di Raffaella Di Marzio
Il caso della Congregazione dei Testimoni di Geova in Russia si inserisce in un contesto gravemente illegale e discriminatorio che caratterizza le politiche di quel paese che mirano a limitare le libertà civili e, in particolare, la libertà religiosa. L’approvazione, e l’entrata in vigore, della controversa legge Yarovaya, ha colpito indiscriminatamente tutte le chiese diverse dalla Chiesa Ortodossa Russa, come segnalato ripetutamente, negli anni, da diverse Ong, dall’Onu, dalla Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo) e altri importanti organismi internazionali.
La legge Yarovaya, infatti, limita drasticamente il lavoro dei missionari, il proselitismo, l’insegnamento e qualsiasi attività finalizzata a invitare le persone ad aderire a un gruppo religioso. Tuttavia l’aspetto che più colpisce, per ciò che riguarda il caso dei Testimoni di Geova, è che contro di loro viene utilizzata, abusandone, la legge anti-estremismo. Essa viene applicata – “impropriamente”, secondo la Cedu – contro comunità religiose del tutto pacifiche, ma “minoritarie”: per essere accusati di “estremismo”, infatti, non è necessario usare violenza o minacce. È “estremismo” anche cercare di convincere qualcuno della superiorità della propria religione rispetto a un’altra, attraverso una propaganda pacifica e rispettosa delle persone contattate. In effetti, proprio questo comma della legge ha provocato il bando delle pubblicazioni dei Testimoni di Geova e di pacifici gruppi di musulmani, alcuni dei quali sono stati imprigionati.
Nonostante una petizione contro la legge russa, che ha superato le 100mila firme, la preoccupazione per la situazione della libertà religiosa e di credo in Russia cresce ogni giorno poiché le autorità si mostrano indifferenti o violano apertamente qualsiasi norma finalizzata alla protezione e difesa delle minoranze.
Di questi temi si è discusso anche nel corso della conferenza stampa organizzata dall’on. Rostellato (Pd) alla Camera dei deputati, il 12 aprile 2017, per presentare una interpellanza (n. 2/01744,) di cui è prima firmataria. I cofirmatari sono: Lacquaniti, Oliverio, Paola Boldrini e Tidei. L’interpellanza, indirizzata al presidente del Consiglio dei ministri e ad altre autorità, intendeva «segnalare la gravissima situazione della Congregazione dei Testimoni di Geova in Russia». I cinque firmatari, dopo aver ricordato che la «Costituzione della Federazione Russa, all’articolo 28 garantisce la libertà di religione, incluso il diritto di professare una fede individualmente, collettivamente o di non professarla affatto, di scegliere liberamente, di avere e diffondere credenze religiose e, all’articolo 30, sancisce che ogni individuo gode del diritto alla libertà di associazione» e che «i Testimoni di Geova sono legalmente riconosciuti in oltre 220 nazioni del mondo, le loro attività religiose sono pacifiche e rispettose delle libertà altrui e della legge come ha avuto modo di affermare la Corte europea dei diritti dell’uomo in oltre 47 sentenze», chiedono «se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda assumere iniziative diplomatiche volte a sensibilizzare il Governo russo a rispettare le professioni religiose presenti nel territorio russo». Nel corso della Conferenza Stampa alcuni esponenti della Congregazione dei Testimoni di Geova hanno illustrato la storia giuridica del movimento dal 1992 fino al 5 aprile 2017, quando ha avuto inizio l’udienza alla Corte suprema.
Nonostante i ricorsi legali portati avanti dalla Congregazione, nei quali si dimostrava che le accuse di «attività estremiste» si fondano su dichiarazioni false e prove costruite ad arte (https://www.jw.org/it/news/sviluppi-legali/per-area/russia/polizia-semina-prove-video/) dalle autorità con l’intento di far apparire il culto dei Testimoni un’attività criminale, i giudici locali, nel corso del 2016, e la Corte suprema, nel mese di Aprile 2017, hanno infine dato ragione al Ministero della Giustizia decretando, così, di fatto, la messa al bando della Congregazione e il divieto, per i Testimoni di Geova, di svolgere le loro attività perché «estremisti». In questo modo essi vengono equiparati ai terroristi che stanno compiendo stragi e seminando violenza ovunque, utilizzando la religione come “scudo” per le loro attività criminali. Questa decisione costringerà la Congregazione a sciogliersi: per i 175mila fedeli russi professare la propria fede in pubblico o distribuire la propria letteratura diventerà un reato penale, passibile di pene severe, perderanno le loro proprietà e le 395 sedi, compresa quella centrale a San Pietroburgo, saranno confiscate.
La decisione della Congregazione di appellarsi a questa decisione (e successivamente, in caso negativo, di ricorrere alla Cedu) non lascia molte speranze in un esito positivo di questa vicenda, considerando l’indifferenza del governo russo verso l’osservanza della normativa internazionale finalizzata alla difesa dei diritti umani e la violazione del diritto alla libertà religiosa sancita dalla Legge Yarovaya che, nel caso dei Testimoni di Geova, manifesta uno dei suoi effetti più perniciosi, poiché un simile provvedimento potrebbe estendersi ad altri Stati dell’Europa dell’Est e ad altre minoranze religiose.
Riflettendo sull’esito nefasto di questa vicenda emergono sostanzialmente due “attori” principali che hanno prima scritto il “copione” e poi messo in scena la “tragedia”.
Il primo “attore” è l’autorità statale e giudiziaria della Federazione russa che ha, prima, redatto e approvato una legge chiaramente repressiva e sufficientemente imprecisa da essere applicabile a chiunque, e poi, di fronte ai ricorsi legali, non solo non si è mostrata “super partes”, ma si è rifiutata perfino di accogliere le prove della difesa.
Il secondo “attore” protagonista in questa emblematica vicenda è l’autorità religiosa maggioritaria in Russia, la Chiesa ortodossa. La storia millenaria dell’Europa, e non solo, testimonia che quando si verifica la persecuzione di una minoranza religiosa perpetrata dalle autorità statali queste ultime possono sempre contare sull’appoggio o, addirittura, la complicità della religione istituzionalizzata in quel particolare contesto. In particolare, una minoranza religiosa molto attiva nel proselitismo riesce più facilmente ad attirare le antipatie dell’istituzione religiosa maggioritaria che la percepisce come “concorrente”. Di fronte alla persecuzione degli “avversari” gli esponenti della religione di maggioranza solitamente tacciono, oppure plaudono, di fronte ad iniziative repressive messe in atto dalle autorità statali. C’è da chiedersi, nel caso dei Testimoni di Geova in Russia, se la Chiesa ortodossa russa abbia avuto un ruolo preciso nella funesta conclusione di questa vicenda, oppure se ci troviamo di fronte a un atteggiamento gravemente omissorio, un silenzio/assenso che risulta, a parere di chi scrive, ugualmente colpevole.
Andando al di là della metafora teatrale, l’aspetto davvero preoccupante di questo specifico caso di ingiustizia è che non ci si trova di fronte a un episodio isolato ed estremo, ma ad una vera e propria strategia: il governo russo sta strumentalizzando un fenomeno grave, realmente esistente, come l’estremismo violento, su base “religiosa”, per colpire un’organizzazione pacifica e rispettosa delle leggi come quella dei Testimoni di Geova e la Corte suprema russa ha deciso di bandire pacifici cittadini russi per la loro fede sfruttando la paura delle masse di fronte alla violenza dell’estremismo e terrorismo religioso che sta mietendo vittime ovunque. Il governo russo e l’intero sistema giuridico di questo grande paese si accaniscono contro fedeli innocenti spostando su di loro quella “punizione” che si dovrebbe abbattere sui terroristi “veri” e i loro fiancheggiatori.
C’è da chiedersi se le autorità russe avranno il tempo di identificare e punire i “veri” estremisti e di sequestrare le loro armi, dal momento che gran parte del loro tempo sarà occupato a chiudere le sedi dei Testimoni di Geova e a incamerare i loro beni.
Maggiori informazioni sugli sviluppi legali del caso sul Sito dei Testimoni di Geova (https://www.jw.org/it/news/sviluppi-legali/)