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Il discorso letterario di Andrea Scanzi

by redazione

di Roberto Bertoni (giornalista e scrittore)

Avete presente Andrea Scanzi, caustica ed irriverente penna del Fatto Quotidiano? È un tipino da prendere con le molle: carattere intimamente toscano, aretino per l’esattezza, dunque difficile come quello di tutti coloro che provengono da quelle parti e si dedicano alla professione giornalistica, un eclettismo testimoniato dal suo ruolo di opinionista, autore ed interprete teatrale, un innato e morboso feticismo per i piedi, una passione viscerale per i cani, il vino e i giri a bordo della sua Abigail (una Harley Davidson che ha acquistato di recente e ridipinto interamente di nero) e un’altra miriade di attività ed interessi che inducono seriamente a pensare che quest’uomo disponga di un numero di ore quotidiane superiore a quello di cui godono i comuni mortali. O più semplicemente, e questa è l’idea che ho maturato leggendo i suoi due romanzi, che sia più bravo di altri e, forse, persino più di quanto il suo narcisismo spinto all’estremo non lo induca a ritenere.

La vita è un ballo fuori tempo e I migliori di noi, infatti, ci pongono al cospetto di un autore straordinariamente ispirato e in grado di utilizzare con maestria una serie di registri differenti, fino a comporre un quadro umano e valoriale di tutto rispetto.

Il primo, più politico, è un romanzo innaffiato da litri di vino e scandito dalle note ritmiche del blues, ambientato in una città immaginaria di nome Lupinia e in grado di far vivere un microcosmo profetico e irridente, capace di dar vita ad una satira sociale feroce, corrosiva, chiaramente riconoscibile e in alcuni casi, come detto, persino anticipatrice di vicende che si sarebbero verificate negli anni successivi.

Il secondo, incentrato sull’amicizia fra due personaggi che più diversi non si sarebbe potuto, l’abitudinario Fabio e l’artista giramondo Max, e sull’amore intenso e duraturo fra lo stesso Fabio e la bella Federica, è al contempo un affresco di Arezzo e della sua inconsapevole bellezza, un inno ai sentimenti, uno spaccato della provincia italiana dal quale trapelano un’umanità e un senso di giustizia che sono più forti di tutto.

E così, se la banda di vecchietti terribili de La vita è un ballo fuori tempo decide di sfidare il sistema e l’ordine costituito, smascherando le menzogne, le ipocrisie, le frasi fatte e i luoghi comuni di una classe dirigente che si commenta da sola, ne I migliori di noi a far saltare il sistema e i suoi meccanismi perversi non è una ribellione plateale ma una rivolta interiore, una riscoperta degli anni che furono, un lento e sentimentale scivolare verso princìpi che vanno al di là del tempo, verso affetti che non muoiono mai, verso quei legami che resistono persino ai tradimenti, alle brutture della vita e al divaricarsi dei percorsi che spesso ci conduce lontano dalle persone che amiamo veramente.

In attesa di una biopsia che potrebbe avere esiti devastanti, in attesa di ritrovarsi sul serio, in attesa di vivere o forse di morire: nel primo romanzo ad essere sospesa è una realtà politica, nel secondo una persona perbene, e in fondo il singolo e la collettività, specie in questo caso, non sono poi così dissimili.

Alcuni personaggi dei due romanzi si sovrappongono o sono addirittura gli stessi, ad esempio il mitico Vaiana; altri cambiano ma tenendo fermi alcuni punti cardine della letteratura “scanziana”, su tutti il rapporto di stima e di profondo rispetto fra le varie generazioni.

Leggendolo con attenzione, ho avuto dunque l’impressione che il discorso letterario di Scanzi sia appena all’inizio, con l’auspicio che dopo il Paese inventato, la Macondo di cui ogni scrittore che si rispetti avverte il bisogno almeno una volta nella vita, specie nei primi tempi, e il degno omaggio ad una città troppo spesso ricordata per personaggi e vicende negativi, il nostro avverta l’esigenza di dar vita ad un’opera di respiro nazionale, possibilmente liberandosi di quel semi-nichilismo che lo caratterizza ogni volta che si avvicina all’argomento politico. Che poi non è neanche del tutto vero, in quanto lo Scanzi teatrale è iper-politico (da “Gaber se fosse Gaber” a “Il sogno di un’Italia”), lo Scanzi televisivo non parla d’altro o quasi e lo Scanzi romanziere sorvola la politica e la sfiora con quel tratto romantico tipico degli innamorati traditi, disillusi ma pronti a tornare indietro se le cose dovessero cambiare.

Un po’ come lo Stevie de La vita è un ballo fuori tempo, un po’ come il Max de I migliori di noi: quella di Scanzi è una carrellata di personaggi in cerca di se stessi e del proprio posto nel mondo, con il sospetto che vi sia in questo anche un interrogarsi misto a qualche tratto autobiografico.

Chi l’avrebbe mai detto che un “bischero” del genere, capace di elevare il cazzeggio a virtù e di praticarlo assiduamente e con voluttuosa abnegazione, chi l’avrebbe mai detto che un tipo così sarebbe stato capace di emozionarmi? Invece ci è riuscito: chapeau!

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