intervista a Francesca Emilio, rappresentante del Cilap EAPN Italia (a cura di Rocco Luigi Mangiavillano)
Il 15 e 16 Novembre scorso (#2016PEP) si è svolto il 15mo Meeting Europeo delle persone in povertà, organizzato dalla Rete europea di lotta alla povertà (EAPN), con il sostegno della Commissione Europea, la Presidenza slovacca del Consiglio europeo e il Fondo EAPN. Il tema di quest’anno: l’empowerment attraverso la partecipazione, una delle sfide per la Pilastro europeo dei diritti sociali. Un’occasione unica per le persone con esperienza diretta della povertà provenienti da 29 diverse delegazioni nazionali per confrontarsi direttamente con i decisori dell’UE. I rappresentanti del Cilap EAPN Italia (collegamento italiano alla rete europea di lotta alla povertà) hanno contribuito con il tema del “caporalato” e lavoro nero, affrontato nel corso dell’incontro nazionale. Il cortometraggio Tarek che guardava nel Sole, è stato scelto come racconto al Meeting europeo.
Per approfondire abbiamo intervistato Francesca Emilio, rappresentante del Cilap EAPN Italia, e dato voce alla testimonianza di Dario, uno dei giovani protagonisti di questo 15° meeting.
PEP ovvero People Experiencing Poverty. Di cosa si tratta e quali sono gli obiettivi di queste pratiche?
Il PeP sono degli incontri organizzati dalla rete EAPN (European Anti-Poverty Network) con il supporto della Commissione Europea. E’ un meeting annuale che riunisce a Bruxelles delegazioni provenienti dai paesi dell’Unione Europea, formate non solo da persone che hanno esperienze lavorative e di volontariato nel settore sociale, ma anche da persone che vivono in condizione di disagio e, pertanto, possono offrire un valido contributo al processo di cambiamento delle politiche sociali. L’obiettivo del PeP è quello di creare un momento di scambio in cui tecnici, politici, volontari e persone con esperienza in povertà possano incontrarsi per discutere di questi temi e far emergere, attraverso gruppi di lavoro, proposte e soluzioni utili per scrivere, nero su bianco, cosa realmente serve per migliorare la condizione dei cittadini della comunità europea e non solo. Questi incontri, inoltre, oltre a favorire lo scambio di buone pratiche e la conoscenza, da parte degli operatori, di modalità di intervento utilizzate negli altri paesi, utili per poterle applicare, ove necessario, nei propri, mirano a favorire la partecipazione delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale che, spesso, non hanno modo di farsi ascoltare in maniera diretta dalle istituzioni, restando ai margini di temi che invece riguardano loro in prima persona.
In che termini possono incidere per un reale cambiamento e richiamare l’Europa sui temi del welfare e della sostenibilità?
Questi incontri, in sintesi, contribuiscono a rendere effettivo un diritto, quello di essere parte attiva del cambiamento, un cambiamento che, per avvenire sul serio, deve partire dal basso, deve partire da chi questi disagi li vive in prima persona.
Il meeting di quest’anno ha toccato un tema molto importante, soprattutto per noi italiani: quello della partecipazione. In un momento storico in cui l’idea di Unione Europea, sembra, per molti, ormai un’utopia, a causa di una mancanza di interesse da parte delle istituzioni che relegano i cittadini ai margini senza dar loro l’opportunità di partecipare attivamente al cambiamento, parlare di questo tema è molto importante, poiché offre l’opportunità di sviscerare, nel dettaglio, quello che è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano. Inoltre, riconosce ai cittadini l’atto di esistere e di poter e dover partecipare.
Come ci si prepara per rendere efficace questa partecipazione “dal basso”?
Il meeting europeo è stato preceduto prima da un incontro nazionale tenutosi a Firenze, in cui si è parlato di lavoro nero e caporalato, tematiche strettamente collegate ai motivi di esclusione e povertà, poi, da un incontro tenutosi a Roma in cui la delegazione italiana, guidata dalla coordinatrice del PeP Italia, Sabrina Emilio, ha avuto la possibilità di discutere di partecipazione per poter affrontare al meglio il meeting europeo. Quest’anno, come ogni anno ormai, si è tentato, anche se in un tempo ridottissimo, di porre nuove domande e soprattutto di trovare soluzioni differenti e innovative utili a contrastare la precarietà sociale, morale, economica e politica della comunità europea e a creare un percorso unitario che metta i bisogni e i diritti di tutti i cittadini e le cittadine al primo posto.
Favorire unitarietà in una Europa sempre più divisa è il punto di partenza per la promozione di nuove politiche sociali e inclusive utili a contrastare la crisi in atto. “Dal basso è possibile”?
E’ un compito arduo, ma non impossibile, quello affidato alle ventinove delegazioni presenti, anche se, come ben sappiamo, le cose non cambieranno da un giorno all’altro. Il PeP è solo uno degli strumenti a disposizione dei cittadini europei utili per ottenere risultati efficaci e far sentire la propria voce. Il cambiamento, come ripetuto più volte durante i due giorni di meeting parte dal basso, soprattutto da se stessi e, infine, si riflette nel generale creando, a piccoli passi, una rete fitta utile per delineare il quadro unitario capace di migliorare la condizione del popolo e dei luoghi in cui essi vivono. La politica, in questo, deve essere complice dei cittadini e, pertanto, al servizio di essi che, in primis, devono conoscere i propri diritti e i propri doveri per poter prendere parte, realmente, al processo di partecipazione che li porta al cambiamento.
Il punto di vista di Dario, giovane partecipante al meeting
Il 15 e 16 Novembre si è tenuto a Bruxelles il 15mo Meeting Europeo delle Persone con un vissuto in Povertà. A questo incontro hanno partecipato delegati da tutti i paesi europei ed è stato un bel momento di condivisione e scoperta reciproca. La povertà è un tema che tocca trasversalmente tutte le realtà ed è solo ultimamente che l’Unione Europea si è decisa ad intervenire, la sensazione generale però è che lo stia facendo sicuramente in ritardo e forse in modo troppo blando. Durante il Meeting la parola chiave è stata “partecipazione”, declinata in ogni sua possibile accezione: partecipazione diretta di coloro che lottano su base giornaliera la povertà e l’emarginazione sociale, partecipazione attraverso il voto, partecipazione come motore del cambiamento o partecipazione nella formazione delle politiche degli organi istituzionali. Alle sessioni e nei gruppi di lavoro hanno assistito anche alcuni Membri del Parlamento Europeo (tristemente nessuno dei quali era italiano) che hanno portato la loro esperienza e hanno descritto il contenuto del proprio lavoro, che in un futuro prossimo dovrebbe tramutarsi nel Pilastro Sociale Europeo: strumento rivoluzionario e imprescindibile punto di partenza di ogni politica sociale che l’Unione vorrà mettere in atto da domani in poi. Eppure quello scatto d’orgoglio che sarebbe stato lecito aspettarsi non c’è stato. Se c’è una cosa che è stata evidente è che la rivoluzione non sarebbe cominciata al termine di questo Meeting. L’Europa sembra malata di autoreferenzialità e non riesce ad uscirne. Ognuno dei delegati, proprio per il proprio vissuto, era una miniera da cui un policy-maker avrebbe dovuto cercare il riscontro alla bontà delle proprie idee e delle proprie azioni. La realtà invece parla di un’occasione persa, l’ennesima. Compressi in un giorno e mezzo di lavori, vincolati ad un tema tanto generico quanto (percepito) distante dalla quotidiana lotta alla povertà di molti dei partecipanti, interagendo sempre tra gli stessi sei paesi di cui era formato a priori ogni gruppo, sempre e solo quelli su una platea di 30 delegazioni, evidentemente non erano loro, i delegati, il centro del Meeting. La posta in palio purtroppo è altissima: la stessa esistenza dell’Unione Europea è a rischio (e un pezzo grande quanto il Regno Unito ha già deciso di abbandonare la nave), mentre i vecchi nazionalismi sono ancora là e dimostrano di godere di buona salute e un rinnovato appeal; la forbice sociale si continua ad allargare e fasce della popolazione fino ad ora benestanti cominciano a sperimentare la morsa della povertà; gli “ultimi”, provenienti da ogni parte del mondo approdano sulle nostre coste cercando condizioni di vita dignitose, il rispetto dei diritti umani, e trovano ostilità e ulteriore deprivazione. È lecito aspettarsi una Unione Europea delle risposte concrete e delle azioni dirette e meno un’istituzione caratterizzata da programmi tanto altisonanti quanto irrealizzabili, almeno nel breve periodo. Anche perché il tema della lotta alla povertà è il terreno su cui si tornano a combattere le battaglie politiche in ogni angolo del continente: non è più giustificabile una crisi economica, di valori, finanziaria, umana che si porta avanti da otto anni e che sta lentamente erodendo la terra da sotto i piedi di intere categorie di persone. La luce in fondo al tunnel tarda a comparire e da più parti si comincia a dubitare che questo tunnel un’uscita ce l’abbia. Unione Europea, se ci sei per favore batti un colpo.