Da quasi un anno l’Egitto è guidato da Mohamed Morsi, esponente dei Fratelli musulmani, e intanto la crisi sociale, politica ed economica si aggrava sempre di più. Il presidente e il partito che lo sorregge sono impegnati a rafforzare con ogni mezzo la propria posizione di potere, cercando di controllare e imbavagliare i giornalisti di opposizione e reprimendo con durezza anche la satira politica.
«Il presidente della Repubblica, con viva e vibrante soddisfazione, si accinge a consumare una nutrita colazione a base di biscotti alla fragola». Sono le parole di Maurizio Crozza in uno dei suoi spettacoli di satira in cui prende in giro il presidente Giorgio Napolitano. E, rivolgendosi verso il suo corazziere n° 1, dice: «La Clio ce l’ho anche io, è brava ed affidabile, ce l’ho da 50 anni; sai quanti chilometri c’ho fatto?». Se Crozza fosse un comico egiziano che lavora al Cairo, avrebbe avuto seri problemi con la giustizia. Le sue frasi sarebbero state definite «insulti al presidente». Per questo tipo di satira è finito nei guai Bassam Youssef, un noto giornalista satirico egiziano, perché in un suo programma televisivo aveva deriso Mohamed Morsi. Youssef è oggi agli arresti domiciliari, accusato di aver «insultato il presidente». Come Crozza in Italia, Youssef offre al pubblico egiziano una satira dove si intrecciano svago ed educazione politica.
Nata dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011, la satira di Bassam Youssef è una forma di libertà di espressione che preoccupa molto i nuovi titolari del potere in Egitto. Oggi sotto la guida del presidente Morsi, esponente dei Fratelli musulmani (Fm), al potere da quasi un anno, regna una grande incertezza in un Egitto sfiancato da una grave crisi sociale, politica ed economica. Ma Morsi e i Fm sembrano preoccupati solo di consolidarsi al potere, motivo per cui cercano di controllare l’informazione e di imbavagliare i giornalisti, tipica tattica dei regimi totalitari. Ancora oggi il settore dei media è in gran parte controllato dallo Stato che, oltre a diversi canali televisivi e radio, controlla anche la carta stampata.
Di recente il Senato («Maglis a-Shoura») ha nominato un esponente dei Fm alla guida del quotidiano Al-Ahram (paragonabile al Corriere della sera, in termini di diffusione). Secondo molti egiziani, gli islamisti costituiscono un regime con scarsa cultura democratica. Si sono dotati di una Costituzione ad personam, redatta da una commissione composta in maggioranza dai loro rappresentanti e votata con un consenso di poco più del 60% e con una partecipazione del 33%.
Questo approccio autoritario, con cui i Fm sembrano voler governare l’Egitto, preoccupa gran parte del mondo dei media che, memori dell’epoca Mubarak, temono che la libertà d’informazione venga di nuovo soffocata. La libertà religiosa è un altro elemento che rischia di essere seriamente messo in discussione oggi in un Egitto governato unilateralmente dagli islamisti, le cui frange più estreme non nascondono il loro odio nei confronti delle minoranze: i musulmani sciiti e i cristiani copti. Queste frange chiedono addirittura la reintroduzione dello statuto medievale del dhimmi per i non musulmani.
L’attacco inedito alla cattedrale copta di San Marco, sede del patriarca copto ortodosso, avvenuto il 7 aprile scorso, è un segnale d’allarme per la situazione dei cristiani in Egitto. Il patriarca copto Tawadros II ha apertamente accusato Morsi di «negligenza» nei confronti dei cristiani. Vi sono forti sospetti che Morsi e i Fm non nutrano grande simpatia per i copti per le loro posizioni politiche. La Chiesa copta aveva ritirato i suoi rappresentanti dalla commissione incaricata di redigere la nuova Costituzione e al referendum per la sua convalida i copti, in maggioranza, hanno votato «no». Vi è una chiara volontà dei Fm di dare una forte impronta religiosa alla vita istituzionale, sociale, culturale del paese. Che ne sarà quindi dei circa 8 milioni di copti egiziani? Verranno sacrificati come è avvenuto per i cristiani dell’Iraq e come sta avvenendo per quelli della Siria in nome dei calcoli geopolitici? Le denunce da parte delle organizzazioni umanitarie internazionali contro la persecuzione dei giornalisti e la discriminazione dei copti sono uno specchietto per le allodole.
Il segretario di Stato americano John Kerry nella sua ultima visita al Cairo non era venuto per parlare della libertà d’espressione e di quella religiosa, ma per assicurarsi che il governo egiziano continuasse ad appoggiare la politica della Casa Bianca in Medio Oriente e fare pressione su Morsi per accettare le condizioni del Fondo monetario in cambio di un prestito di 4,8 miliardi. Il Fondo chiede a Morsi di effettuare tagli drastici alle sovvenzioni al carburante e ai prodotti alimentari, da cui dipende larga parte della popolazione. È noto che i Fm sono a favore della politica neoliberista e intendono continuare ad imporla al martoriato popolo egiziano. La rivoluzione del 25 gennaio di piazza Tahrir è servita a poco!
Mostafa El Ayoubi