Quale futuro per la famiglia? - Confronti
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Quale futuro per la famiglia?

by redazione

di Brunetto Salvarani

Tra poche settimane, dal 5 al 19 ottobre 2014, si terrà un’Assemblea generale straordinaria del Sinodo cattolico dei vescovi sul tema «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione». Banco di prova per nulla secondario per la volontà riformatrice di papa Francesco, e per la sua idea di «decentralizzazione» (come l’ha chiamata nell’esortazione Evangelii gaudium), l’evento rappresenterà anche l’occasione per fare il punto su un argomento – quello della famiglia, appunto – che si presenta oggi delicato quanto pochi altri, ma anche impossibile da trascurare per (tutte) le religioni, nel quadro di un pianeta sempre più globalizzato. Tanto più in un momento storico in cui, come teorizza il sociologo Zygmunt Bauman, si assiste all’evidente tramonto dei legami affettivi duraturi e stabili, e anche l’istituto familiare si trova esposto alle contraddizioni di una società ormai liquida. A suo parere, fondamentalmente, e appare difficile dargli torto, abbiamo perso la capacità di guardare lontano, e si pensa a vivere solo nell’immediato. Una «miopia» che porta a pensare esclusivamente all’oggi, al massimo a domani, ma non oltre; tutto viene sacrificato all’utilità del momento. Nucleo problematico, questo, dell’attuale crisi che ha colpito duramente l’intera comunità globale, non soltanto economica ma pure e forse soprattutto culturale, morale e affettiva, traducibile con una sola frase: paura dell’Altro e del riconoscere l’estraneità. È come se da un lato si avesse il desiderio impellente di una relazione stabile per paura della solitudine, ma dall’altro si fosse preda di un inspiegabile timore di rimanere imbrigliati per sempre in quella relazione, perdendo la propria identità e precludendosi chissà quali altre infinite possibilità di qualcosa di migliore e di più soddisfacente.

La famiglia, dunque. Anche perché, se si è esaurito «l’ecumenismo delle coccole», come ammetteva con franchezza il cardinal Kasper a Sibiu (2007), ecco la necessità di tirar fuori, oggi più ancora di ieri, i problemi aperti, che pesano come macigni nel processo di unificazione delle Chiese cristiane e nella prospettiva di un autentico dialogo interculturale e interreligioso. Le spine che rischiano di farci sanguinare ancora per parecchio, cresciute come di regola in mezzo alle non poche rose di cui possono fregiarsi il movimento ecumenico e i cammini dialogici. In realtà sono tante le questioni che, nell’aprirsi di un nuovo millennio dell’era cristiana, stanno agitando le segreterie delle diverse gerarchie non meno del popolo della base più cosciente. Sarebbe sbagliato e controproducente fare finta di niente: i conflitti, spiega l’attuale educazione alla pace, vanno attraversati, gestiti, tirati fuori, se si intende puntare al loro superamento. Mentre il silenzio e le buone maniere che celano i disagi nuocciono tanto alla chiarezza delle relazioni quanto ai legittimi diritti della verità.

In questa chiave, il terreno più scosceso, in chiave ecumenica (ma anche interreligiosa), per certi versi quello meno atteso, è quello dell’etica. Non tanto della cosiddetta etica sociale, legata alle grandi questioni planetarie (dalla pace alla giustizia alla salvaguardia del creato) in cui la parola unitaria delle diverse Chiese è risuonata con discreta frequenza; ma piuttosto dell’etica della vita, della bioetica, di ciò che ci stiamo abituando a definire «post-­umano». E, non da ultimo, dei diversi modelli di famiglie. È su questi campi, quanto mai accidentati, che bisogna concentrarsi, dunque, per cogliere i nervi più scoperti delle relazioni fra le Chiese cristiane e fra i mondi religiosi, in questa fase storica quanto mai complessa. Su questo versante abbiamo deciso di soffermarci, riflettendo in ottica interdisciplinare, ecumenica e interreligiosa, su passato, presente e futuro dell’istituzione familiare. Non per trovare risposte ai tanti dubbi, ma piuttosto per aprire sentieri, talvolta inattesi; talora, per seminare altri (sani) dubbi… Infatti, come sostiene Giannino Piana nel suo illuminante contributo, la riflessione che realisticamente è possibile fare oggi sul futuro della famiglia non può che avere il carattere di un mix tra «essere» e «dover essere», dove l’«essere» è rappresentato dalla constatazione delle forme attualmente in atto e dalla possibilità (con ogni evidenza limitata) di intravederne l’eventuale evoluzione; mentre il «dover essere» allude a quanto si spera (o si desidera) possa avvenire, nel segno di un assestamento che dia nuova consistenza alle relazioni interpersonali di ogni genere, favorendo lo sviluppo di una forma di convivenza civile e sociale sempre più armonica e solidale. Una delle sfide decisive, a ben vedere, per il mondo che verrà.

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