di Rocco Luigi Mangiavillano
«Coniugare sicurezza e qualità dell’incontro», è il titolo di una ricerca-studio, curata da Lia Sacerdote, fondatrice dell’associazione «Bambinisenzasbarre», risultato di un’intensa attività formativa condotta nelle carceri lombarde nel triennio 2010-2013, attraverso il Programma pilota di formazione, promosso dal gruppo di lavoro del Prap (Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria della Regione Lombardia) e condotto da Bambinisenzasbarre con il contributo, nella co-progettazione, dell’Università Bicocca di Milano.
La formazione ha coinvolto 18 istituti del sistema penitenziario lombardo, 240 operatori, tra agenti, educatori e assistenti sociali, con particolare riferimento agli operatori penitenziari dell’accoglienza che operano a contatto con familiari e bambini che incontrano il genitore recluso. Il percorso formativo, oltre ad evidenziare buone prassi di accoglienza, azioni innovative e favorire omogeneità degli interventi nei 18 istituti della regione, ha creato di fatto, attraverso un approccio esperienziale, uno spazio «aperto» e «contaminante» dove per la prima volta gli operatori, a partire dal proprio vissuto esistenziale, hanno condiviso esperienze, valori, stereotipie, ma anche affrontato le difficoltà legate ad una professione particolare e complessa. Si lavora con «materiale» umano ad alta fragilità. Gli operatori sono chiamati a svolgere, spesso «in solitudine», quel difficile compito di mediazione centrato sulla dimensione umana, quella emozionale ed emotiva e sul rispetto delle regole di sicurezza. È in questo spazio di sensibilità, «esplorare l’esperienza per aprire lo sguardo», che risiede l’aspetto innovativo e trasformativo di questo intervento. Infatti, i partecipanti hanno riflettuto sui temi dell’accoglienza e delle relazioni interpersonali come elemento/legittimazione della propria professionalità in armonia con i vincoli e le regole legati alla sicurezza. Valorizzare il ruolo educativo degli operatori penitenziari ha così consentito di avviare un processo di consapevolezza che cambia lo sguardo nei confronti della cultura dell’accoglienza in carcere rivolta a famiglie e bambini: il risultato del loro intervento è nel processo di relazione di cui loro stessi sono lo strumento e, in questo contatto, il cambiamento di prospettiva si realizza nel saper ascoltare/riconoscere questi bambini e rendere loro comprensibile la realtà che li attende. La persona detenuta è anche padre e madre. Un carcere accogliente, può rappresentare non solo quel contesto educativo e di benessere per tutti i soggetti che lo abitano, comprese le famiglie e i bambini che vi accedono, ma anche un luogo dove aver cura del mantenimento dei rapporti familiari, innanzitutto a tutela dei minori, assicurando loro un adeguato sviluppo psico-affettivo e il diritto alla continuità del legame con il genitore. Un lavoro proteso fortemente al «dopo» la detenzione. In tal senso Bambinisenzasbarre, attraverso questo programma di formazione pilota, pone in evidenza le potenzialità di coinvolgimento degli altri sistemi educativi e della società «esterna», sistema di cui anche il carcere è parte, affinché i legami di quest’ultimo con il territorio e la società libera si traducano concretamente in una comunicazione dinamica costruttrice di opportunità di reale inserimento sociale delle persone rimesse in libertà.
Questo è l’aspetto su cui Bambinisenzasbarre da sempre pone l’accento, fin dalle prime esperienze avviate all’interno del Gruppo carcere Mario Cuminetti, primo gruppo in Italia ad usufruire dell’articolo 17 dell’Ordinamento penitenziario, per fare volontariato in carcere e creare un collegamento con il territorio. Già dai primi incontri di sostegno con mamme detenute, aiutate a recuperare un’identità genitoriale persa o da ricostruire, si dedica al dramma dei bambini vittime di una relazione affettiva spezzata, accompagnandoli in un processo di rielaborazione conseguente alla mutata situazione relazionale.
Da qui prendono forma le varie attività di Bambinisenzasbarre, tra cui il Sistema di accoglienza dei bambini Spazio giallo, attualmente modello di accoglienza delle tre carceri milanesi, la sensibilizzazione per il superamento delle barriere legate al pregiudizio e alla discriminazione unitamente all’attività di ricerca, studio e formazione, come partner del Ministero della Giustizia e, in ambito europeo, come membro della direzione Children of Prisoners Europe.
Le implicazioni politiche e sociali di questa esperienza le ritroviamo nel Protocollo di intesa che lo scorso marzo il Ministero della Giustizia, il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), l’Autorità garante per l’infanzia e Bambinisenzasbarre hanno firmato per garantire la tutela del minore, il diritto alla genitorialità e il sostegno delle relazioni familiari durante e oltre la detenzione, istituendo un Tavolo permanente di monitoraggio sull’attuazione di questo accordo.
Ora, nonostante il valore di questo risultato, Bambinisenzasbarre non cede a facili entusiasmi. La legge 62 del 2011, entrata in vigore solo quest’anno delude le aspettative: non chiarisce i reati per i quali una mamma con un bambino al di sotto dei 6 anni non debba essere detenuta mentre i domiciliari escludono molte mamme straniere e rom. Sono introdotte le Case famiglia protette, che sganciate dal mondo penitenziario e affidate agli enti locali ormai senza risorse rischiano di non partire, e infine gli Istituti di custodia attenuata per madri in Italia sono soltanto tre.
L’Europa ha concesso all’Italia un anno di tempo per intervenire sulla situazione delle carceri. Riusciremo a rispettare i parametri stabiliti dall’Ue? E ancora, quale sarà l’impatto sociale dei molti prossimi alla rimessa in libertà, come ad esempio per effetto dell’incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, se non ci si affretta a predisporre quell’impianto di welfare, compresa l’integrazione lavorativa che li possa accogliere?
Forse, se a tutto ciò aggiungiamo il problema del sovraffollamento e la disperazione dei Cie (i Centri di identificazione ed espulsione), la preoccupazione di Bambinisenzasbarre non è del tutto infondata.
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