di Adriano Gizzi (redazione di Confronti)
Gli ibridi possono produrre buoni risultati, anche nelle leggi elettorali, a patto però che da ogni sistema si prenda il meglio. Non pare il caso della legge appena approvata.
Un giorno la ballerina Isadora Duncan propose a George Bernard Shaw di fare un figlio assieme, con questa motivazione: «Così avrà la vostra intelligenza e la mia bellezza». Ma si vide declinare l’offerta con questa battuta: «E se poi viene con la mia bellezza e il vostro cervello?». Ci sono sistemi elettorali stabili e sperimentati per molti decenni (come quello francese e quello tedesco) o addirittura per secoli, come quello anglosassone, e volendo adottare un nuovo sistema di voto si può scegliere di “copiarne” uno esistente oppure di crearne uno misto. Era il caso del Mattarellum, con cui eleggevamo il 75% dei parlamentari con il maggioritario, in collegi uninominali, e il 25% con il proporzionale. Anche il Rosatellum bis, la nuova legge elettorale appena approvata a colpi di fiducia, è una miscela di proporzionale e maggioritario. Ma, come abbiamo visto, gli ibridi possono dare risultati imprevedibili.
Il sistema elettorale tedesco, da molti invocato, ha i vantaggi del proporzionale (la piena rappresentatività, fatto salvo lo sbarramento al 5%), ma allo stesso tempo consente di scegliere direttamente la persona nei collegi uninominali. Il Rosatellum bis invece prende il peggio del proporzionale (la frammentazione, che porta alla tanto temuta ingovernabilità) senza avere almeno i vantaggi dell’uninominale, ossia la possibilità per l’elettore di votare un candidato ben riconoscibile. Alla Camera 232 seggi (quasi il 37%) saranno attribuiti in altrettanti collegi uninominali e i restanti distribuiti in modo proporzionale. Analogo discorso per il Senato, dove la quota eletta con l’uninominale sarà del 35%.
La questione più controversa riguarda il fatto che l’elettore si troverà di fronte a un’unica scheda per ciascun ramo del Parlamento, nella quale sarà costretto a scegliere in blocco il candidato dell’uninominale e quelli (da 2 a 4) della quota proporzionale. Un “prendere o lasciare”, quindi: chi vuole votare il candidato di un certo partito nell’uninominale ma non è convinto da quelli del proporzionale, non ha scelta: o li vota tutti o li rifiuta tutti. Può anche illudersi di votare solo il candidato dell’uninominale, barrando soltanto quel nome, ma poi il voto verrà comunque trasferito a tutte le liste che lo appoggiano. Non solo non sono previste le preferenze, ma ci si può presentare in ben cinque collegi proporzionali: il candidato illustre “trombato” nel collegio uninominale verrà ripescato nel proporzionale.
Il fatto che il Consiglio d’Europa si fosse raccomandato di non cambiare la legge elettorale nell’anno che precede le elezioni – cosa che avvenne anche con il Porcellum – non ha minimamente impensierito i nostri legislatori. Pensando probabilmente di recuperare un po’ di “fuoriusciti”, il Pd ha reintrodotto le coalizioni: un regalo soprattutto per il centro-destra (che è diviso in più partiti, ma coalizzato potrebbe arrivare in testa) e uno sgambetto al Movimento 5 stelle, che rifiuta di allearsi. Ma, indipendentemente da chi favorisce o penalizza, questa legge non introduce alcun obbligo di fedeltà per le forze politiche che si coalizzano (né poteva farlo, stante il divieto di mandato imperativo previsto dall’articolo 67 della Costituzione), quindi le alleanze serviranno solo a guadagnare più seggi possibile, per poi tornare con le mani libere il giorno dopo le elezioni.
Per confondere ancora di più le idee all’elettore, si sono introdotte soglie di sbarramento differenti: una del 3% (sia alla Camera che al Senato) per entrare in Parlamento e una dell’1% che non dà diritto a una lista di eleggere propri parlamentari, ma consente alla coalizione di cui fa parte di aumentare la propria quota complessiva. Se un partito non prende neanche l’1% i suoi voti vengono buttati via, come fossero schede nulle, ma se prende più dell’1% e meno del 3% favorisce comunque le altre liste della coalizione di appartenenza, pur non vedendosi assegnare nessun seggio. Già si prevede il proliferare di “liste civetta”, utili a raccogliere voti preziosi a esclusivo vantaggio dei partiti maggiori. E comunque, ancora una volta, avremo un esercito di nominati senza voce che obbedisce a Renzi, un altro a Grillo, uno a Salvini e uno a Berlusconi.
(pubblicato su Confronti di novembre 2017)