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Chi decide nella pandemia

by Gaetano De Monte

di Gaetano De Monte, giornalista

La mappa del potere durante lo stato di emergenza nella fotografia scattata dall’osservatorio di Openpolis. Una indagine in continuo aggiornamento che pretende chiarezza e trasparenza.

«Riaprire le scuole innescherebbe una nuova e rapida crescita epidemia di Covid-19. In particolare, la sola riapertura delle scuole potrebbe portare allo sforamento del numero di posti letto in terapia intensiva attualmente disponibili a livello nazionale». Sono queste considerazioni elaborate sulla base dei modelli previsionali sviluppati dall’Istituto superiore della sanità, Ministero della Sanità, Fondazione Bruno Kessler ed Inail e fatte proprie dal Comitato tecnico scientifico (Cts) istituito il 5 febbraio per supportare il Capo del Dipartimento della protezione civile nelle attività finalizzate al superamento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, che sono alla base delle 70 pagine del decreto della Presidenza del Consiglio (dpcm) presentato da Giuseppe Conte durante la conferenza stampa dello scorso 26 aprile. Sono valutazioni delle politiche di riapertura «sulla base del rischio di esposizione professionale». Considerazioni che «non hanno nessun carattere di segretezza», hanno precisato ieri dall’Iss smentendo le notizie di stampa che erano circolate.  Annunciando, inoltre, che nella conferenza stampa che si terrà oggi (giovedì 30 aprile) «dedicheremo uno specifico approfondimento ai contenuti di quella analisi». Nella realtà, a leggere i modelli, le simulazioni alla base della valutazione di proroga del lockdown, si è ritenuto che «la riapertura dei settori manifatturiero ed edile in particolare avrebbero un impatto minimale sulla trasmissione dell’infezione». La riapertura di tutto il resto, soprattutto delle scuole, «aumenterebbe in modo significativo il rischio di ottenere una nuova grande ondata epidemica con conseguenze potenzialmente molto critiche sulla tenuta del Sistema sanitario nazionale», si legge così nel “Documento di valutazione dei rischi di diffusione epidemica per la malattia Covid-19. Scenari, questi, che hanno scatenato in queste ore una serie di reazioni, molte delle quali strumentali, contro le ultime misure prese dal Governo Conte: da parte della Conferenza episcopale italiana, di alcuni enti locali ed associazioni di categoria, fino alle proteste di ieri nell’aula del Senato della destra parlamentare. Intanto, mentre si scrive, al Senato si sta per discutere dell’informativa urgente del presidente del Consiglio dei ministri sulle iniziative del Governo per la ripresa delle attività economiche. In tutti i casi, chi decide nella pandemia? 

È la domanda a cui da due mesi sta cercando di rispondere il centro studi Openpolis attraverso l’elaborazione di un dossier che è in continuo aggiornamento man mano che gli eventi alla base della crisi pandemica si dipanano, e di nomina in nomina vengono gestite così le diverse fasi dell’ emergenza. Fin dal 31 gennaio scorso, giorno in cui è stato proclamato lo stato di emergenza, i ricercatori dell’osservatorio che ha sede a Roma, in via Merulana, avevano avvertito sul fatto che «la gestione del potere e la catena di comando in questa fase sono soggette a continue evoluzioni». Che ci si trovava di fronte ad un momento storico, dunque, «in cui il potere è gestito in deroga alle normali leggi, e in cui decisioni fondamentali vengono prese fuori dai normali paletti normativi».

Fin dal 31 gennaio scorso, giorno in cui è stato proclamato lo stato di emergenza, i ricercatori dell’osservatorio che ha sede a Roma, in via Merulana, avevano avvertito sul fatto che «la gestione del potere e la catena di comando in questa fase sono soggette a continue evoluzioni».

La dichiarazione dello stato di emergenza introduceva il potere di ordinanza, sempre nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico, si intende, individuando così, all’articolo 2 del decreto che lo istituiva, nel capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, il soggetto responsabile di attuare gli interventi normativi necessari. Il primo atto emanato è l’ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 che recita “Primi interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. Previsione normativa con cui vengono stabilite due cose: l’istituzione di un Comitato tecnico scientifico, che ha il compito di coordinare tutti gli interventi, e l’elenco delle leggi che possono essere derogate dalla Protezione civile e dagli altri eventuali soggetti attuatori. Da allora l’elenco delle task force istituite, dei centri di comando, delle ordinanze emanate a livello centrale e periferico, dei soggetti preposti al governo dell’emergenza, non si contano più. Perché da allora con l’evolversi dell’emergenza la sua gestione viene, di fatto, decentralizzata dal Governo. Significa nei fatti che una serie di decreti successivi emanati dalla Protezione civile alla scoperta dei primi focolai italiani, a Codogno, in Lombardia, e a Vo Euganeo, in Veneto, concedono alle regioni tutti quei poteri necessari per affrontare la fase in maniera più autonoma; allo stesso tempo, man mano che passano i giorni e si moltiplicano gli atti normativi, altri soggetti pubblici divengono detentori del potere di ordinanza. Così, ad esempio, l’urgenza di reperire in tempi rapidi mascherine, respiratori e altre forniture, ha portato il 2 marzo scorso il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, a firmare l’ordinanza con cui si dava il potere a Cristiano Cannarsa, amministratore delegato di Consip «di agire fuori dagli abituali paletti normativi», hanno spiegato ancora dall’osservatorio Openpolis; ricordando, poi, come con il decreto Cura Italia emanato il 17 marzo la nomina dell’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, ha concesso a quest’ultimo il potere, la facoltà di gestire la riconversione del sistema industriale italiano, in particolare, «autorizzandolo ad erogare finanziamenti mediante contributi a fondo perduto o in conto gestione, nonché finanziamenti agevolati, alle imprese che producono dispositivi di protezione individuale e medicali, per assicurarne l’adeguata fornitura nel periodo di emergenza del Covid-19».

 

DA SAPERE: Il grafico mostra i legami attualmente in essere tra le principali strutture coinvolte, e le personalità maggiormente attive in queste settimane.

FONTE: dati ed elaborazione Openpolis

 

È una vera e propria mappa del nuovo potere, tecnico-sanitario, durante la pandemia, quella elaborata ed aggiornata settimana dopo settimana dall’osservatorio di Openpolis. A decifrarla, si scopre l’esistenza di una pluralità di nomine, confusione di ruoli e di figure chiave presenti in più ambiti. È il caso di 16 persone che in questa fase stanno ricoprendo due o più ruoli tra quelli censiti. L’osservatorio di via Merulana nella sua indagine si concentra, in particolare, su cinque uomini presenti in diverse strutture. Si va così dal potente Giuseppe Ruocco, segretario generale del Ministero della salute e insieme nominato da Borrelli soggetto attuatore dello stato d’emergenza, oltre che già facente parte del Comitato strategico del Centro nazionale per  la prevenzione e il controllo delle malattie e allo stesso tempo del Comitato tecnico scientifico istituito presso la Protezione civile, a Claudio D’Amario, direttore generale della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute e “collezionista” di altri due incarichi nell’emergenza, fino alle triple nomine collezionate in questa fase dal capo di Invitalia, Domenico Arcuri, dal presidente dell’Iss, Brusaferro, infine, da Franco Locatelli, che guida il Consiglio superiore di sanità presso il Ministero della Salute e fa parte anche del Comitato tecnico scientifico (Cts) e del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie istituito presso lo stesso Ministero. Tutto lecito, per carità, anche in considerazione delle competenze tecniche possedute da alcuni degli esperti fin qui citati. E, tuttavia, i ricercatori di Openpolis hanno messo in luce, sottolineandole: “confusione” e “opacità”, come il fatto che «la reale composizione del Comitato tecnico-scientifico istituito presso la Protezione civile è stata ignota per oltre due mesi». E ancora che: «ad oggi non sono ancora disponibili né i verbali né il dettaglio delle decisioni prese dall’organo». Senza contare – aggiungiamo noi – che non si conosce nulla ancora dell’attività condotta dal super manager Colao nell’ambito della task force istituita dal presidente del Consiglio Conte nell’ambito della “Fase 2”, così come non si conoscono, nel dettaglio, le spese per l’emergenza gestite dal Commissario Domenico Arcuri.

«Bisogna evitare che lo stato d’emergenza, e l’agire fuori dai normali paletti giuridici ed economici, porti a inefficienze, cattiva politica e soprattutto abusi di potere».

E la fotografia fin qui scattata – concludono da Openpolis – nel lavoro di mappatura del potere durante la pandemia che è stato realizzato insieme a Report: «qui riguarda solo l’aspetto nazionale della crisi. Uno scacchiere già complesso da ricostruire che fa intuire quanto le problematiche riscontrate possano amplificarsi se portate su scala regionale». Per questo, hanno avvertito i ricercatori: «Bisogna evitare che lo stato d’emergenza, e l’agire fuori dai normali paletti giuridici ed economici, porti a inefficienze, cattiva politica e soprattutto abusi di potere».

Gaetano De Monte
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