di Enzo Ciconte
(docente di Storia della criminalità organizzata all’Università di Roma Tre e consulente delle Nazioni Unite)
Con l’indagine definita Mafia capitate il panorama mafioso s’è arricchito di una organizzazione mafiosa molto particolare perché è capeggiata, secondo l’accusa, da Massimo Carminati (noto esponente della destra eversiva) e composta da romani. Dopo gli arresti è subito iniziato un controcanto teso a veicolare l’idea che quella scoperta non era mafia, era soltanto un gruppo di individui abituati a chiacchierare per telefono: una mafia all’amatriciana, alla coda alla vaccinara, certo chiacchierona ma assolutamente innocua e non pericolosa. Il sospetto è che una tale tesi nasconda la convinzione, un po’ razzista, che non ci può essere mafia se non è formata da siciliani, calabresi, campani o pugliesi.
Il panorama mafioso è davvero cambiato negli ultimi anni, e in segmenti significativi. Ad esempio, è certo che Cosa nostra sta attraversando un periodo di forte difficoltà. La difficoltà nasce dal fatto che è clamorosamente fallita l’operazione stragista, quella che ha portato tra il ‘92 e il ‘94 ad insanguinare la Sicilia con le stragi di Falcone e Borsellino e poi quelle di Roma, Milano e Firenze. Quella strategia stragista è fallita perché non ha portato ai risultati che speravano Riina e chi decise quelle stragi, è fallita perché c’è stata una repressione dello Stato molto forte, molto energica, molto netta, che è riuscita a mantenere una continuità in tutti questi anni.
C’è stata una decapitazione vera e propria dei vertici di Cosa nostra; sono stati arrestati sia Riina sia Provenzano, che erano i capi della vecchia guardia, quella che ha governato la mafia siciliana in questi ultimi venti anni, sia i nuovi. Tra i mafiosi più importanti che sono ancora latitanti rimane da catturare solo Matteo Messina Denaro.
Cosa sia successo all’interno di Cosa nostra non è facile a dirsi, perché negli ultimi anni non abbiamo più collaboratori di giustizia in grado di aggiornarci su quello che succede dentro i vertici di Cosa nostra. Per esempio, noi sapevamo che le affiliazioni avvenivano nell’ambito mafioso alla presenza di altre persone; di conseguenza, se una di quelle persone che aveva partecipato all’affiliazione collaborava con la giustizia, allora era in grado di indicare tutti i partecipanti dimostrando che erano mafiosi. Negli ultimi anni è probabile che le affiliazioni, soprattutto quelle di certi livelli e in particolare quando avviene il passaggio di grado, non si fanno più pubblicamente ma in maniera riservata, sul modello dei rituali massonici dell’affiliazione all’orecchio del Gran Maestro. In conseguenza di questo mutamento, l’affiliazione avverrebbe fra il capo e l’affiliato stesso; quindi è chiaro che a sapere dell’affiliazione sono solo due persone e se nessuno dei due collabora con la giustizia, nessuno saprà mai quello che è accaduto. Questo sistema è stato utilizzato per far fronte al fenomeno dei collaboratori di giustizia e nel contempo ha permesso all’organizzazione di essere ancora più segreta rispetto al passato.
Cosa nostra è sull’orlo del declino ma non è stata ancora sconfitta. I rapporti con la politica non sono stati recisi e quindi ci sono le condizioni che fanno ancora ritenere che i collegamenti tra Cosa nostra e questi ambienti continuino ad essere e a rimanere molto solidi. Di più: si stanno cercando di creare nuovi centri di potere, riciclando uomini politici del passato che hanno devastato la Sicilia e sono stati i responsabili di una stagione politica che ha visto un presidente della Regione Sicilia condannato ed attualmente in carcere e un altro condannato, seppure solo in primo grado. Se questo tentativo non verrà sconfitto, allora è possibile immaginare una ripresa di Cosa nostra con caratteristiche diverse.
Non siamo ancora in grado di conoscere il livello di coinvolgimento di persone che non appartengano all’ala militare. Lo Stato si è dimostrato molto bravo nell’individuare quelli che hanno fatto parte del gruppo di fuoco di Cosa nostra, quelli che hanno fatto materialmente le stragi, quelli che hanno deciso gli omicidi, le estorsioni, il pizzo ecc.. Invece si sa ancora poco di quel nucleo di persone che non è composto dall’ala militare e decide le strategie politico-mafiose. Per esempio noi ancora oggi non conosciamo il nome dei mandanti di tutte le stragi, al di là degli esecutori materiali. Conosciamo i nomi della Commissione provinciale, ma certo non sappiamo per quali ragioni, oltre a quelle dette dai collaboratori di giustizia, le stragi dopo Capaci e via D’Amelio non sono state fatte in Sicilia ma sono state spostate a Roma, Firenze e Milano. Purtroppo l’ultimo capitolo della storia della mafia è ancora tutto da scrivere.
Anche la camorra attraversa un momento di forte difficoltà dopo la chiusura del ciclo dei casalesi a seguito dell’arresto e della collaborazione dei principali capi. Rimane aperto il problema della camorra a Napoli, dove bande armate si scontrano frontalmente e quotidianamente per il controllo del territorio, che significa controllo del traffico di stupefacenti. Perciò per loro è importante il comando militare delle vie, dei vicoletti, delle piazze.
La ‘ndrangheta è oggi la mafia principale in Italia ed in Europa. Quella che solo 15-20 anni fa era considerata una mafia secondaria, subalterna a Cosa nostra, tribale e rinchiusa in riti ancestrali e folklorici, oggi è la regina del traffico degli stupefacenti. C’è una spiegazione a questa metamorfosi. Che è avvenuta perché la ‘ndrangheta ha fatto due scelte che sono state molto importanti: la prima riguarda la struttura familiare per garantire la propria sopravvivenza facendo in modo che non vi fossero pentiti, perché la struttura familiare allontana i pentiti; la seconda è che la ‘ndrangheta, prima delle altre organizzazioni mafiose, ha capito che era importante insediarsi nel centro-nord d’Italia e all’estero.
Questi luoghi non sono stati scelti solo per una ragione di mercato, ma anche per la necessità di insediarsi e poter ricreare la stessa organizzazione presente in Calabria. La ‘ndrangheta ha clonato se stessa nel centro-nord ed è stata l’unica organizzazione mafiosa a spostare e a fare insediare in queste attività pezzi delle proprie famiglie, cosa che non hanno fatto gli altri, che non hanno insediamenti stabili ma sporadici. Tranne i Fidanzati a Milano, per il resto non si conoscono grandi famiglie siciliane che sono a Roma, nella stessa Milano o in Piemonte, mentre si conoscono fior di famiglie ‘ndranghetiste che occupano Milano e la Lombardia, il Piemonte, la Liguria, l’Emilia-Romagna.
Nel centro-nord c’è stata una capacità di espansione della ‘ndrangheta mai vista in precedenza. Lo stesso fenomeno ha interessato i paesi dell’est e ciò conferma il fatto che la ‘ndrangheta oggi è l’organizzazione più forte, anche perché è stata quella meno colpita dalle investigazioni e perché sta utilizzando la forza delle proprie donne. Ci sono state operazioni di polizia molto importanti, ma esse si sono trovate di fronte al muro dell’assenza di pentiti e ad una diffusione nazionale ed internazionale che non hanno mai avuto né Cosa nostra né la camorra e tanto meno la sacra corona unita.
Quello scritto sinora è una descrizione sintetica di quello che sta accadendo; e per completezza si deve aggiungere la novità costituita da imprenditori e ceti sociali del centronord che fanno affari, si arricchiscono, colludono, usano modalità mafiose.
Tutto ciò ha messo in evidenza l’esistenza di una mafia silente, che non ha bisogno di omicidi o di fatti di sangue eclatanti per imporre la propria volontà. Il panorama mafioso è decisamente cambiato.
(pubblicato su Confronti di aprile 2015)