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Indietro di vent’anni

by Enzo Nucci

di Enzo Nucci. Corrispondente della Rai per l’Africa subsahariana.

Anche a fronte di una popolazione giovane a confronto con quella europea e asiatica, gli esperti sono stati chiari: in Africa qualsiasi epidemia (e dunque anche di Coronavirus) ha il potenziale per provocare una catastrofe in mancanza di un sistema sanitario in grado di contenerla.

Nel momento in cui scriviamo, il contagio da Coronavirus nel continente africano è ancora contenuto rispetto alla pandemia in corso in Europa e Iran. Questo significa che i casi in realtà potrebbero essere molti di più di quelli fino ad ora accertati e che quando emergeranno sarà troppo tardi per fermare l’infezione.

Del resto ancora in febbraio c’erano solo due laboratori attrezzati (in Senegal e Sudafrica) per identificare la “nuova peste” mentre l’Organizzazione mondiale della sanità si è impegnata nel dotare, entro fine marzo, 36 delle 54 nazioni africane di strumenti, macchinari e formazione di personale per l’individuazione diagnostica.

Gli esperti sono stati chiari: qui qualsiasi epidemia ha il potenziale per provocare una catastrofe in mancanza di un sistema sanitario in grado di contenerla. La risposta è nei numeri. In Africa vivono un miliardo e 325 milioni di persone, quasi il doppio dei 700 milioni che popolano il vecchio continente, compresi gli abitanti dei Paesi che non fanno parte dell’Unione europea.

Ma la densità demografica è altissima ed è compressa in spazi ristretti come le baraccopoli dove aumenta la possibilità di infezione per mancanza di acqua corrente, fogne, servizi igienici.

L’impatto del virus potrebbe essere teoricamente minore perché in Africa c’è una popolazione giovane a confronto con quella europea e asiatica. Ma contro giocano le pessime condizioni igienicosanitarie. Inoltre va sottolineato che la sanità è dappertutto nelle mani dei privati: l’accesso quindi non è garantito alla stragrande maggioranza dei cittadini mentre non è stato mai messo in piedi un sistema per garantire la salute pubblica. Un limite che determina la carenza (ad esempio) di macchinari per la respirazione artificiale e stanze di isolamento che si contano nei fatti sulle dita di due mani.

In Africa c’è un medico ogni 5 mila abitanti (in Italia sono 20 per lo stesso numero di cittadini). L’Organizzazione mondiale della sanità ha calcolato che in un Paese africano durante una epidemia i presìdi sanitari dovrebbero poter visitare 20 mila persone al giorno, cifra impossibile per le difficoltà dei collegamenti, per la sfiducia nelle istituzioni e per il timore dello stigma diffuso tra la gente.

I contatti con la Cina sono strettissimi. Pechino è il primo o secondo partner economico di tutte le nazioni. C’è un numero imprecisato (tra i 200mila e i 2 milioni o più) di cinesi che lavorano e che trascorrono le vacanze qui mentre sono almeno centomila gli africani che studiano in Cina grazie a generose borse di studio.

Questo si traduce in un traffico aereo che continua ad assicurare i collegamenti nonostante gli allarmi. Insomma l’arrivo del Coronavirus potrebbe trasformarsi in uno tsunami che non lascerebbe scampo anche per la difficoltà di applicare dure misure restrittive come in Europa o Cina. In ogni caso già oggi si teme il contagio della crisi economica globale che seguirà quella sanitaria. La crisi picchierà duramente l’Africa, anche per la sua totale dipendenza dall’economia cinese che sarà costretta a fare passi indietro. Pechino prevedibilmente ridurrà gli investimenti e il crollo del prezzo del petrolio è già una bastonata per Algeria e Nigeria.

L’Africa rifornisce il mondo di materie prime (bauxite, coltan, rame, ecc.) ma il rallentamento delle grandi economie coinciderà inevitabilmente con la frenata della domanda di questi prodotti. Il continente inoltre non possiede industrie di trasformazione, esporta materie prime e importa manufatti: ce n’è abbastanza per risentire delle conseguenza della recessione globale.

Ma il rischio maggiore è il debito estero. Di fronte alla caduta della vendita di materie prime, gli stati africani dovrebbero accumulare debito estero, che diventa però difficile da restituire. E il futuro diventa così inevitabilmente fosco e di lunga durata.

Dal punto di vista più propriamente politico infine, l’epidemia di Coronavirus potrebbe costituire un ottimo pretesto per numerosi leader politici al potere in varie nazioni di prolungare il loro mandato facendo slittare le elezioni in programma per il 2020.

Comunque vada questa complessa partita in corso, gli effetti del Coronavirus rischiano di riportare indietro l’Africa cancellando gli ultimi 20 anni di progressi.

[pubblicato su Confronti 04/2020]

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