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Ragionare al di là dei nostri recinti nazionali

by redazione

di Biagio de Giovanni (filosofo, già parlamentare europeo e professore emerito di Filosofia politica all’Università Orientale di Napoli)

Prospettiva oscura per l’Italia. Certo, la democrazia cammina per i suoi sentieri, un equilibrio si dovrà ritrovare, in un certo senso si è già provato a trovarlo, ma lo sviluppo delle cose non promette nulla di buono; intanto per una ragione di cui anche nel recente scontro referendario non si è tenuto conto a sufficienza: non si può continuare a ragionare solo all’interno dei nostri recinti nazionali come se lì dentro si esaurisse tutto. Siamo sotto osservazione partecipando a una sia pur problematica comunità di stati, e ci troviamo tutti in una curiosa situazione, per dir così, incompiuta: la situazione di tutti è nazionale e sovranazionale, e questo dato fa sì che ciò che decidiamo e ciò che facciamo riguarda, in forme diverse, noi come tali e la nostra collocazione in uno scenario più ampio; le due cose sono strettamente connesse e spesso conflittuali.

Da ciò consegue che non possiamo permetterci assenze e vuoti, alchimie e grovigli che sanno di vecchio, ma dobbiamo camminare lungo una prospettiva chiara, leggibile, in grado di rispondere ai problemi che si affollano oltre ogni dire, sia nel nostro vecchio recinto nazionale sia oltre di esso. Bisogna sapere che l’Italia è il paese più in bilico dell’Unione europea: qualcuno, autorevole, già prevede la sua uscita forzata dall’euro, per il convergere, in unico fuoco, di un enorme debito pubblico, una sostanziale incapacità di attuare riforme, il crollo delle culture politiche e dei partiti e dunque la gran confusione che avanza sotto il cielo.

Per atteggiamento mentale e formazione, personalmente tendo, spinozianamente, a capire, non a piangere sulle cose o a disprezzare ciò che avviene, ma questo atteggiamento non può azzerare lo spirito critico, ed esso ci mette in stato di notevole preoccupazione.

Proviamo a vedere perché. La crisi post-referendaria non ha costruito un’alternativa politica. Un referendum non ha questo per compito, si può subito osservare con verità, ma la particolare intensità politica della campagna elettorale e del risultato che ne è seguito – che ha costretto il governo Renzi alle dimissioni – mostra un quadro politico di grande incertezza, forse (o senza “forse”) senza precedenti: il Pd scisso al proprio interno in due partiti, inutile negarlo, anche se non so prevedere gli esiti possibili di questa separazione conflittuale in casa che francamente non mi pare componibile; il Movimento cinque stelle, che appariva (e forse ancora appare) come candidato principale al prossimo governo, è oggi dilaniato e diviso dal caso Roma, che non so quanto possa incidere sul consenso accumulato – forse poco – ma di certo apre questioni fino a poco tempo fa imprevedibili; il centro-destra non esiste più come nucleo unitario di un possibile governo, diviso anch’esso, e per evidenti ragioni non più federabile come ai tempi di Berlusconi.

Insomma, un quadro un po’ inquietante, sempre immaginando che un equilibrio si dovrà trovare, ma che non è più chiaro o prevedibile come pareva fino a poche settimane fa; e nulla aggiungo sul mio modo di giudicare l’esito referendario, ormai acquisito.

Si noti poi che siamo senza legge elettorale che possa condurre al voto, che è pur sempre il luogo fondativo del processo democratico, soprattutto quando esso si è imballato. E siccome, stando così le cose, tutto lascia prevedere un sistema a dominante proporzionale, si capiscono bene le inquietudini che tutta la prospettiva fa nascere. Torno a dire, come se fossimo nei tempi antichi, chiusi nei nostri recinti nazionali! Ma siccome non è così, il dilemma diventa aspro. E non so immaginare che cosa, nel merito, avverrà, anche se mantengo sempre una certa fiducia nelle risorse imprevedibili della democrazia che, oltre un certo punto, se non vuole rovesciarsi nel proprio contrario, qualche risposta deve poterla trovare.

Ma, salvo fatti nuovi, che possono emergere, mi sembra, dall’inevitabile chiamata anticipata al voto, che l’affossamento quasi certo di ogni ipotesi maggioritaria porrà la questione di una coalizione. Ma tra chi? Sembra incredibile, ma siamo di nuovo a questo, come se l’Italia, per ragioni che attengono profondamente alla sua storia, ai suoi malesseri e divisioni costituzionali, tornasse di continuo a girare in tondo finché il mondo che lo circonda glielo consentirà.

(pubblicato su Confronti di gennaio 2017)

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