di Alice Tinozzi
“Mettiamocelo in testa. Solo l’istruzione può salvare la vita e il futuro di un bambino rifugiato”, questo lo slogan della seconda campagna di sensibilizzazione lanciata dall’Agenzia Onu per i Rifugiati (Unhcr) che durerà fino al 28 gennaio e a cui verrà dedicata la giornata di campionato del 20 e 21. L’obiettivo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dell’istruzione per il futuro di milioni di bambini e di garantire loro accesso ad un’istruzione di qualità, affinché abbandonino le strade e la malavita.
Come emerge dal rapporto dell’Unhcr “Left Behind”, nel corso del 2017 oltre 3,5 milioni di bambini rifugiati nel mondo non hanno avuto la possibilità di andare a scuola: 1,5 milioni non hanno frequentato la scuola primaria, mentre 2 milioni la scuola secondaria. In percentuale la scuola primaria viene frequentata solo dal 61% dei bambini rifugiati nei paesi con alto reddito, mentre nei paesi a basso reddito solo dal 50%. Per quanto riguarda l’istruzione superiore la percentuale rimane ferma all’1%. Per la sopravvivenza di questi bambini la scuola deve essere considerata un bene necessario in quanto è un luogo pacifico, che limita il rischio di subire violenze e abusi e che aiuta la socializzazione e l’integrazione.
I fondi raccolti con la campagna andranno a sostenere il progetto “Educate a Child”, avviato nel 2012 in dodici paesi: Siria, Iran, Pakistan, Yemen, Etiopia, Malesia, Kenya, Uganda, Ruanda, Sud Sudan, Ciad e Sudan. In cinque anni, sono riusciti a garantire il sostegno economico diretto a 76mila bambini provenienti da famiglie vulnerabili. Risultato ottenuto grazie alla costruzione di 210 scuole e 3.133 classi in paesi attraversati da guerre o nei campi per rifugiati, e alla distribuzione di circa 2,4 milioni di libri di testo e materiali didattici, nonché di numerose uniformi scolastiche (strumento utile a dare un senso di uguaglianza per evitare discriminazioni sociali). Fondamentale per la riuscita del progetto è stata la costruzione di asili nido (per oltre 4.500 bambini), consentendo così a molti fratelli maggiori di andare a scuola, senza dover badare ai fratellini, e a tante mamme di poter riprendere a lavorare. L’Unhcr si è occupata anche della formazione 19mila insegnanti – scelti anche tra gli stessi profughi – per andare incontro ai traumi subiti dagli studenti. Per l’Unhcr, «l’istruzione è parte integrante della risposta umanitaria alle più gravi emergenze internazionali».