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17 febbraio oggi. In cerca di quale libertà?

by Paolo Ricca

di Paolo Ricca. Teologo, pastore e docente emerito di Storia della Chiesa alla Facoltà valdese di teologia di Roma.

 

Libertà – parola magica e potente, che ammalia i cuori, avvince le coscienze e solleva i popoli; parola rivoluzionaria per eccellenza: tutte le grandi rivoluzioni della storia umana sono avvenute nel suo nome; parola amata come poche altre: molti l’hanno amata più della loro stessa vita («libertà va cercando ch’è sì cara» – dice Virgilio a Marco Porcio Catone all’ingresso del Purgatorio, parlando di Dante – «come sa chi per lei vita rifiuta»); parola temuta come poche altre: il padrone teme la libertà del servo, l’uomo teme la libertà della donna, il marito teme la libertà della moglie, i genitori temono la libertà dei figli, i generali temono la libertà dei soldati, il vescovo teme la libertà del prete, il prete teme la libertà dei laici, e il Governo teme la libertà dell’Opposizione, e così via; è la libertà dell’altro che fa sempre un po’ paura.

Parola magica, potente, amata e temuta, però anche parola misteriosa come poche altre, perché da un lato è un’esigenza insopprimibile di cui l’uomo in quanto tale, in ogni epoca della sua storia,qualunque sia stata o sia la sua cultura, razza, posizione sociale, religione o rifiuto di essa, non può e non vuole fare a meno, come se la libertà fosse, in fin dei conti, la ragione stessa della sua vita, come dice il poeta francese Paul Eluard (1895-1952) in uno splendido poema intitolato appunto Liberté, che si conclude così: «Per il potere di una parola, ricomincio la mia vita. Sono nato per conoscerti, per pronunciare il tuo nome: Libertà».

È vero che «la libertà non si mangia», come mi disse (e il discorso finì lì) una persona anziana, di umile condizione, alla quale mi sforzavo di illustrare il valore incomparabile della libertà; aveva ragione lei: il pane viene prima della libertà e nessuna libertà può sostituire il pane. Anche nel Padre Nostro, la richiesta del pane («Dacci oggi il nostro pane quotidiano») precede la richiesta della libertà («Liberaci dal male» o «dal Maligno»). Ma è anche vero che «non di pane soltanto vive l’uomo», e come nessuna libertà può sostituire il pane, così nessun pane può sostituire la libertà: l’uno e l’altra sono necessari, anzi indispensabili, perché entrambi vitali, esigenze umane insopprimibili.

Ma proprio qui si cela un mistero:

come mai la libertà, bisogno profondo come le radici stesse dell’essere, condizione e ragione di vita, può così facilmente degenerare e diventare licenza, arbitrio, prepotenza; oppure può essere lasciata cadere, negata o rifiutata come un fardello troppo pesante, perché libertà significa inevitabilmente responsabilità, ma non tutti ne sopportano il peso, e c’è chi preferisce non essere libero per non essere responsabile.

Così il nostro rapporto con la libertà è ambivalente: da un lato la desideriamo intensamente, la invochiamo e siamo smaniosi di possederla; dall’altro, quando l’abbiamo, facilmente ne abusiamo oppure vi rinunciamo. La pratica della libertà è più difficile del sogno della libertà. Non si è liberi una volta per sempre: esserlo è un esercizio da imparare di nuovo ogni giorno.

Il 17 Febbraio 1848, quando i valdesi, sparuta minoranza evangelica miracolosamente sopravvissuta a secoli di persecuzioni e angherie di ogni tipo subite nel cattolicissimo Stato sabaudo, ottennero alcune libertà civili (non ancora quella religiosa, riconosciuta solo un secolo più tardi, con la Costituzione repubblicana del 1948), è solo una tappa, importante per l’Italia, di una storia infinita, che continua oggi e continuerà nel prossimo futuro.

Perciò, alla domanda «17 Febbraio oggi: in cerca di quale libertà?» risponderei semplicemente così:

in cerca di tutte le libertà negate, conculcate, calpestate, o anche solo minacciate, o controllate, o ridotte in varia misura, o del tutto soppresse, in tutti gli ambiti dell’esistenza umana, individuale e collettiva, quello politico, sociale, culturale, religioso, non solo nei regimi più o meno teocratici, o autoritari, o apertamente dittatoriali, ma anche in quelli democratici, perché anche in questi ci sono libertà in pericolo che devono essere difese, e libertà non ancora riconosciute che devono essere sancite e istituite.

C’è poi tutto l’ampio capitolo delle libertà che nascono non dall’uomo, ma da Dio, perché «il Signore è lo Spirito, e dove è lo Spirito, ivi è libertà» (II Corinzi 3,17), la cui massima manifestazione è la libertà di amare: non si è mai tanto liberi come quando si ama. «17 Febbraio 2019: in cerca di quale libertà?». Risposta: di tutte quelle che non ci sono ancora.

 

[pubblicato su Confronti 02/2019]

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