di Luigi Sandri (redazione Confronti)
Partirà con una ferita ecclesiale, il vertice cristiano previsto tra un mese a Bari in solidarietà con i fratelli perseguitati in Medio Oriente, se ad esso non parteciperà il patriarca di Mosca, a causa dei suoi contrasti con quello di Costantinopoli.
Papa Francesco ha convocato per il 7 luglio, nel capoluogo della Puglia dove si conservano le reliquie di san Nicola, veneratissimo nelle Chiese ortodosse, un grande incontro cristiano, presenti sperabilmente i patriarchi delle Chiese ortodosse e delle Antiche Chiese orientali (armeni, siri e copti), perché tutti direttamente o indirettamente interessati alla penosa sorte dei cristiani uccisi da gruppi fondamentalisti islamici o comunque spesso penalizzati da leggi restrittive di molti paesi dell’area.
Per la buona riuscita dell’iniziativa, la diplomazia vaticana è in piena attività già da prima che il 25 aprile la Santa Sede annunciasse: «Il prossimo 7 luglio il Santo Padre si recherà a Bari, finestra sull’Oriente che custodisce le reliquie di san Nicola, per una giornata di riflessione e preghiera sulla situazione drammatica del Medio Oriente che affligge tanti fratelli e sorelle nella fede. A tale incontro ecumenico per la pace Egli intende invitare i capi di Chiese e Comunità cristiane di quella regione. Fin da ora papa Francesco esorta a preparare questo evento con la preghiera».
Al momento non si sa esattamente quanti leader cristiani verranno: ma, di certo, vi sarà un’amplissima rappresentanza. Sicure, per ora, sono una presenza importante, e un’assenza altrettanto significativa. La presenza certa è quella di Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli, il “primus inter pares” tra i gerarchi ortodossi. È stato lui stesso – a quanto si apprende – a confermarlo al pontefice, quando il 26 maggio è stato ricevuto da lui in udienza.
E il patriarca di Mosca, Kirill? Pare di no. Ma, per inquadrare la sua decisione, occorre ricordare che, in questi ultimi anni, soprattutto di fronte alle atrocità contro i cristiani compiuti dall’Isis/Daesh del cosiddetto Stato islamico stanziatosi tra Siria ed Iraq, la Chiesa russa ha alzato più volte la voce, cercando di spingere tutte le Chiese a denunciare quei massacri e ad esprimere concreta solidarietà ai martiri cristiani del nostro tempo.
Francesco è – ovviamente – sensibilissimo a questi temi: e molte volte ha denunciato quelle violenze, invitando la sua Chiesa ad esprimere la massima solidarietà.
Bartolomeo, da parte sua, è direttamente implicato in questa problematica, perché in Turchia vi sono da due a trecentomila rifugiati cristiani, sfuggiti dalle violenze subite in Siria ed Iraq dall’Isis/Daesh.
La logica, dunque, vorrebbe che Francesco, Bartolomeo e Kirill si ritrovassero insieme a Bari per esprimere di fronte al mondo solidarietà alle sorelle e ai fratelli cristiani perseguitati in Medio Oriente. Bartolomeo, che rappresenta la “seconda Roma”, anche se in patria ha meno di cinquemila fedeli; e Kirill che rappresenta la terza, Mosca, e che guida un patriarcato al quale appartengono il 60% dei duecento milioni di ortodossi sparsi nel mondo. Eppure, sembra che Kirill al prossimo “vertice” non verrà.
Il 30 maggio il papa ha ricevuto in udienza il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del dipartimento degli affari ecclesiastici esterni del patriarcato di Mosca, in pratica il “ministro degli esteri” della Chiesa russa. Nell’incontro, oltre a discutere di problemi interni alla Russia e all’Ucraina – implicanti il patriarcato di Mosca, i cattolici ucraini di rito orientale (chiamati “uniati” dagli ortodossi) e la Santa Sede – hanno affrontato la convocazione papale del 7 luglio.
In proposito non vi è stato nessun comunicato ufficiale; ma Hilarion, in varie interviste, ha lasciato intendere che al vertice vi sarà, sì, un’alta delegazione della Chiesa russa (forse – diciamo noi – guidata da lui stesso), ma non Kirill. Perché?
Tra Kirill e Bartolomeo vi è un dissenso radicale su molte questioni ecclesiologiche. Ad esempio, Mosca contesta il “primus inter pares” accusandolo, in pratica, di voler fare “il papa degli ortodossi”; inoltre la Chiesa russa teme che Bartolomeo ceda alle richieste del governo di Kiev che vorrebbe un unico patriarcato in Ucraina (ipotesi intollerabile per Mosca, perché una parte importante degli ortodossi del paese fa parte di una Chiesa legata al patriarcato russo).
Questi insolubili contrasti furono sullo sfondo della decisione del Santo Sinodo del patriarcato russo di disertare il Concilio ortodosso del giugno 2016 a Creta. Un’assenza che, per il peso della Chiesa russa, depotenziò alla radice quell’Assemblea [vedi Confronti 7-8/2016].
Dunque, al momento, per Kirill, è “no” al prossimo vertice. Un diniego stridente, però, anche per motivazioni puramente religiose. A Bari, infatti, si custodiscono le reliquie di san Nicola, uno dei santi più venerati in Russia (gli proveniva dall’Anatolia). E proprio il patriarcato ha una chiesa collegata con quella cattolica dove riposano, appunto, i resti del santo. Qui, da quando è crollata l’Urss, ogni anno accorrono moltissimi ortodossi russi, che dalla patria giungono a Bari proprio per venerare il “loro” santo. L’anno scorso il papa – con un gesto assai apprezzato da Kirill – mandò alcune reliquie di san Nicola in Russia, dove stettero alcuni mesi, venerate da milioni di pellegrini.
Questo dato di fatto darebbe un motivo ulteriore, a Kirill, per recarsi ora a Bari. Ma nell’episcopato russo – e tra i fedeli – vi è una fronda che si oppone ad ogni dialogo con il papato. Sono gli stessi ambienti che disapprovarono il vertice di Cuba (il 12 febbraio 2016) tra Francesco a Kirill: il primo incontro, nella storia, tra un papa di Roma e un patriarca russo. Se, dunque, questi deve tener conto dell’opposizione che ha in patria, significa che essa è forte.
Ma non è detta l’ultima parola. Se, a mano a mano che ci si avvicina alla data del vertice, questo apparisse un appuntamento di crescente spessore, e di grande rilevanza internazionale, il patriarca con il Santo Sinodo potrebbero arrivare a ritenere un errore di valutazione il loro “niet”, e quindi cambiare improvvisamente opinione. E, soprattutto, potrebbero farlo se Vladimir Putin, con la sua “moral suasion”, convincesse Kirill e il Santo Sinodo. Nella nuova Russia, infatti, il Cremlino è molto ascoltato, anche dal patriarcato, su questioni che incrociano la politica russa su zone cruciali per la pace del mondo, come il Medio Oriente.
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