Anche per quest’anno la Legge di stabilità – la vecchia «Finanziaria» – prosegue nella linea delle politiche di austerity e di tagli alla spesa sociale, senza misure per la crescita. Ogni anno, dal 1999, la campagna «Sbilanciamoci!» (di cui Marcon è portavoce) riunisce una cinquantina di organizzazioni della società civile per elaborare una «controfinanziaria» con proposte alternative, ispirate a un nuovo modello di sviluppo fondato sui diritti, l’ambiente e la pace.
La legge di stabilità del 2013 si colloca dentro il quadro di una crisi i cui dati sono noti: quest’anno il Pil diminuisce del 2,4%, 1/3 dei giovani non ha lavoro, la spesa sociale si è di fatto dimezzata provocando uno smantellamento del welfare, abbiamo oltre 160 crisi industriali in atto con il rischio di perdere altri 300mila posti di lavoro, più di un miliardo di ore di cassa integrazione nel 2012, più di un milione di posti di lavoro persi dall’inizio della crisi, il potere d’acquisto tornato ai valori di dieci anni fa, oltre 50 Comuni di media grandezza che rischiano il dissesto finanziario e di non poter pagare più gli stipendi ai propri dipendenti. È una crisi tremenda, drammatica.
La Legge di stabilità prevede dal 2013 al 2015 interventi per quasi 33 miliardi di euro. Tra gli elementi negativi dei provvedimenti vanno ricordati: l’aumento di un punto dell’Iva, i tagli agli enti locali, alla scuola e alla sanità, lo stanziamento di 2 miliardi e 700 milioni alle «grandi opere», un ulteriore finanziamento di 226 milioni alle scuole private, uno stanziamento di 800 milioni per la detassazione dei salari di produttività, mentre sarebbe stato molto più utile destinare quei soldi a misure vere per la crescita. Tra le poche «luci» ci sono le misure cancellate dal testo originario, quali la cancellazione di detrazioni e deduzioni del lavoro dipendente e la cosiddetta operazione dei «cieli bui», che avrebbe lasciato senza luce – di notte – le nostre città.
Di fronte a questa Legge di stabilità – che sostanzialmente continua le politiche di austerity e di tagli alla spesa sociale e perpetua l’assenza di misure per la crescita degli ultimi mesi – la campagna Sbilanciamoci ha proposto la sua controfinanziaria di 29 miliardi per il 2013, che prevede una serie di misure di riduzione della spesa pubblica (cancellazione dei finanziamenti alle grandi opere e alle scuole private, riduzione delle spese militari e cancellazione del programma dei cacciabombardieri F35) e una politica fiscale che colpisca i privilegi e la ricchezza (tassa patrimoniale, imposizione fiscale delle rendite al 23%, tassazione Irpef al 75% per i redditi superiori al milione di euro, eccetera). Le risorse così recuperate servirebbero a finanziare un «piano straordinario» per il lavoro e di investimenti pubblici (piccole opere) per lo sviluppo e la crescita che potrebbero dare nuove opportunità alle imprese e creare nuovi posti di lavoro. Altre risorse dovrebbero essere utilizzate per il welfare, la scuola, la sanità e gli enti locali (il dettaglio delle proposte è su www.sbilanciamoci.org).
Rispetto alle politiche economiche di questi mesi è necessario un «cambio di rotta»: basta con il neoliberismo, con le politiche di austerity, con la subalternità ai mercati finanziari, con una politica economica che sta aumentando le sofferenze sociali e accentuando la depressione e la recessione dell’economia reale. Basta con una cura da cavallo che sta ormai facendo morire anche il cavallo. Si sta continuando a svuotare con il cucchiaino un secchio d’acqua sempre più colmo, mentre bisognerebbe chiudere il rubinetto che quel secchio riempie sempre più velocemente. Il cucchiaino sono i tagli alla spesa pubblica (che stanno stremando di sete tanta povera gente) e il rubinetto è la speculazione dei mercati finanziari che continua ad agire indisturbata. Si sta continuando a «lisciare il pelo» ai mercati finanziari, mentre bisognerebbe fargli il «contropelo».
Quando si era insediato, nel novembre del 2011, il governo Monti aveva promesso «rigore, equità e crescita». L’unica promessa che è stata mantenuta è quella del rigore, applicato tra l’altro in modo unidirezionale. Speriamo che il prossimo governo – e la prossima Legge di stabilità – concentri le sue iniziative e le risorse sull’equità e la crescita. Serve una politica redistributiva della ricchezza – capace di far ripartire la domanda e lenire le ingiustizie sociali – e una politica di interventi pubblici in grado di far ripartire la crescita e creare nuovi posti di lavoro. La Legge di stabilità del 2013 ha perso un’occasione: speriamo non la manchi il prossimo governo.
Giulio Marcon