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«Il risveglio della democrazia. La Tunisia dall’indipendenza alla transizione»

di redazione

Leila El Houssi,

«Il risveglio della democrazia. La Tunisia dall’indipendenza alla transizione»

Carocci, 2013

112 pagine, 13 euro

di Carmelo Russo

Il 6 marzo, presso la libreria Griot di Roma, si è tenuta la presentazione del libro di Leila El Houssi, Il risveglio della democrazia. La Tunisia dall’indipendenza alla transizione. L’autrice, storica di madre italiana e padre tunisino, è stata introdotta da Cecilia Dalla Negra della testata giornalistica indipendente Osservatorio.it in un dialogo agile e piacevole, capace di tenere sempre alta l’attenzione del pubblico e di stimolarne la partecipazione.

Leila El Houssi comincia richiamando quella società cosmopolita, multiculturale e multireligiosa, capace di accogliere ebrei, francesi e italiani, di valorizzare le diversità in una sana pacifica convivenza che era la Tunisia a cavallo tra i secoli XIX e XX. «Non si può capire quello che è oggi un popolo se non partendo dalla sua storia», afferma. Quella società si trasformò in un paese «islamicamente laico». Utilizza questo ossimoro per descrivere la Tunisia di Bourguiba, presidente-dittatore leader della lotta per l’indipendenza, mosso da idee socialiste tese a enfatizzare la nazione, in grado di modernizzare il paese, soprattutto negli aspetti dell’istruzione. El Houssi sottolinea anche aspetti meno «nobili». La rilevanza dell’islam nella società tunisina non poteva essere negata, invece Bourguiba iniziò a perseguitare gli oppositori politici, soprattutto i movimenti di orientamento islamico come Ennahda, e confuse l’emancipazione della donna con una campagna contro il velo.

La deposizione di Bourguiba, vecchio e malato, sullo sfondo di un paese in crisi economica e sociale, coincise con l’ascesa di Ben Ali. Così dalla fine degli anni Ottanta la Tunisia inizia a vivere in un film: «Era come essere in The Truman Show. La Tunisia era una cartolina per i turisti occidentali. C’erano le palme, i cocktail sulla spiaggia, le oasi nel deserto. C’era Hammamet, Gerba e Port El Kantaoui». Ma c’era molto altro. Bastava lasciare la costa e addentrarsi un po’ nelle zone più interne per scoprire la miseria, l’insoddisfazione del popolo, la corruzione, le violenze della polizia. E fuori c’erano tutte le colpe di un Occidente che non voleva vedere, che anzi forniva Ben Ali di legittimità, uomo forte come Mubarak e Gheddafi, garante di una stabilità di cui potenze europee e multinazionali necessitavano.

Siamo alla rivoluzione del 2011. «Per me non è una rivoluzione, ma una rivolta, una sommossa, perché è nata dal popolo, dalla disperazione, dalla voglia di libertà. Non ha un’organizzazione né una testa politica. Non c’era il partito di Ennahda in piazza, ma non mi ha stupito la loro vittoria alle elezioni». Ennahda, spiega El Houssi, era l’unica forza seriamente organizzata; era l’unico partito non compromesso con il regime; i suoi esponenti erano tutti all’estero a causa delle persecuzioni di Ben Ali: questo ha condizionato l’emotività degli elettori; Ennahda ha fornito aiuti materiali a parte della popolazione disagiata; costituiva inoltre il ritorno della religione nella sfera pubblica, messa di fatto al bando sin dagli anni dell’indipendenza.

L’autrice parla anche delle nuove prospettive costituzionali. Delle polemiche per cui a un certo punto si sarebbe temuto che la donna sarebbe stata complementare all’uomo, che la shari’a potesse divenire legge di Stato. Ma poi tutto si è risolto per il meglio. «Si è posta molta enfasi sulla parità tra uomo e donna nella nuova Costituzione. Ma in Tunisia questo era un dato acquisito da tempo. La legge sul divorzio c’era da prima rispetto all’Italia. La vera novità della Costituzione è la libertà di espressione, la libertà di parola. La vera rivoluzione inizia ora».

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