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Leggeri e arrabbiati

by Samuele Pigoni

di Samuele Pigoni. Direttore presso Diaconia Valdese. Si occupa di management, progettazione sociale e filosofia.

 

Viviamo in un contesto in cui possiamo fare sempre tutto e subito, sempre più slegati da mediazioni, in pressoché tutti gli ambiti. Come in un corpo con muscoli potentissimi ma con una struttura leggerissima. Una delle conseguenze è quello che il sociologo Larry Diamondsha definito come «il declino progressivo dell’attrazione verso la democrazia». Come tenere conto, alle imminenti elezioni europee, di questa nuova specie di umanità?

Nell’ultimo racconto di Stephen King (Elevation, 2019) Scott Carey si scopre affetto da una malattia rarissima. Americano bianco di mezza età, alto un metro e novanta e con la pancetta, un matrimonio lasciato alle spalle senza troppi drammi, affari stabili e una bella casa a Castel Rock: tutto fila liscio, finché la malattia non si insinua silenziosa e ineluttabile. Giorno dopo giorno perde peso ma non massa. È sempre più leggero sebbene la sua massa corporea, la sua pancetta, i suoi muscoli, non cambino di un centimetro. Che si pesi nudo o con l’attrezzatura da pesca addosso, il responso è sempre lo stesso: ogni giorno mezzo chilo di meno.

La sensazione di leggerezza è inebriante finché non si accorge che la prestanza atletica guadagnata dalla perdita di peso non si rivela pericolosa: gli basta perdere il controllo del movimento di un muscolo per venire violentemente proiettato contro un muro.

In quella sensazione di leggerezza e perdita di peso specifico, tanto inebriante quanto minacciosa, c’è l’atmosfera in cui viviamo tutti noi.

La rivoluzione digitale ha generato un mondo alleggerito delle mediazioni, globale, interconnesso e a portata di tastiera. Possiamo conoscere, vedere, comprare, viaggiare, amare, indignarci, applaudire ed essere applauditi, ricordare: possiamo fare tutto e ovunque. Cosa c’è di più leggero di un file? Come Scott, siamo leggeri ma dotati di una muscolatura potentissima tanto che qualcuno di noi, alimentato da potenzialità tecniche imprevedibili fino all’altro ieri, ha iniziato a sentirsi iper-capace, aumentato, e per questo legittimato a fare senza mediazione di altri, senza medici, insegnanti, politici, giornalisti. Altra perdita di peso, ben più silenziosa e drammatica.

Per buona parte della popolazione occidentale perde di peso il lavoro, la certezza nella crescita economica, nella possibilità di progettare il futuro, quello dei propri figli, e con questo, in larga parte del ceto medio occidentale, la serenità di sapere del proprio valore e della propria autorevolezza. Aumentano le diseguaglianze, la distribuzione asimmetrica delle nuove opportunità.

Avere muscoli potentissimi ma non poterli muovere perché aggrappati a organi troppo leggeri e veder crescere dentro di sé la necessità di nuovi appigli che siano solidi, duri, irremovibili.

Di fronte a questi cambiamenti, al generalizzarsi dell’individualismo di massa e della sfiducia nei confronti delle istituzioni democratiche – accusate di tradire le promesse di crescita – siamo di fronte a quella che il sociologo Larry Diamonds nomina come «il declino progressivo dell’attrazione verso la democrazia».

Mentre da un lato masse enormi di profughi fuggono da regimi oppressivi verso le democrazie occidentali, i cittadini, quegli stessi cittadini leggeri e iperconnessi, individualisti e refrattari alle mediazioni, si rivolgono a forze politiche che fanno dell’immediatezza, della connessione al cuore e la pancia della gente il loro marketing elettorale.

Si chiami crisi della politica, delle élite o delle mediazioni, il tema è che le trasformazioni nei comportamenti sociali e della composizione di classe avvenute negli ultimi trent’anni hanno lasciato interi segmenti della popolazione non rappresentate sindacalmente e politicamente. Di questo parla la crescita esponenziale dei sovranismi e dei movimenti cosiddetti post-politici: dell’emergere di una nuova élite laddove quella democratica (tanto liberale quanto socialdemocratica), ha fallito nella capacità di cambiamento.

Alle prossime europee le forze democratiche si giocano una partita epocale che potranno vincere solo se sapranno mettersi in gioco riuscendo a rappresentare questa nuova specie di umanità, leggera eppure estremamente muscolare. Il primo passo è mettersene in ascolto, il secondo è costruire la capacità reale, e non promessa, di crescita e di redistribuzione delle opportunità.

 

[pubblicato su Confronti 03/2019]

Photo:  © DIRECTMEDIA Publishing 

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