di Adriano Gizzi e Daniela Mazzarella
Il 14 gennaio scorso, presso il Jewish Community Center di via Balbo a Roma, si sarebbe dovuto tenere un dibattito in occasione della presentazione del libro di Fabio Nicolucci Sinistra e Israele. La frontiera morale dell’Occidente. Come si leggeva chiaramente nella locandina che pubblicizzava l’incontro (che anche Confronti ha contribuito a diffondere) erano previsti gli interventi di Lucio Caracciolo (direttore di Limes), Emanuele Fiano (deputato del Pd e segretario di Sinistra per Israele), Lucia Annunziata (direttrice Huffington Post Italia), Tobia Zevi (dell’associazione di cultura ebraica Hans Jonas), Giorgio Gomel (rappresentante di JCall Italia, il gruppo italiano del movimento «European jewish call for reason», nonché collaboratore del nostro mensile) e naturalmente dell’autore del libro.
Abbiamo scritto «si sarebbe dovuto», perché in realtà un vero dibattito non c’è stato. La sala era strapiena e almeno 150 persone erano lì per ascoltare civilmente e democraticamente le opinioni di tutti i relatori, ma un gruppo organizzato (una trentina di persone) ha deciso che non potessero prendere la parola né Gomel né Zevi, che tra l’altro erano proprio gli organizzatori della presentazione. Fin dall’inizio, si è avvertito un clima di forte tensione che è andato via via crescendo durante tutta la serata, con interruzioni continue e aggressioni verbali. Nel corso della presentazione, ma anche nella mezz’ora successiva, si è sfiorata più volte la rissa. Alcune aggressioni fisiche pesanti sono state fortunatamente soffocate sul nascere o prima che degenerassero, ma non sono mancati spintoni, strattonamenti e anche qualcosa di peggio. Il gruppo che contestava con maggiore energia ha anche srotolato uno striscione con su scritto «Torna a Gaza, Giorgio» (corredato dalla foto di un cane «Lassie»). L’accusa – non nuova – nei confronti di Gomel è di «stare dalla parte del nemico», di non difendere il popolo ebraico che vive in Israele e nei Territori occupati.
Va dato atto a Lucia Annunziata, che aveva il compito di moderare la serata, di aver fatto il possibile per calmare gli animi, usando una certa dose di «diplomazia». Lascia perplessi, però, la scelta di proseguire comunque la presentazione tra le contestazioni e gli urli quasi continui, accettando come fatto ineluttabile l’esclusione di due oratori. Forse è stato saggio non insistere affinché parlassero a tutti i costi, perché altrimenti questo avrebbe potuto provocare uno scontro fisico ancora più grave. Però magari ci si poteva aspettare, da parte degli altri oratori, una maggiore solidarietà nei confronti dei loro «colleghi». Forse qualcuno avrebbe potuto dire: «Se impedite di parlare a questi due oratori, allora il dibattito non è più democratico e quindi anche io mi rifiuto di parlare». Ma nessuno lo ha detto. Nessuno ha pensato di dire, per esempio, «o parlano tutti liberamente o non parla nessuno». A un certo punto Lucia Annunziata ha fatto capire di non essere più disposta a sopportare quel clima e sembrava stesse per andarsene, ma invece poi ha continuato a moderare fino alla fine. Naturalmente, hanno potuto parlare (come è giusto che sia) anche alcuni contestatori, esponendo le loro legittime critiche. A differenza di Gomel e Zevi, Caracciolo bene o male è riuscito a parlare, ma venendo interrotto spesso da contestazioni molto dure e decisamente intimidatorie.
Senza voler entrare nel merito delle questioni di cui si «dibatteva», pensiamo che sia inaccettabile che venga tolta la parola in modo violento a due persone che erano lì per esporre le proprie tesi in modo civile e pacifico. Non è tollerabile, poi, che passi sotto silenzio un episodio di questa gravità. La stragrande maggioranza del pubblico era costituita da persone appartenenti alla comunità ebraica romana, venute lì per assistere civilmente a uno scambio di opinioni tutte ampiamente all’interno del «recinto» delle idee accettabili: non c’erano oratori neonazisti, negazionisti o rappresentanti di altre idee aberranti, la cui presenza sarebbe stata giustamente vista come una provocazione inaccettabile. Gli oratori a cui è stato impedito di parlare appartengono entrambi alla comunità ebraica e non sono certamente fra coloro che vogliono mettere in pericolo la sicurezza di Israele. Le contestazioni pacifiche sono accettabili, togliere la parola con le minacce non lo è.