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Messico: una mattanza silenziosa

by redazione

di Patrizia Larese

In Messico è in atto da anni per mano dei narcotrafficanti una orrenda strage di migliaia di desaparecidos, migranti provenienti dal Centro e Sud America e liberi cittadini, e coloro che si impegnano nella ricerca dei propri congiunti scomparsi vengono brutalmente assassinati. L’ultima vittima di questa vera e propria mattanza è stata Miriam Rodriguez, un’attivista per la difesa dei diritti umani, impegnata nella ricerca dei responsabili della scomparsa ed uccisione della propria figlia e di altre decine di sparizioni forzate che avvengono quotidianamente nel Paese del Centroamerica.

Nel giorno dedicato alla Festa della Mamma, celebrata in Messico il 10 maggio, a San Ferdinando nello stato di Tamaulipas, nord-est del Paese, è avvenuta l’ennesima tragica esecuzione ad opera di killer dei cartelli della droga.miriam-martnez-activista

La vittima, Miriam Elizabeth Martinez Rodriguez, crivellata di colpi nella sua abitazione da un commando di uomini armati, era un’attivista impegnata nella difesa dei diritti umani, ma innanzitutto era una madre a cui, nel 2012, era stata rapita e uccisa la figlia, Karen Alejandra, ad opera dei narcotrafficanti.

Nel 2014, dopo instancabili ricerche, con i soli propri mezzi, senza alcun sostegno istituzionale, aveva ritrovato in una fossa i resti di sua figlia Karen, sequestrata e fatta scomparire in una zona dello Stato messicano di Tamaulipas. Nella fossa comune localizzata a San Ferdinando, città a circa 150 chilometri a sud di Brownsville, Texas, sono stati ritrovati i corpi di altre 183 persone, tra cui i resti di 72 migranti dal Centro e Sudamerica, fucilati alle spalle nel 2010.

La cittadina di San Ferdinando è da anni uno dei centri nevralgici della droga e dell’emigrazione, lungo le rotte del traffico di clandestini e stupefacenti dal Messico verso gli Stati Uniti.

Miriam, dopo la tragedia, aveva dedicato la sua vita per investigare sulla scomparsa della figlia e grazie alle informazioni che aveva fornito alle autorità era riuscita ad identificare, portare davanti alla legge e far condannare i mandanti e gli esecutori delle atrocità commesse dal cartello dei Los Zetas. Nove persone erano finite alla sbarra per il rapimento e l’omicidio della figlia.

Mamma Rodriguez aveva deciso di lottare per evitare ad altre madri il tremendo dolore che aveva segnato per sempre la sua esistenza. Era diventata la direttrice del “Comunidad Ciudadana en Busqueda de Desaparecidos”[1] en Tamaulipas”, organizzazione di coordinamento delle azioni delle 600 famiglie che hanno denunciato la sparizione di un proprio congiunto. La sua associazione era stata di aiuto nel 2014 per le famiglie dei 43 studenti della scuola agraria di Ayotzinapa, spariti nello stato di Guerrero. Attualmente in Messico sono almeno 13 gli organismi impegnati nella ricerca dei desaparecidos causati dal narcotraffico.

La donna, negli ultimi tempi, aveva ripetutamente denunciato di essere oggetto di numerose minacce di morte, si era rivolta alla “Comisión Nacional de los Derechos Humanos (CNDH)”[2] per chiedere protezione. La sua richiesta era stata inoltrata alle autorità messicane ma non era stata ascoltata. Guillermo Gutiérrez Riestra, marito di Miriam, ha riferito ai media che le minacce di morte erano iniziate negli ultimi giorni di marzo e che coincidevano con la fuga di 29 detenuti, tra cui i responsabili dell’omicidio della figlia, reclusi nel carcere di Ciudad de Victoria.

La Procura Generale di Giustizia si è difesa dichiarando che erano state organizzate ronde di sorveglianza per controllare il domicilio della Signora Rodriguez tre volte al giorno.

A seguito dell’omicidio di Miriam, la CNDH ha denunciato l’inettitudine delle autorità messicane per non aver provveduto alla sicurezza pubblica e per non essere stata in grado di prevenire le possibili violazioni dei diritti fondamentali nei confronti di coloro che si impegnano a difendere i diritti umani e che vivono situazioni di rischio. Il Collettivo dei famigliari dei desaparecidos, dopo la morte di Miriam Rodriguez, ha sollecitato che organizzazioni internazionali abbiano una partecipazione più attiva nello stato di Tamaulipas.

“Visti lo scarso impegno ed il poco interesse del Presidente del Messico, Enrique Peña Nieto e del Governatore di Tamaulipas, Fernando García Cabeza de Vaca nei confronti delle vittime, lanciamo un grido di aiuto all’Organizzazione delle Nazioni Unite e alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani perché pongano maggiore attenzione a favore delle vittime.”

Tamaulipas è lo Stato con il maggior numero di desaparecidos: 5.558 persone scomparse, dato fornito dal Governo nello scorso mese di gennaio, segue lo Stato di Città del Messico con 3.351 e Jalisco con 2.634.

Dal 2010, secondo dati ufficiali, sono stati uccisi 26 attivisti impegnati nella ricerca dei loro congiunti scomparsi, 200.000 persone sono state assassinate in tutto il Messico e 31.000 sono le persone di cui non si ha più alcuna notizia.

Dal momento che gli sforzi per la ricerca degli scomparsi da parte delle autorità sono limitati, in tutto il Paese sono nate associazioni di parenti delle vittime che si impegnano nella ricerca dei loro congiunti, come segnala Juan Paullier, corrispondente di BBC Mundo in Messico.

Nell’ottobre del 2011 è stato assassinato a Hermosillo, capitale dello stato di Sonora, Moreno Nuñez che stava indagando sulla sparizione del figlio. Era membro del “Movimento per la Pace con Giustizia e Dignità”, creato dal poeta Javier Sicilia. Anche Miguel Angel Jiménez, attivista di ”Unione dei Popoli e delle Organizzazioni” dello Stato di Guerrero ha ricevuto minacce di morte. Jimenéz organizzò un gruppo di volontari per localizzare i 43 studenti della Scuola di Ayotzinapa, scomparsi il 26 settembre 2014. Nella ricerca degli studenti sono state ritrovati altri resti appartenenti a decine di migranti clandestini. Nell’agosto del 2015 Angel Jimenez è stato ucciso ad Acapulco, a circa 200 km dalle fosse che egli stesso aveva contribuito a scoprire. Bernardo Carreto, altro attivista che cercava i propri figli desaparecidos, commerciante in Tepozcuautla, nei pressi di Iguala ha ricevuto minacce di morte. Tre dei suoi figli ed i loro amici furono sequestrati nel maggio del 2015 quando l’organizzazione Los Ardillos assediò il villaggio in cui vivevano. Un altro caso che provocò scalpore fu quello di Marisela Escobedo, nello stato di Chihuahua, nel nord del Messico. Nel 2010 la donna localizzò l’assassino di sua figlia Marisol Rubí e riuscì ad ottenere che fosse incarcerato. Il responsabile, Jorge Barraza, confessò il crimine, tuttavia i giudici ordinarono la sua liberazione perché le prove furono dichiarate “non decisive”. Marisela iniziò una giornata di protesta ed ottenne che il responsabile venisse nuovamente arrestato. Nel dicembre dello stesso anno fu uccisa davanti al Palazzo del Governo di Chihuahua.

Sebbene esista in Messico la “Legge Generale delle Vittime”[3] che stabilisce protocolli per occuparsi dei casi di sparizione forzata ed altre minacce, tuttavia le vittime di questi reati efferati sono in continuo aumento e purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi i responsabili restano impuniti.

L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (ONU-DH)[4] in Messico ha dichiarato che “l’assassinio della Sig.a Miriam Rodríguez Martínez è stato commesso nel Giorno delle Madri, data che negli ultimi anni è diventata emblema di richiamo alla giustizia e alla visibilità della lotta portata avanti dalle famiglie delle persone scomparse ed ha assunto un simbolismo ancor più macabro e raccapricciante.”

“Il Messico è un posto sempre più pericoloso per coloro che con coraggio dedicano la loro vita alla ricerca degli scomparsi. Chiediamo indagini indipendenti, imparziali e approfondite sull’assassinio di Miriam. Pretendiamo misure efficaci in grado di proteggere coloro che sono alla ricerca dei propri cari. Non solo vivono l’incubo di non sapere dove siano i loro familiari, ma sono anche costretti a rischiare la vita ogni giorno a causa della negligenza delle autorità“. (Dichiarazione di Erika Guevara-Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty International)

Per ricordare le vittime messicane è nata la mostra “Orme della Memoria, Huellas de la Memoria”[5] che fino alla fine di giugno sarà in varie città italiane. L’esposizione racconta cosa significhi per queste persone la ricerca e il ritrovamento dei loro cari, vivi o morti.

Fonti:

http://www.repubblica.it/esteri/2017/05/12/news/messico_uccisa_miriam_rodriguez_attivista_per_gli_scomparsi-165258769/

http://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2017/05/12/assassinata-miriam-attivista-messicana-che-lottava-per-desaparecidos_GDjTnjH964nj5vc54xOzjI.html?refresh_ce

http://internacional.elpais.com/internacional/2017/05/11/mexico/1494518780_900906.html

http://www.univision.com/noticias/america-latina/asesinada-madre-mexicana-que-desenmascaro-a-asesinos-de-su-hija-a-pesar-de-haber-pedido-proteccion-al-gobierno

https://www.nytimes.com/2017/05/12/world/americas/mexico-mother-activist-murdered-daughter-tamaulipas.html?rref=collection%2Ftimestopic%2FMexico&action=click&contentCollection=world&region=stream&module=stream_unit&version=latest&contentPlacement=1&pgtype=collection&_r=0

http://www.sinembargo.mx/11-05-2017/3213933

http://www.zocalo.com.mx/reforma/detail/indigna-a-onu-dh-homicidio-de-activista

http://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-39904478

http://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-39892613

http://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-39376671

http://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-37868390

http://www.bbc.com/mundo/media-39901498

https://lamericalatina.net/2017/05/15/la-strage-silenziosa-dei-genitori-dei-desaparecidos-in-messico/

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Messico: la mattanza continua

di Patrizia Larese

Dopo soli 5 giorni dall’omicidio di Miriam Rodriguez, avvenuto il 10 maggio, Festa della Mamma, è stata eseguita un’altra atroce esecuzione in pieno giorno, in una via del centro di Culiacán, nello Stato di Sinaloa, Messico Nord-occidentale. Un sicario del cartello della droga ha massacrato con 12 colpi d’arma fuoco il giornalista Javier Valdez Cárdenas. Dall’inizio dell’anno in tutto il Messico sono stati uccisi 6 giornalisti, nel 2016 i reporter uccisi sono stati 11, dal 2000 126 persone impiegate nei media di comunicazione sono state vittime di feroci omicidi. Il giornalista Valdez è stato freddato mentre usciva dalla sede del periodico Río Doce, da lui fondato nel 2003, aveva dedicato la sua vita a denunciare nei suoi articoli e nei suoi libri i crimini dei cartelli della droga. Era definito il giornalista anti-narcos.

Da nord a sud e da est a ovest in tutto il Paese da quasi un ventennio si sta compiendo una vera e propria carneficina e le autorità del Messico continuano a promettere di far luce su questi delitti, tuttavia i risultati delle indagini ufficiali non sempre portano all’identificazione ed alla condanna dei mandanti e degli esecutori dei crimini.foto-di-javier-valdez

Il presidente messicano Enrique Pena Nieto ha condannato l’uccisione, definendola un “crimine atroce” e ha aggiunto che il suo governo è impegnato per difendere la libertà di espressione e di stampa, valori che sono alla base della democrazia.

L’agenzia Efe ha pubblicato le dichiarazioni del Pubblico Ministero Statale, Juan José Ríos Estavillo, il quale ha riferito ai media che il lavoro giornalistico di Valdez sarà considerato come linea guida nell’investigazione del suo omicidio, come richiesto anche da “Articolo 19”[6], l’organizzazione che difende la libertà di stampa. La Procuraduría General de la República (PGR)[7] ha dichiarato che, tramite la “Fiscalía Especial para la Atención de Delitos cometidos contra la Libertad de Expresión”(FEADLE) [8]”, invierà una squadra per partecipare alle indagini. Ríos Estavillo ha assicurato che la famiglia e le persone vicine a Valdez saranno protette.

Javier Valdez Cárdenas è stato ucciso il 15 maggio, giornata che in Messico è dedicata a festeggiamenti per gli insegnanti.

Nato il 14 aprile 1967, aveva studiato sociologia all’Università Autonoma di Sinaloa. Era corrispondente del giornale “La Jornada” da più di 18 anni e 14 anni fa aveva fondato il settimanale Río Doce che, senza averne intenzione, si specializzò nella copertura degli eventi riguardanti il narcotraffico.

Nei primi anni novanta il reporter lavorava nei notiziari televisivi di Canal 3, in Culiacán. Nel 1998 Valdez vinse il Premio Sinaloa di Giornalismo per i suoi servizi della sezione cultura apparsi nell’emittente televisiva.

Nel 2011 aveva ricevuto un premio internazionale per la Libertà di Stampa dal Committee to Protect Journalists (CPJ)[9] e la Columbia University di New York aveva riconosciuto il lavoro “eroico” dei giornalisti di Río Doce. Nello stesso anno la stessa organizzazione che consegna il Pulitzer gli ha assegnato il premio “Maria Moors Cabot” per la sua eccellenza nella copertura dell’America Latina. Era corrispondente anche per l’Agence France-Presse (AFP).

Dall’inizio dell’anno nello Stato di Sinaloa è stato accertato un notevole incremento del numero di crimini e violenze, ciò a causa dell’estradizione negli Stati Uniti di Joaquín Guzmán Loera, detto El Chapo, capo del cartello di Sinaloa, avvenuta nel mese di gennaio. Sono scoppiate guerre intestine tra i figli ed eredi di El Chapo, Alfredo e Iván Archivaldo, i fedeli di Ismael “El Mayo” Zambada” e quelli di Dámaso López Núñez “El Licenciado”, boss arrestato il 2 maggio scorso che ha lasciato un vuoto di potere in numerosi territori.

Il cartello Jalisco Nueva Generación, che ormai contende ai Signori di Sinaloa ampie regioni del Messico ed i passaggi della frontiera statunitense, ha intensificato negli ultimi due anni pressioni e ostilità.

Valdez è stato assassinato in un momento di alto rendimento della sua attività giornalistica. All’inizio di maggio aveva inviato un reportage dal titolo “Il compare di El Chapo, il suo peggior nemico”, dove raccontava come l’ex poliziotto ministeriale Lopez Nuñez avesse aiutato El Chapo Guzmán a evadere dal carcere penale di Puente Grande, Stato di Jalisco.

Pur continuando a lavorare alla redazione di Río Duce Valdez aveva raggiunto il successo anche come scrittore.

La casa editrice Penguin Random House aveva pubblicato cinque libri e ne stava preparando un sesto: “Miss Narco”, “Los morros del narco”, “Levantones: historia reales”, “Con una granada en la boca”, “Huérfanos del narco” e “NarcoPeriodismo: la prensa en medio del crimen y la denuncia”, il suo ultimo lavoro, in cui, il pluripremiato giornalista affronta il dramma della stampa che non tace e s’interroga sul senso e sulla speranza della professione di fronte al visibile intreccio tra mafia e politica.

Scriveva ne “La Jornada”: «Non parliamo solo di narcotraffico, una delle nostre minacce più feroci. Parliamo anche di come ci minaccia il governo. Di come viviamo in una redazione infiltrata dal narco, vicino ad alcuni compagni dei quali non si può avere fiducia perché forse passano informazioni al governo o ai criminali». E ancora: «Denunciamo gli imprenditori, i proprietari e i direttori dei media, che mettono al primo posto gli affari, che sono più preoccupati per il guadagno che per raccontare quel che succede nel nostro paese o quel che può accadere ai suoi reporter e ai suoi impiegati».

Scriveva di narcos, ma non solo. Scriveva della cultura e della politica che rappresentano il terreno fertile che, nello stato settentrionale del Sinaloa, permette alle mafie di svilupparsi e prosperare. Nelle sue cronache poneva l’attenzione sul problema delle mafie e della cultura mafiosa in Messico e non aveva paura di denunciare la connivenza delle autorità con il narcotraffico. Ha sempre svolto il suo lavoro con determinazione e notevole coraggio, nonostante le minacce ricevute negli ultimi tempi.

Secondo una nota informativa della redazione di Río Doce, “l’auto nella quale viaggiava Javíer Valdéz è stata abbandonata in una strada vicino a dove si è compiuto l’agguato. L’ultima volta che fu visto vivo, il giornalista stava uscendo dagli uffici della casa editrice con il computer ed il telefono cellulare, che, però, non sono stati più ritrovati all’interno del veicolo”.

“Nelle sue cronache Javier aveva un dolore genuino per trattare e capire la dimensione umana della catastrofe” – dice il suo editore Ricardo Cayuela – “Per questo è brutalmente inaccettabile questo crimine. Ci hanno tolto la persona più attenta al dolore di noialtri”.

“Il meccanismo di protezione di giornalisti e difensori dei diritti umani è insufficiente – ha dichiarato Amnistía Internácional – e riflette l’assenza dello Stato in diverse aree.”

Pochi giorni prima dell’omicidio di Valdez un gruppo di 7 giornalisti presso la città di Acapetlahuaya, stato di Guerrero, a sud di Città del Messico, sono stati circondati da un centinaio di uomini armati, sono stati picchiati, derubati delle loro attrezzature e minacciati di essere bruciati vivi. Fortunatamente sono stati risparmiati.

A marzo la reporter Miroslava Breach Velducea, 54 anni, è stata uccisa mentre accompagnava a scuola suo figlio nel nord della città di Chihuahua. Ė stata crivellata da 8 colpi di arma da fuoco mentre il figlio è rimasto incredibilmente illeso. La Breach Velducea era corrispondente de La Jornada, collaborava con il giornale “El Norte de Chihuahua” ed è stata direttrice editoriale di “El Norte de Ciudad Juárez.”

Fino ad oggi non si conoscono le cause dell’omicidio anche se il governatore di Chihuahua, Javier Corral, ha affermato che “la principale linea investigativa seguita è il suo lavoro giornalistico presente e passato”.

La Breach Velducea aveva più di 30 anni di carriera come giornalista. Era una delle penne più incisive di Chihuahua.

Molte delle sue pubblicazioni trattavano casi di corruzione politica, violazioni di diritti umani, aggressioni a comunità indigene e violenze dei cartelli di narcotraffico.

Per il suo impegno aveva ricevuto minacce e lo stesso governatore Corral rivelò che negli ultimi giorni “era stata molestata”, anche se la reporter non informò del fatto le autorità.

“Il crimine, ha dichiarato il governatore in una riunione con i giornalisti, difficilmente può essere stato commesso da una sola persona. Ė stato sicuramente pianificato e molto ben architettato, non credo che l’assassino possa essere solitario. L’autore è un killer professionista.” Per l’assassinio di Miroslava Corral ha decretato 3 giorni di lutto nello stato.

“Essere giornalista è come far parte di una lista nera. Loro decideranno, anche se tu avrai la scorta e sarai blindato, il giorno in cui ti uccideranno”, aveva dichiarato Valdez alla stampa in una delle presentazioni del suo ultimo libro “Narco-Giornalismo: la stampa nel mezzo del crimine e la denuncia.”

E sul suo profilo twitter c’è scritto: “Ci sono persone che non possono rimanere in silenzio”.

L’omicidio di Javier sembra davvero rappresentare uno spartiacque, un po’ come era stato il sequestro dei 43 studenti della scuola agraria di Ayotzinapa, sempre nello stato di Guerrero, nel 2014, crimine che aveva portato il dramma dei desaparecidos messicani all’attenzione del mondo.

L’ONG Reporters sans frontières (RSF) ha dichiarato che nel 2016 il Messico è stato il terzo paese con il numero più elevato di giornalisti uccisi, superato soltanto da Siria ed Afghanistan.

In tutto il Paese sono state organizzate proteste e a Città del Messico, davanti al Ministero dell’Interno decine di giornalisti si sono riuniti per manifestare per il feroce agguato a Javier Valdez.

Sembra proprio che l’intenzione sia quella di non dimenticarlo, perché era un giornalista di notevole spessore ed integrità.

Fonti

Note

[1] “Collettivo Cittadino nella Ricerca delle Persone Scomparse”;

[2] “Commissione Nazionale dei Diritti Umani”;

[3] “Ley General de Víctimas “ 8.2.2013 ultima modifica 17.6.2016 http://www.diputados.gob.mx/LeyesBiblio/pdf/LGPSDMS_170616.pdf ;

[4] “Oficina en México del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos” (ONU-DH)

[5] https://www.facebook.com/events/109803259537347/ ;

[6] ARTICOLO 19 è un’organizzazione indipendente dei Diritti umani che lavora in tutto il mondo per proteggere e promuovere il diritto alla libertà di espressione. Prende il suo nome dall’Articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti umani, la quale garantisce la libertà di espressione;

[7] Procura Generale della Repubblica

[8] “Procura Speciale per l’Attenzione ai Delitti Commessi Contro la Libertà di espressione”;

[9] Comitato per la Protezione dei Giornalisti;

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