Trump ritira gli USA dalla Cop21. Ma governatori, sindaci e società civile si sostituiscono al governo federale.
di Francesco Barbaro
Trump ha vinto le elezioni presentadosi come uno che non crede all’impatto negativo dell’uomo sui cambiamenti climatici. A conclusione della sua visita in Vaticano, stringendo tra le mani l’encliclica Laudato si’ che Francesco gli aveva donato, ha stupito: «Santo Padre, la leggerò. E le assicuro che mediterò sulle sue parole». Per un attimo ho pensato: “Ehi, sta’ a vedere che il ragazzo ha messo la testa a posto. Ci voleva il Papa”. E invece no. Il giorno dopo, a Bruxelles, ha regolarmente fulminato i leader europei e le loro fissazioni ambientaliste. Solo un po’ di suspence la notte del primo giugno, qui nel vecchio continente. L’ipotesi remota che le preghiere del Papa potessero illuminarlo. Macché. Nella giornata l’annuncio: ritiro dalla Cop21 di Parigi. E per conferma, al G7 Ambiente Trump manda il direttore dell’agenzia competente e lo richiama dopo mezza giornata. In un momento in cui il presidente Cinese Xi Jinping vuole accreditarsi come promotore di un nuovo “sviluppo verde”. È proprio vero, anche quello politico internazionale è un clima che sta cambiando. La fortuna è che the Donald è il presidente degli USA, ma non è gli USA. Che si sono già organizzati per conto loro in una coalizione indipendente dal governo federale: governatori, sindaci, professori e rettori universitari, imprenditori, cittadini. Micheal Bloomberg, già sindaco di New York per tre mandati, miliardario, filantropo, ha garantito i 15 milioni di dollari che l’Unione avrebbe dovuto versare in due anni. Certo, se fosse per Trump, il mondo tornerebbe a girare solo a carbone. E mi vengono in mente immagini ottocentesche, l’atmosfera cupa e pesante della Londra di Dickens. No, non quella di Mary Poppins: lei almeno, con un po’ di zucchero, la pillola la mandava giù.