci per il suo Inchiesta a Palermo, il padre di Placido Rizzotto, ucciso nel 1948 e a Sciara, con Ignazio Buttitta e Dolci e il geniale cantastorie Ciccio Busacca, la madre di Salvatore Carnevale, appena uno o due anni dopo la morte del giovane ribelle.

Con altri “volontari”, più tardi, inchiestando a Corleone sulla disoccupazione, ci recammo a intervistare il direttore di un ospedale finito di costruire da poco, che ci accolse generosamente offrendoci caffè e biscotti e negando che a Corleone ci fosse altro che piccola delinquenza comune, ma tornati la sera nella sede della camera del lavoro, dove anche dormivamo sulla paglia che ci procuravano i pochi coraggiosi militanti, venimmo a scoprire che si trattava del dottor Navarra, socio e poi rivale del capomafia Luciano Liggio, e Navarra era il medico che aveva ucciso il pastorello portato in ospedale perché sconvolto dall’aver assistito non visto all’uccisione del giovane attivista.

Ho conosciuto anche fieri oppositori della mafia e di alcuni sono stato amico, per esempio di Michele Pantaleone autore, su sollecitazione di Carlo Levi, di un’inchiesta che fece scandalo su Mafia e politica. Per buona sorte, molti hanno potuto vivere a lungo e morire nel loro letto, e ho conosciuto in particolare un sindacalista di cui nessuno più si ricorda, perché gli è andata bene ed è forse morto di vecchiaia nel suo paese d’origine.

Non ricordo il suo nome, perché aveva un cognome che sembrava un diminutivo e tutti lo chiamavamo dunque con quello, Comparetto, “piccolo compare”, quasi un parente acquisito (Il padrino era la brutta traduzione italiana – e certamente “nordica” – di The Godfather, che qualsiasi meridionale italiano avrebbe tradotto “Il compare”).

Non ricordo più quanti fossero i “fogli di via” nella carriera di Comparetto, che il sindacato (credo la Cgil) inviava dal paese in cui risiedeva ad aprire camere del lavoro e a organizzare i contadini nei paesi più abbandonati, dove più ce n’era bisogno. Comparetto, che peraltro non era uno che avesse studiato e che quel che sapeva lo sapeva solo dall’esperienza, vi si recava e vi raggruppava contadini e braccianti organizzava scioperi e manifestazioni fino a quando la polizia, su richiesta degli agrari locali, non lo rispediva al paese natio con un foglio di via.

I fogli di via erano lo strumento poliziesco con cui, sin dall’Ottocento, ci si liberava degli indesiderabili, in difesa, in particolare in regime mussoliniano, delle grandi città che altrimenti sarebbero state invase da torme di disoccupati venuti dalle zone depresse del paese, che erano tante, che erano la gran parte della penisola tanto a Sud che a Nord.

La Corte costituzionale ne ha abolito la pratica solo nel 1962, quando alle industrie del Nord serviva mano d’opera a buon mercato, con il grande fenomeno delle migrazioni interne che io seguii da Torino dove ero a mia volta immigrato (anche io ne ho avuto uno, nel lontano ‘56).

Di fogli di via Comparetto ne aveva collezionati più di una dozzina perché, cacciato da un paese dove avrebbe potuto ritornare soltanto dopo molti mesi, andava ad aprire un’altra camera del lavoro e a scatenare altre agitazioni in un paese dopo l’altro, con una energia e un coraggio davvero straordinari, ma che a lui – e, devo dire, anche a noi, anche a me… – sembravano una cosa normale.

Era piccolo, magro e scattante, sì che il nome di Comparetto gli andava a pennello, e non si considerava certamente da eroe, convinto com’era che la sua fosse una missione destinata al successo, una cosa che andava fatta e che, in fondo, perfino si divertiva a fare. Ricordo in particolare una manifestazione che organizzò a Partinico, dove l’ho conosciuto e frequentato, per sollecitare il comune e il provveditorato scolastico a dare la refezione ai bambini poveri – vale a dire a quasi tutti quelli che frequentavano le elementari, peraltro in un’epoca di enorme dispersione scolastica. Ed era una protesta anche paradossale per questo, perché non tutti i bambini (un centinaio e più) andavano a scuola…

Per rendere più efficace e spettacolare la manifestazione Comparetto, anche con il mio aiuto, aveva radunato decine e decine di bambini, perlopiù scalzi come era purtroppo abituale, e aveva invitato quelli che le scarpe le avevano a togliersele e legarsele intorno al collo, marciando scalzi anche loro. La prima fila dell’insolito corteo era guidata a un capo da Comparetto e a un altro da me, entrambi scalzi e con le scarpe al collo…

Che ne è stato di Comparetto? Non ho trovato il suo nome da nessuna parte, in nessuna storia o cronaca della Sicilia del dopoguerra, e Comparetto è peraltro un cognome assai diffuso nell’isola. Che nome aveva Comparetto, e che ne è stato di lui? 

 

[pubblicato su Confronti 04/2019]

 

Photo: © Doriano Strologo

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