di Patrizia Larese
Anche le donne libanesi esultano perché il Parlamento di Beirut ha abolito, a metà agosto, l’art. 522 del codice penale (risalente al periodo del mandato coloniale francese) che prevedeva l’assoluzione degli stupratori disposti a sposare le vittime delle violenze da loro commesse. La battaglia delle donne libanesi, però, non è ancora terminata.
La decisione del Governo libanese segue quella del Parlamento tunisino e giordano. In questi Paesi sono stati presi poche settimane fa gli stessi provvedimenti a difesa delle donne.
In Libano gli stupratori non potranno più essere “perdonati” con un matrimonio riparatore, ma saranno puniti con pene detentive fino a sette anni di reclusione per violenza sessuale. Il risultato raggiunto è frutto di una lunga campagna condotta su questo problema da organizzazioni per i diritti civili e in particolare per i diritti delle donne.
La proposta di abolire l’articolo 522 era stata introdotta lo scorso anno, per essere poi approvata da un comitato parlamentare lo scorso febbraio. Il 16 agosto è stata emanata la ratifica dell’intera Assemblea parlamentare, subito diffusa dall’agenzia NNA (National News Agency)[1] e dal gruppo di attivisti ABAAD[2]. «Congratulazioni a tutte le donne libanesi», il messaggio diffuso da questi ultimi sulla loro pagina Facebook. «Oggi è una vittoria per la dignità delle donne. Non è più possibile accettare che una persona colpevole di stupro possa evitare la galera». C’è un’amara soddisfazione nel commento del ricercatore libanese di Human Rights Watch, Bassam Khawaja, che ha definito il provvedimento «un importante e tardivo passo avanti per tutelare i diritti delle donne», aggiungendo che «il Parlamento ora dovrebbe cogliere il momento, provvedendo anche ad abolire i matrimoni precoci e a punire la violenza domestica, che sono entrambi ancora formalmente legali nel Paese».
Gli attivisti sostengono che la pratica del matrimonio riparatore sia adottata principalmente nelle aree rurali più retrograde e conservatrici.
Alcune ong, come la Kafa[3], una delle più importanti tra quelle che si occupano di violenza sulle donne, mantiene una certa prudenza, mista a pessimismo. In un post pubblicato su Facebook dal gruppo, si legge: «Le donne libanesi non hanno vinto, come non hanno vinto quelle giordane. L’articolo 522 è stato abolito solo parzialmente». Ci si riferisce all’art. 505, che permette ai minorenni colpevoli di stupro di evitare il carcere, sposando eventualmente la vittima. «Non accetteremo compromessi sui diritti delle donne. Dunque, la nostra campagna non finisce qui», aggiunge il collettivo nel post.
Saja Michael, della ong ABAAD ha dichiarato: «A dicembre in commissione sembrava fatta ma in questi otto mesi abbiamo dovuto insistere ogni giorno affinché l’abolizione dell’art 522 fosse ratificata dall’assemblea parlamentare. È stato un impegno quotidiano, incessante contro il matrimonio riparatore dello stupro. E pensiamo che da oggi la dignità delle donne libanesi sia più salvaguardata che in passato.
La strada da percorrere però è sempre lunga».
L’Egitto aveva abolito una legge analoga nel 1999, il Marocco nel 2014, dopo il suicidio di una 16enne e il tentato suicidio di una 15enne costrette a sposare i loro violentatori.
Il matrimonio riparatore in Italia è stato abolito nel 1981. Si trattava di un “residuo legislativo” del Codice Rocco, in vigore dai tempi del fascismo (è del 1930), e in forte contraddizione con il Nuovo Diritto di famiglia e il divorzio, vigenti da tempo nella legislazione italiana. Esemplare fu il caso di Franca Viola, prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore e diventata simbolo dell’emancipazione femminile italiana.
Fonti:
http://nena-news.it/le-donne-del-libano-esultano-ma-la-strada-e-ancora-lunga/
https://www.tpi.it/mondo/africa-e-medio-oriente/libano/abrogazione-matrimonio-riparatore/
http://it.euronews.com/2017/08/17/libano-abolita-legge-che-depenalizzava-stupro
[1] NNA http://nna-leb.gov.lb/en
[2] ABAAD http://www.abaadmena.org/
[3] KAFA http://www.kafa.org.lb/