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Assisi, trent’anni dopo. Le sfide di oggi

by redazione

Confronti

La Giornata mondiale di preghiera per la pace nel mondo, appena celebrata, conferma il cammino aperto nel 1986, ma pone anche alcuni interrogativi.

È consolante se rappresentanti di Chiese e religioni diverse – e, un tempo, magari nemiche – s’incontrano in spirito di amicizia per collaborare alla riconciliazione nel mondo. E così è stato dal 18 al 20 settembre quando nella città del Poverello cinquecento leader religiosi e uomini di cultura sono convenuti per la Giornata mondiale di preghiera per la pace nell’ambito dell’evento “Sete di Pace. Religioni e Culture in dialogo”, promosso dalla diocesi di Assisi, dalle Famiglie francescane e dalla Comunità di Sant’Egidio. All’appuntamento – che nella giornata finale ha visto la presenza del papa – erano presenti personalità delle varie comunità (assente, però, la più numerosa Chiesa ortodossa, quella russa: perché?); e il Dalai Lama – non invitato per non turbare le trattative in atto tra Santa Sede e Cina.

L’“Onu delle religioni” – tale, forse troppo in fretta, da alcuni considerato – spera di avere, nel suo ambito spirituale, quella capacità che l’“Onu delle Nazioni” sembra aver perso nel suo ambito politico, come dimostra la sua incapacità di risolvere il dramma della Siria martoriata. Ambirebbe, cioè, a dare l’esempio di una capacità di dialogo che, rispettando i diversificati princìpi teologici delle varie comunità di fede, riesce ad unirle per dare una mano a debellare il flagello della guerra nel mondo e, anche, ad affrontare in modo degno l’enorme problema dei migranti.

Nell’Appello conclusivo del “vertice” (si veda il testo completo qui in fondo alla pagina) si insiste nel sottolineare un punto decisivo: «La pace è il nome di Dio. Chi invoca il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra, non cammina nella Sua strada: la guerra in nome della religione diventa una guerra alla religione stessa».

Da parte sua, nella messa a Santa Marta, prima di partire per la città del Poverello, Bergoglio aveva detto: «Non esiste un Dio di guerra». E, ad Assisi: «Solo la pace è santa». Queste affermazioni riassumono quella che è oggi, in moltissimi credenti, una profonda convinzione. È però anche vero che – nelle narrazioni bibliche, o coraniche, ad esempio – vi sono, attribuite al Signore altissimo, parole e ordini per agire con estrema violenza contro i propri nemici o contro gli “infedeli”. Gli esegeti ci ricordano che quelle affermazioni vanno lette avendo consapevolezza del contesto storico e culturale in cui sono nate. Tuttavia ci sono, e bisogna farci i conti.

D’altronde – a dimostrazione che le parole dei testi sacri sono incise nel marmo – in duemila anni di storia il cristianesimo, e in millequattrocento l’islam, non rare volte hanno fatto guerre e violenze in nome di Dio o di Allah (il nome arabo per dirLo). E anche dalle Scritture ebraiche, antiche di tremila anni, c’è stato chi vi ha trovato giustificazioni alla violenza. Momenti bui che non cancellano la testimonianza di milioni di seguaci delle tre religioni, che traggono dai testi di riferimento ispirazione e coraggio per favorire giustizia e pace nel mondo.

E, tuttavia, quel chiaroscuro rimane. Forse, nell’Appello, sarebbe stato appropriato un cenno di mea culpa per infedeltà di Chiese e religioni alla profezia della pace. Immaginiamo, ovviamente, difficoltà diplomatiche, controverse interpretazioni storiche o teologiche e, chissà, obiezioni politiche da superare per esprimersi in quel senso. Eppure… è possibile presentarsi al mondo immacolati e “imparati”, se così non è?

L’attuale “Giornata” si è svolta a trent’anni, dalla prima – singolarissima – voluta da Giovanni Paolo II nel 1986. Il seme ha germinato, e ora s’intravvede una primavera. Ma perché questa non sia gelata da improvviso inverno, occorre che i credenti “dialoganti” contrastino, sul piano teologico e operativo, quegli altri credenti che persistono nel giustificare violenze e terrorismo (di singoli gruppi, o di Stato) agganciandosi ad antiche parole dette da un Dio che, grazie a Dio, oggi va “reinterpretato” come custode della vita e mai come amante del sangue sparso in guerre pur “benedette”.

Ad Assisi, dal 18 al 20 settembre, si è svolta la Giornata mondiale di preghiera per la pace “Sete di pace. Religioni e culture in dialogo”. Erano presenti circa cinquecento rappresentanti delle varie religioni, e anche sei Nobel per la pace e rappresentanti del mondo della cultura. Nell’ultima giornata, alla quale è intervenuto anche papa Francesco, alla conclusione dei lavori è stato lanciato un Appello, che riportiamo integralmente.

 

APPELLO

Uomini e donne di religioni diverse, siamo convenuti, come pellegrini, nella città di san Francesco. Qui, nel 1986, trent’anni fa, su invito di papa Giovanni Paolo II, si riunirono Rappresentanti religiosi da tutto il mondo, per la prima volta in modo tanto partecipato e solenne, per affermare l’inscindibile legame tra il grande bene della pace e un autentico atteggiamento religioso. Da quell’evento storico, si è avviato un lungo pellegrinaggio che, toccando molte città del mondo, ha coinvolto tanti credenti nel dialogo e nella preghiera per la pace; ha unito senza confondere, dando vita a solide amicizie interreligiose e contribuendo a spegnere non pochi conflitti. Questo è lo spirito che ci anima: realizzare l’incontro nel dialogo, opporsi a ogni forma di violenza e abuso della religione per giustificare la guerra e il terrorismo. Eppure, negli anni trascorsi, ancora tanti popoli sono stati dolorosamente feriti dalla guerra. Non si è sempre compreso che la guerra peggiora il mondo, lasciando un’eredità di dolori e di odi. Tutti, con la guerra, sono perdenti, anche i vincitori.

Abbiamo rivolto la nostra preghiera a Dio, perché doni la pace al mondo. Riconosciamo la necessità di pregare costantemente per la pace, perché la preghiera protegge il mondo e lo illumina. La pace è il nome di Dio. Chi invoca il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra, non cammina nella Sua strada: la guerra in nome della religione diventa una guerra alla religione stessa. Con ferma convinzione, ribadiamo dunque che la violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso.

Ci siamo posti in ascolto della voce dei poveri, dei bambini, delle giovani generazioni, delle donne e di tanti fratelli e sorelle che soffrono per la guerra; con loro diciamo con forza: No alla guerra! Non resti inascoltato il grido di dolore di tanti innocenti. Imploriamo i Responsabili delle Nazioni perché siano disinnescati i moventi delle guerre: l’avidità di potere e denaro, la cupidigia di chi commercia armi, gli interessi di parte, le vendette per il passato. Aumenti l’impegno concreto per rimuovere le cause soggiacenti ai conflitti: le situazioni di povertà, ingiustizia e disuguaglianza, lo sfruttamento e il disprezzo della vita umana.

Si apra finalmente un nuovo tempo, in cui il mondo globalizzato diventi una famiglia di popoli. Si attui la responsabilità di costruire una pace vera, che sia attenta ai bisogni autentici delle persone e dei popoli, che prevenga i conflitti con la collaborazione, che vinca gli odi e superi le barriere con l’incontro e il dialogo. Nulla è perso, praticando effettivamente il dialogo. Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace; da Assisi rinnoviamo con convinzione il nostro impegno ad esserlo, con l’aiuto di Dio, insieme a tutti gli uomini e donne di buona volontà.

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Ad Assisi la Giornata mondiale di preghiera per la pace – Articolo21 23 Settembre 2016 - 14:19

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