Come sottolinea il presidente della Fondazione Critica liberale, il processo di secolarizzazione nel nostro Paese è costante, ma la classe politica continua a considerare l’Italia una dépendance del Vaticano. Con il governo Monti, gli interessi della Chiesa cattolica sono ben garantiti da posizioni di forza in molti punti chiave del potere.
Come dimostrano i dati delle nostre ricerche sull’indice di secolarizzazione (su cui Confronti tornerà in modo più approfondito il mese prossimo, ndr), i comportamenti degli italiani in questi ultimi decenni si sono resi sempre più autonomi dal giudizio della Chiesa cattolica romana. Il processo di secolarizzazione è quindi progressivo, più o meno lento ma costante e sicuro nel suo trend. A questo dato, però, corrisponde un’assoluta insensibilità o opportunismo delle classi dirigenti di questo Paese, che continuano a gestire l’Italia come se fosse una dépendance del Vaticano.
La situazione attuale è molto preoccupante e credo che avremo davanti a noi dei mesi assai difficili. I diciannove anni della nostra ricerca quasi coincidono con la lunga «era berlusconiana», che di danni ne ha fatti molti. Il maggiore? La distruzione del senso dello Stato in questo Paese, dove si è persa anche ogni minima regola di buona educazione istituzionale. La soluzione del governo Monti è stata salutata da quasi tutti come una benedizione rispetto alla condizione in cui ci trovavamo prima. Al contrario di come molti l’hanno definito, questo non è un governo del presidente della Repubblica, perché se così fosse dovrebbe contenere tutte le voci politiche e culturali (ma così non è) e non è neanche semplicemente un governo di tecnici, perché anche solo il concetto è di per sé sbagliato. È un governo che risente di un accordo per il salvataggio in extremis del vecchio regime, già in disfacimento totale e segnato dall’entrata in scena del Vaticano che ha preso in mano la situazione.
I segni di maleducazione istituzionale si sono visti subito, fin dal giuramento, quando un ministro si è permesso persino di modificare la dizione del giuramento medesimo (nel pronunciare la formula «giuro di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione», Andrea Riccardi ha omesso il termine «esclusivo», ndr), senza che il presidente della Repubblica gli facesse notare che la versione corretta era diversa. Addirittura un sottosegretario del tutto sconosciuto (Saverio Ruperto, all’Interno) ha voluto segnare la sua presenza nella ribalta politica facendosi anche il segno della croce. Allora mi auguro che, essendo un buon cittadino, quando va a messa e fa la comunione si legga subito dopo tre o quattro articoli della Costituzione italiana… tutto questo è la forma, poi c’è la sostanza chiaramente. E riguarda la presa in possesso di alcuni gangli molto forti, dove gli interessi del Vaticano sono preponderanti: i beni culturali, la scuola e la cooperazione internazionale.
Vedremo cosa succederà nei prossimi mesi, ma i segni non sono buoni. Credo che sia un governo troppo debole, che ha patteggiato troppo per la sua nascita e deve quindi pagare dei prezzi altissimi. Prezzi che, del resto, sta già cominciando a pagare. Lo scoglio principale, oltre naturalmente alla questione delle frequenze televisive, sarà l’Ici per le attività commerciali della Chiesa cattolica. Abbiamo visto l’elenco spaventoso di «hotel de charme» di proprietà del Vaticano con prezzi, fotografie e attività puramente commerciali che fanno concorrenza sleale alle altre attività commerciali. Bisogna vedere se l’entrata nel rigore comporti anche un maggiore senso dello Stato. Ma sono molto scettico su questo. Il presidente del Consiglio passato regalava a se stesso le frequenze senza neanche vergognarsi, ma sarebbe ancora più vergognoso se ora, proprio mentre ci sono settori del nostro Paese che pagano molto duramente la crisi, si confermasse quel regalo assolutamente ingiustificato.
Enzo Marzo