di Stefano Allievi. Sociologo e islamologo. Professore di Sociologia presso l’Università degli studi di Padova.
«Tutto ciò che ha un prezzo, ha poco valore» ha scritto Nietzsche nello “Zarathustra”, eppure il denaro è il principale metro con cui si valutano beni di consumo e perfino valori. Ma come sarebbe il mondo se…
È dappertutto, e misuriamo qualunque cosa con il suo metro: per cui ci sembra strano poterne fare a meno. Ma sta succedendo: potremmo finire per vivere in un’epoca in cui il denaro non esisterà più. O avrà un significato completamente diverso. E sarà virtuale: o meglio, ancora più virtuale di prima. Perché di reale ha poco, già da parecchio tempo. Il suo mistero principale è la sua stessa esistenza. Come ha scritto Simmel nella Filosofia del denaro, pubblicata nel 1900: «una terza istanza s’inserisce tra le due parti con la sostituzione delle transazioni in moneta al baratto: si tratta della società nel suo complesso che attribuisce al denaro un valore reale corrispondente».
Si tratta di un valore che è marcatamente religioso: sempre Simmel parlava di «crescente spiritualizzazione del denaro; l’essenza dello spirito è infatti di dare alla molteplicità la forma dell’unità». Quest’aura sacrale è rimasta al denaro anche oggi, e si spiega facilmente:
il denaro è un niente in quanto a valore intrinseco (la carta su cui è stampato, ormai sempre più slegata da un qualsiasi rapporto con un valore concreto, quale poteva essere l’oro) che può tutto o comunque molto, a prescindere da chi ce l’ha in mano – è un potere suo proprio, verrebbe da dire interiore, e originario, se non fosse che deriva da una convenzione che è anteriore alla sua stessa esistenza.
Il suo valore è dato esclusivamente dalla fiducia che i membri della società gli conferiscono. Nello stesso tempo, con il diffondersi del denaro elettronico, della moneta virtuale, dai bancomat alle carte di credito, passando per operazioni appena meno quotidiane come quelle di borsa (come l’acquisto di azioni a termine con denaro che non possiedo, ma che prendo solo virtualmente in prestito), anche l’accumulo di denaro ha assunto forme diverse dalla piscina di Paperon de’ Paperoni, appartenente a un’altra fase del capitalismo.
Da quando poi non c’è nemmeno più la consistenza fisica della moneta, e nemmeno della banconota, ma si è passati alla moneta elettronica, e ora anche a monete non riconosciute da alcuna autorità statuale, ma nondimeno reali in quanto considerate tali da chi le usa, come il bitcoin e le monete locali, che ognuno può inventarsi, senza avere dietro di sé alcuna reale ricchezza, la spiritualizzazione del denaro può dirsi compiuta. Ormai è una grandezza metafisica. E quindi ha il valore che ogni società, che ogni gruppo, le attribuisce.
Mettiamola così: se la fiducia è finora stata posta nel denaro, non potrebbe domani essere conferita a altro? In fondo la sharing economy, che più precisamente è una sharing society, potrebbe essere la premessa di un modo di vivere che sempre più prescinde dal denaro (e dal lavoro come mezzo per procurarselo, come indicano le varie forme di reddito minimo garantito) – molte tendenze, che sono fatti sociali reali, vanno in questa direzione.
«Tutto ciò che ha un prezzo, ha poco valore», ha scritto Nietzsche nello Zarathustra. L’effetto di questa confusione delle sfere è che quasi non ci accorgiamo di vivere in una società che tende a dare un prezzo a tutto: anche ai valori. Persino a ciò che rientra nella sfera dell’intimità: le relazioni sociali, il lavoro di cura, il volontariato, la bontà premiata con una mancia, ma anche le giustificazioni puramente economiche, funzionaliste, dell’etica negli affari, della lotta alla corruzione o dell’onestà nella pubblica amministrazione – perseguite non come beni in sé, ma perché danneggerebbero il mercato e i princìpi di libera concorrenza.
Ma la presenza onnipervasiva del denaro, in tutte le sfere della vita, potrebbe rovesciarsi nel suo contrario. Dando la fiducia a altro. Misurando l’impegno, la fatica, il prestigio, e anche il potere, con altro.
Come scriveva Keynes nelle sue Prospettive economiche per i nostri nipoti: «L’amore per il denaro come possesso – da distinguere dall’amore per il denaro come mezzo per ottenere le gioie e sperimentare la realtà della vita – sarà riconosciuto per ciò che è: un fatto morboso leggermente ripugnante, una di quelle propensioni per metà criminali, per metà patologiche di cui si affida la cura agli specialisti di malattie mentali». Ci sono comportamenti anche collettivi, nella società, che stanno andando verso un superamento di questa propensione. Forse non si sostituirà il denaro. Ma si costruiranno isole sociali, parallele, in cui non avrà corso.
[pubblicato su Confronti 02/2019]