di Giovanni Sarubbi (direttore del periodico www.ildialogo.org)
Prove di «stati generali del dialogo cristiano-islamico». Questo è stato lo spirito del convegno organizzato da Confronti il 13-14 novembre 2015 a Roma, presso la Facoltà valdese di Teologia, dal titolo «Da musulmani immigrati a cittadini italiani: la sfida dell’integrazione e del dialogo». C’erano gli studiosi di islam; c’erano i cristiani di varie confessioni: la cattolica, la protestante; c’erano i musulmani: l’Ucoii, la Coreis, la Grande Moschea di Roma; c’erano le istituzioni: il Ministero dell’Interno e la Presidenza del Consiglio.
L’avvio del convegno, nel pomeriggio di venerdì 13, è stato positivo. Interessanti e precise le relazioni degli esperti, ricche di spunti e numeri su cui riflettere. Massimo Introvigne, parlando sul tema «immigrazione e mutamento del mosaico religioso», ha presentato al convegno, in anteprima, gli aggiornamenti sulla consistenza delle minoranze religiose esistenti oggi in Italia che, pur essendo 838 gruppi, rappresentano all’incirca il 3% di tutta la popolazione italiana. Significativa la consistenza di cittadini italiani di fede musulmana che sono oggi stimati in 245mila persone (dati Cesnur 2015), più che raddoppiati rispetto alle ultime statistiche note. Stefano Allievi, che ha parlato sul tema «il panorama europeo», ha fra l’altro rilevato come sia in crescita il fenomeno dei matrimoni misti, così come è in crescita il fenomeno del mercato halal.
Paolo Naso, affrontando il tema «L’islam nel complesso panorama interreligioso italiano», ha rilevato che si continua a commettere l’errore di voler applicare all’islam il modello episcopale, verticistico, che non è applicabile neppure a molte confessioni cristiane organizzate in modo congregazionalista. Molte di tali congregazioni sono state costrette, stante la legge fascista dei «culti ammessi» tuttora vigente, ad inventarsi strutture «episcopali», contrarie alla propria natura, per poter ottenere il riconoscimento giuridico e superare la discriminazione a cui erano sottoposte, come è avvenuto per i pentecostali. Naso ha rilevato come tutte le religioni sono compromesse con la geopolitica. Per quanto riguarda l’islam, ha poi rilevato come la realtà sia oggi molto più complessa di quella che le organizzazioni islamiche organizzate rappresentano. Ci sono, nella sola Roma, ad esempio, ben 34 luoghi di culto islamico che non si rapportano con nessuna di esse, organizzate spesso su base etnica, come peraltro avviene anche per le chiese cristiane formate da immigrati. Ad Annalisa Frisina è toccato il compito di fare il punto sui musulmani di seconda generazione, mentre Adel Jabbar ha affrontato il tema della presenza dell’islam in Italia.
Sulla seconda giornata del convegno è piombata la notizia della nuova strage realizzata a Parigi proprio nella serata del 13 novembre. Strage che tutti i giornali hanno attribuito all’Isis e che è stata immediatamente classifica come «islamica». Devastante l’effetto che hanno avuto i titoli di alcuni giornali apertamente islamofobi. Ricordiamoli. Il Messaggero ha titolato con «Massacro islamico»; Il Giornale ha titolato «Orrore islamico» (occhiello) e «Assalto a Parigi» (titolo). Ma il titolo più feroce ed infame è stato quello di Libero: «Attacco a Parigi» (occhiello) e «Bastardi islamici» (titolo).
Moltissimi dei partecipanti al convegno hanno passato la notte a seguire le dirette che le maggiori tv nazionali hanno immediatamente messo in onda. I responsabili delle organizzazioni islamiche presenti al convegno, sono stati tempestati di telefonate dai giornali che ponevano loro le domande che sono oramai diventate un copione costante in questi casi e cioè: «Voi vi dissociate da quello che è successo a Parigi?», «voi approvate o condannate?», «voi da che parte state?», come se fosse vera l’equazione «islam = terrorismo», e come se tutti i musulmani europei potessero essere considerati responsabili delle azioni dei gruppi terroristici che nascondono il loro volto dietro quella che è, in modo sempre più evidente, un’interpretazione aberrante e falsa della religione islamica.
La reazione dei convegnisti, cristiani e musulmani, è stata immediata. La redazione di Confronti ha proposto un testo di appello nel quale si esprimeva «cordoglio e sconcerto per quanto accaduto, nonché la solidarietà al popolo francese, con tutte le sue componenti religiose e culturali, e a tutti i popoli vittime del terrorismo», insieme alla condanna di «ogni forma di terrore e di violenza nel nome di Dio» e ad un «appello a tutte le nostre comunità perché contrastino con tutte le loro forze messaggi d’odio e di violenza incompatibili con l’islam, con il cristianesimo e con tutte le altre religioni e il loro messaggio di pace». L’Appello è stato approvato all’unanimità.
Anna Nardini ha sottolineato nel suo intervento che «le Intese hanno avuto un iter difficile, prima a livello governativo poi a livello parlamentare», specie quella con i testimoni di Geova. Ha anche ricordato che «manca una legge generale sulla libertà religiosa che ci avrebbe molto aiutato, soprattutto riguardo a tutte le confessioni religiose che non hanno l’Intesa». Tale legge ha «trovato l’opposizione sempre di quella parte politica che vede l’ingresso di altre culture in Italia come un pericolo». Il riferimento riguarda la realtà islamica in Italia.
E l’emergenza terrorismo ha pesato sugli interventi della mattinata, in particolare su quelli degli interlocutori istituzionali, che erano particolarmente scossi da quanto accaduto. La rappresentante del Ministero dell’Interno, Giovanna Maria Iurato, ha ribadito più e più volte la necessità di avere «interlocutori che parlino italiano, che conoscano le nostre leggi e la nostra Costituzione».
Il dibattito del sabato pomeriggio ha messo a confronto cristiani e musulmani sul tema «Il dialogo tra “Minareti” e “Campanili”». Hanno partecipato don Cristiano Bettega (Cei), Izzeddin Elzir (Ucoii), Roberto Catalano (Movimento dei Focolari), Marisa Iannucci (Life Onlus), Maryam Turrini (Coreis), Luca Anziani (Tavola valdese), Abdellah Redouane (Centro islamico culturale d’Italia). Anche il dibattito è stato condizionato dalla strage di Parigi. Elzir ha raccontato il senso di profondo dolore che ha provato sentendo ripetere dai terroristi la frase «Allah Akbar» che, per un credente musulmano, è la massima preghiera che egli può fare per entrare in rapporto profondo con il creatore. È una preghiera di pace ed il suo uso per un atto di guerra è una vera e propria bestemmia. Elzir ha proposto di creare una scuola per il dialogo interreligioso che coinvolga tutte le religioni.
Turrini ha rilevato come i primi ad essere uccisi dagli atti terroristici siano i musulmani che, dice il Corano, hanno l’obbligo di gareggiare nelle buone opere. Don Bettega ha esordito affermando che per dialogare ci vuole coraggio. Catalano ha raccontato diverse iniziative di dialogo in corso tra cui quella di Teramo «Diversi ma uno». Iannucci ha affermato che il modo migliore di fare dialogo è quello della «cittadinanza attiva», ma c’è anche bisogno del dialogo interno alle comunità islamiche, che sono considerate un corpo estraneo alla società.
«Di identità si può morire», ha affermato Anziani, che ha fatto un appello alle comunità musulmane a «non permettere che il terrorismo sia la narrazione dell’islam». L’ultimo intervento è quello di Redouane, che per il dialogo ha chiesto di fissare degli obiettivi da raggiungere e di sviluppare una «teologia del dialogo interreligioso».
E i fatti di Parigi hanno avuto un pesante impatto proprio sul dialogo. Una comitiva che doveva visitare la Grande Moschea di Roma proprio la mattina del 14 ha dato la disdetta. Occorre l’impegno di tutti per vincere la paura, come da 14 anni tentiamo di fare con la Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico.
(pubblicato su Confronti di dicembre 2015)