di Luciano Cirica (presidente Ospedale Evangelico Betania di Napoli)
Cosa prevede la legge sul testamento biologico approvata definitivamente a metà dicembre. L’impegno delle chiese evangeliche in Italia, che già da tempo avevano attivato sportelli per raccogliere i testamenti biologici.
Con la nuova legge sul Biotestamento sarà possibile decidere il livello di dignità nel momento della morte, avendo la possibilità – aspetto fondamentale – di poter scegliere in anticipo i trattamenti medici da ricevere o da non ricevere, nella fase finale della vita. Una legge, dunque, di libertà e di responsabilità, perché non obbliga nessuno, ma dà a tutti la possibilità di autodeterminare le proprie e soggettive volontà, nel rispetto delle leggi attuali e con possibilità sempre di ripensamento.
Di fronte alla morte imminente e/o inevitabile, è solo la persona (o un suo fiduciario) che deve decidere il livello di informazione e di trattamenti sanitari da ricevere o da rifiutare. In questa decisione avrà il conforto dei medici, della famiglia, delle persone di fiducia, degli psicologi, e nel caso di minori ci saranno i genitori, il tutore o il giudice tutelare nei casi controversi Ma se si esclude questo caso dei minori, alla fine spetterà solo alla persona morente la decisione finale.
Questa legge in realtà sancisce un diritto già espresso nella Costituzione, all’articolo 13 (libertà personale) e all’articolo 32 («nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario») e tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona, nel rispetto dei già citati principi costituzionali e dei diritti fondamentali europei, sempre dichiarati ed enunciati, ma non sempre applicati, soprattutto finora nel caso del fine vita non consapevole.
Colma, nel nostro paese, un lungo ritardo, mentre nel resto dell’Europa da anni esistono già normative analoghe. In Germania, per esempio, il testamento biologico è entrato in vigore dal 2009, ma le chiese, cattolica e protestanti, già nel 1999 avevano firmato un documento congiunto (della Conferenza episcopale tedesca e del Consiglio delle Chiese evangeliche in Germania ) sul “Testamento biologico cristiano”. Ma anche le Chiese evangeliche in Italia, da sempre, sono impegnate nel campo della bioetica e, prima dell’attuale legge, avevano attivato sportelli per raccogliere i testamenti biologici.
Del resto, lo stesso papa Francesco – nel recente messaggio al Word Medical Association – ha dichiarato, a proposito di fine-vita, che «se sappiamo che della malattia non possiamo sempre garantire la guarigione, della persona vivente possiamo e dobbiamo sempre prenderci cura: senza abbreviare noi stessi la sua vita, ma anche senza accanirci inutilmente contro la sua morte».
Questa legge, infatti, oltre ad aiutare il malato a non essere più solo in questa difficile e spesso drammatica decisione, ribadisce l’attenzione alla terapia del dolore e al divieto di ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e nel ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati, fino a ipotizzare il ricorso alla sedazione palliativa profonda (che non è eutanasia), sempre con il consenso del paziente.
La legge prevede anche la possibilità (ma non l’obbligo) di rinunciare alla nutrizione e alla idratazione artificiali, considerati – in accordo con le linee guida scientifiche – come trattamenti sanitari e non semplice sostegno. Del resto già oggi il paziente in forza dell’articolo 53 del Codice deontologico nedico può rifiutarsi consapevolmente di alimentarsi, mentre il medico non può assumere iniziative costrittive né collaborare a procedure coattive di alimentazione o nutrizione artificiale.
Gli Ospedali evangelici italiani, Betania di Napoli e Internazionale di Genova, hanno sottoscritto di recente una dichiarazione congiunta a favore del biotestamento, precisando che le strutture sanitarie evangeliche non “obietteranno”, ma che anzi applicheranno la normativa in tutte le sue parti. «Come credenti evangelici – è scritto nella dichiarazione – aperti alla condivisione dei propri convincimenti, ma contrari all’imposizione delle proprie convinzioni, riteniamo che la vita, nelle sue diverse fasi, anche quelle segnate dalla malattia, possa essere vissuta come un dono, al quale ci si deve rapportare responsabilmente, esercitando discernimento e libertà di scelta.
(pubblicato su Confronti di febbraio 2018)