di Michele Lipori e Luigi Sandri
Ad aprile si è svolto un seminario itinerante organizzato da Confronti in collaborazione con il centro interreligioso «al-Amana» di Muscat. Abbiamo incontrato esponenti delle diverse comunità di fede e della società civile, per comprendere la particolare situazione dei cristiani nel paese e le questioni sociali e geopolitiche.
Scende rapida la notte al Tropico del Cancro, che lambisce Muscat, la capitale del sultanato dell’Oman, e quando arriviamo sulla collina dove sono concentrate le chiese cristiane è buio, ma le scarse luci ci permettono di avere una idea delle persone – circa settemila – convenute, parte già stipate negli edifici sacri, le più nel grande spiazzale antistante, per celebrare la Pasqua. Un evento del tutto normale in molte parti del mondo ma qui, in questo spicchio di penisola arabica, a ridosso del regno saudita, singolare per molte ragioni. Che si chiariscono se inquadriamo brevemente la storia di questo paese, ove gli autoctoni sono massicciamente musulmani ibaditi, e i lavoratori stranieri in gran parte cristiani.
Luigi Sandri
di Luigi Sandri
Quarant’anni fa Vaticano ed episcopato – salvo eccezioni – si batterono per far vincere il Sì all’abrogazione della legge sul divorzio; ma vinse il No, per il quale si impegnarono anche molti cattolici, del disagio e del dissenso. E le gerarchie, sconvolte, scoprirono un paese laico, secolarizzato e con il gusto per la libertà di coscienza. Sembra preistoria, eppure – storicamente parlando – è solo ieri: ci riferiamo alle vicende collegate al referendum sulla legge del divorzio, che ebbe luogo in Italia quarant’anni or sono, il 12 e 13 maggio 1974. Raccontare un pochino il «come eravamo», soprattutto a chi quei tempi non ha vissuto, ci sembra interessante, perché quella data, simbolicamente, può essere ritenuta uno spartiacque sia nella Chiesa cattolica – a livello di Santa Sede e di Italia – sia nella società. Il dilemma Sì-No lacera la Chiesa cattolica. Da sempre quasi tabù nel mondo politico italiano, l’idea di introdurre una legge sul divorzio prese vita formalmente nel 1965, quando i radicali, con ardire, crearono la Lega italiana per l’istituzione del divorzio; da parte loro, due deputati, il socialista Loris Fortuna e il liberale Antonio Baslini unificarono le loro proposte sul divorzio che, infine, il primo dicembre 1970 divenne legge dello Stato. La Dc, pur contraria al testo, tenne a bada i suoi esponenti più antidivorzisti che volevano fare ostruzionismo.
di Luigi Sandri – (questo commento esce anche su Adista n. 10/2014). Insieme ai loro decisivi risvolti geopolitici – che qui diamo per conosciuti – le drammatiche giornate di Kiev, bagnate dal sangue a piazza Majdan, e il contrasto russo-ucraino per la Crimea, hanno innescato anche una questione religiosa che è forse utile focalizzare, in se stessa e per le sue inestricabili connessioni con la situazione storica e sociale, ieri e oggi, dell’Ucraina.
Storicamente, il Paese da mille anni è sempre stato ortodosso. Nel 988 missionari bizantini battezzarono il principe Vladimir di Kiev, guida della Rus’ (l’Ucraina meridionale), e di conseguenza il popolo dovette farsi cristiano. Nel 1054 Roma e Costantinopoli si scomunicarono reciprocamente; una frattura, però, quasi ignorata nella Rus’. Quando i Tartari, alla metà del secolo XIII, devastarono Kiev, il metropolita della città riparò in Russia, infine fissando la sua sede a Mosca, pur mantenendo il suo titolo ecclesiastico originario. Con la nascita del patriarcato di Mosca (1589) la Chiesa ortodossa russa si riorganizzò e a poco a poco arriverà a controllare ecclesialmente parte dell’Ucraina.
Ma nel 1595-96 gran parte dei vescovi ucraini riconobbero il papato: nacquero così i greco-cattolici, definiti “uniati” dagli ortodossi che li detestano. I primi ritennero di esplicitare un’unione mai in realtà spezzata con Roma; i secondi accusarono i re polacco-lituani ed i pontefici di aver organizzato il “tradimento” per distruggere dall’interno l’Ortodossia.
Adriano Prosperi e Vito Mancuso alla presentazione del libro di Luigi Sandri sui Concili
Lo storico Adriano Prosperi e il teologo Vito Mancuso hanno presentato a Roma, alla libreria Fandango, il libro di Luigi Sandri «Dal Gerusalemme I al Vaticano III. I Concili nella storia tra Vangelo e potere» (Il Margine, Trento 2013, 1080 pagine, 30 euro). I temi maggiori del libro, la sua documentata analisi, le luci e le ombre di quelle assemblee. In questa carrellata che percorre duemila anni emergono anche vicende di solito sottaciute nella catechesi, nella predicazione e nelle trasmissioni che si occupano di Chiesa: ad esempio, la violenza con la quale papi e concili hanno deliberato contro «eretici» (tali definiti dal potere ecclesiastico), ebrei e musulmani; e poi, naturalmente, il peso del potere politico nei concili; il vissuto del popolo cristiano; l’ardimento evangelico di alcuni ed alcune; la novità del Vaticano II ed i problemi irrisolti del post-Concilio. Per il futuro, Sandri auspica un «Vaticano III», cioè un Concilio generale della Chiesa romana, e uno autenticamente ecumenico di tutte le Chiese.
di Luigi Sandri – Da quando è stato eletto vescovo di Roma, Bergoglio continua a seminare segni di consolante discontinuità rispetto al passato, e l’esortazione apostolica «Evangelii gaudium» lo conferma. Ma la strada è in salita, e lo prova la sua riaffermazione delle tesi di Wojtyla e di Ratzinger contro i ministeri affidati alle donne.
Dove va la Chiesa di Francesco, da lui spronata ad un trascinante mutamento di prospettive pastorali e, dunque, istituzionali? I suoi primi nove mesi di servizio episcopale in Roma sono stati caratterizzati da singolari omelie; da parole non scontate («oh, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri»); da viaggi paradigmatici (Lampedusa); dall’avvio di riforma delle opache finanze vaticane; dalla convocazione di due Sinodi dei vescovi dedicati al tema cruciale della famiglia; dall’esortazione apostolica (Evangelii gaudium, del 24 novembre) che invita l’intera comunità cattolica ad un radicale ravvedimento evangelico, implicante anche la conversione del papato. Quo vadis?
Un papa che abbandona titoli altisonanti e vesti preziose, che assume il programmatico nome del Poverello d’Assisi, e che viene dal Sud…
intervista ad Adolfo Pérez Esquivel «Bergoglio, da sacerdote gesuita, fu una delle tante vittime della dittatura militare in Argentina, non un complice;…
Con la sua clamorosa rinuncia al papato, Benedetto XVI apre un tempo del tutto nuovo nella Chiesa romana che, traendo le conseguenze…