di Biagio de Giovanni (filosofo, già parlamentare europeo e professore emerito di Filosofia politica all’Università Orientale di Napoli)
Le elezioni tedesche sono meno sorprendenti di quanto appaia. Merkel ha comunque vinto e ora, con Macron, l’egemonia tedesca vede l’importante contrappeso della Francia.
Elezioni in Germania, tutto abbastanza normale; bisogna ormai considerarlo un dato fisiologico cui non si sottrae nemmeno la grande e stabile nazione tedesca: mi riferisco alla presenza più o meno massiccia di forze “populiste” e antisistema prodotte da quella che da tempo si è sviluppata come la prima grande crisi politica della globalizzazione. Sarebbe stato strano, anomalo, il contrario; come se quello tedesco fosse una specie di limbo capace di sottrarsi allo spirito del tempo. Anche la società tedesca è “umana”, per dire così, e dovrà fare i conti con una presenza che si sviluppa intorno alle due costanti del populismo emerso in questi anni: il tema dell’identità e quello della sicurezza.
Anche la Germania è stata “accarezzata” dal terrorismo e dall’immigrazione, quest’ultima lì come gran fenomeno di massa. Dunque niente di strano o incomprensibile, e lasciamo stare il riferimento al nazismo. Un dato fisiologico è anche il crollo della socialdemocrazia, un tempo gloria di quel paese e dell’Europa. Dappertutto è così. Si pensi alla Francia di Macron e anche allo stato delle cose nel Regno Unito. La ragione è patente e qui la sintetizzo al massimo: esaurita la capacità di redistribuzione attraverso la spesa pubblica – insomma, la forma del vecchio Stato sociale – la socialdemocrazia va perdendo la propria ragion d’essere, dappertutto: peraltro un grande analista come Ralf Dahrendorf, all’indomani del 1989, scrisse che quella data segnava l’inizio della fine di tutta la sinistra storica europea e credo abbia avuto ragione, al seguito pure della globalizzazione in atto.
In questo quadro, complicato e aperto, bisogna dire che Angela Merkel ha continuato a vincere e sarà ancora cancelliera; non so perché questo dato evidente sia un po’ sottovalutato nella prevalenza dei commenti. Meno voti dell’ultima elezione? E come si poteva pensare diversamente? Il logoramento fisiologico, immigrazione di massa, carezze del terrore, hanno fatto da contrappeso a una politica che ha portato la Germania ad essere il paese con la disoccupazione ai minimi e il benessere abbastanza generalizzato, con la distanza che continua ad esistere nel confronto di una parte di Germania con le regioni dell’ex-Ddr, dove con maggiore evidenza sono presenti forze anti-sistema.
Ora il vero tema che si apre riguarda gli effetti di questo stato di cose sul rapporto Germania-Europa e qui di sicuro la questione si complica. L’intesa sarà, tutto lo lascia pensare a partire dai numeri, con liberali e verdi, e la questione è dove si collocherà il punto di mediazione. Ma oggi la questione nuova, che modifica un aspetto fondamentale dello scenario europeo, è il ritorno in campo della Francia di Macron con una forza culturale, prima ancora che politica, di cui non si può sottovalutare l’impatto. Penso al suo discorso sull’Europa tenuto il 26 settembre alla Sorbona, e qualche giorno prima all’incontro con i protestanti francesi. Se certe promesse verranno mantenute, o almeno messe in campo realmente, la scena europea sarà di nuovo occupata anche dalla Francia, dopo lunghissima assenza, e le conseguenze saranno di grande portata sull’intera scena del continente e anche sulla politica tedesca.
Non siamo più in presenza di un’egemonia tedesca senza contrappesi, almeno questo sembra delinearsi. Il rigorismo tedesco non sarà più il padrone della situazione, e quindi non mi sembrano adeguati i commenti che danno i liberali come i nuovi “padroni” del governo in Germania e quindi, si dice, in Europa. Tutto da vedere, ma lo scenario è di grande interesse, tutt’altro che privo di prospettive e sorprese, e promette novità soprattutto se l’Italia proverà ad essere all’altezza del compito che la attende (cosa su cui ho fieri dubbi, ma che non si deve escludere).
Qui la situazione mi pare da descrivere così: il rischio italiano si chiama anzitutto Movimento cinque stelle, che mi è già capitato di definire una vera patologia della democrazia, e bisognerà contenere Salvini; vedremo che succede su quel lato. Il fatto è che, nel quadro descritto, l’Italia può avere un gran ruolo per rimettere in campo un europeismo critico ma forte, in nuova alleanza con la Francia e, insieme, con un rapporto necessario, forte, ma capace di far da contrappeso, con la Germania uscita dal voto. Tutto lo scenario è in movimento, nulla è fermo al palo di partenza.
(pubblicato su Confronti di ottobre 2017)