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Litorale Sud

by redazione

di Gaetano De Monte (Giornalista) e Asia Leofreddi (Rivista e Centro Studi Confronti)

Ostia nella pandemia.  Dall’inaugurazione del Mercato Sociale di Roma-Capitale, in cui si acquistano generi alimentari di prima necessità con ore di lavoro socialmente utile alla città o all’interno del Mercato, in un contesto con una delle percentuali più alte di disoccupazione di Roma e con il reddito pro-capite tra i più bassi, al mutualismo dal basso a sostegno della popolazione indigente del decimo municipio, fino alle occupazioni di alcuni prefabbricati avvenute ad opera di alcuni militanti di Casa Pound.
Inchiesta nel municipio di Roma che non fa più notizia.

L’avevano definita negli atti ufficiali “la banca del tempo”. Era la misura prevista all’articolo 5 del disciplinare allegato alla proposta di deliberazione con cui lo scorso 16 aprile la giunta a guida penta stellata del Municipio X di Roma (Acilia, Casal Palocco, Ostia) aveva di fatto istituito il “mercato sociale del X municipio – Roma Capitale”: «un luogo di distribuzione gratuita di generi alimentari di prima necessità, di prodotti per igiene personale e della casa e di altri prodotti o servizi», si leggeva nel disciplinare: «un progetto sociale di integrazione al reddito attraverso cui sensibilizzare l’opinione pubblica al tema del disagio socio-economico delle persone in fragilità, stimolando la partecipazione attraverso il volontariato e la condivisione dei beni». Non soltanto. L’idea dell’istituzione del mercato sociale era quella appunto di: «offrire un luogo istituzionale di socializzazione del benessere e delle fragilità, in un’ottica di circolarità e di scambio virtuoso di bisogni e aiuti». E quale fosse, in realtà, questo scambio tra bisogni e aiuti lo chiariva meglio il già citato articolo 5, laddove “la banca del tempo” prevedeva che «i singoli beneficiari del sostegno e almeno un componente del nucleo familiare dovrà prestare al progetto almeno 5 ore settimanali di volontariato all’interno del Mercato o in attività che riconoscano la propria abilità e competenza». Precisando che in tutti i casi gli impieghi verranno valutati dai servizi sociali municipali. Previsioni, queste, che avevano scatenato una serie di polemiche politiche quando la notizia dell’attivazione del servizio era comparsa sul sito del comune di Roma, scatenando una serie di reazioni da parte delle opposizioni in Campidoglio, e delle associazioni come Rossa, le quali fin dal primo momento dall’inizio della pandemia avevano sostenuto la popolazione indigente del decimo municipio, attivando una concreta attività di mutualismo sul modello di quella realizzata da Nonna Roma negli altri quartieri capitolini. Reazioni, dunque, che avevano spinto la sindaca di Roma, Virginia Raggi, a spegnere il focolaio delle polemiche e l’attenzione sulla questione del mercato, precisando, il 5 maggio, che: «si fa la spesa con una card che viene ricaricata anche attraverso il tempo che viene dedicato ad attività socialmente utili. Sottolineo che non c’è nessun obbligo e che tutto viene svolto su base volontaria»

Nel mercato di Ostia. Dieci giorni dopo è un venerdì mattina di fine lockdown e la catena della solidarietà istituzionale all’interno del mercato in via dell’Appagliatore, ad Ostia, corre apparentemente frenetica. Militari della guardia di finanza a controllare la distribuzione, volontari della protezione civile con le pettorine d’ordinanza,  qualche utente chiede informazioni mentre tutt’intorno si preparano le scatole di aiuti con il marchio capitolino ben impresso; in allestimento c’è  un box, un ufficio dove si raccolgono le richieste e poi esiste un vero supermarket (il mercato sociale). 

Tra i volontari che oggi stanno dando una mano c’è Silvana Denicolò, l’assessore alla cultura e allo sport del Municipio di Ostia. Dice che da quando è cominciata la pandemia sono state distribuite dal Municipio, tra la Centrale della Solidarietà e il Mercato Sociale, trenta tonnellate di generi alimentari a circa 3000 persone ( tutte provenienti da donazioni di privati cittadini). Silvana Denicolò ci racconta anche di non sapere quale sia la procedura per prendere i beni e suggerisce di scrivere alla presidente del Municipio, Giuliana Di Pillo. Poi aggiunge: «Le uniche cose che so sono quelle che ho visto l’altro giorno, quando è venuta una persona che ha chiesto “Come devo fare?” E le hanno detto di scrivere una email. Tutte le persone devono scrivere una email». Continua Denicolò: «Ovviamente sono verificate perché devono avere una problematica dovuta al Coronavirus, almeno che non siano proprio indigenti totali e ne abbiano diritto a prescindere». E ancora, smentisce, da noi sollecitata, l’ipotesi che per usufruire dei servizi di assistenza si dovranno svolgere lavori di utilità, riferendo, infine, «che ci sono delle tessere che vengono caricate con dei punti e che si proseguirà fino a che ci saranno delle donazioni…» 

L’assessore ha ragione. Non ci sarà nessun lavoro da svolgere. Ciò che in verità l’assessore dimentica di riferire, però, è ciò che racconta, invece, un verbale della giunta del municipio X che risale ad appena due giorni prima, al 13 maggio, quando una deliberazione della stessa giunta del Municipio propone e infine approva un nuovo disciplinare, in particolare, cancellando l’articolo 5, “la banca del tempo” modificandolo con una nuova dizione, che recita così: «i singoli beneficiari del sostegno o i componenti del nucleo familiare potranno partecipare attivamente alle attività del progetto con attività di volontariato all’interno dello stesso mercato». Non solo. «Tutti i casi di partecipazione attiva verranno inseriti nel progetto curato dai servizi sociali municipali», è la formulazione ambigua, così come altrettanto ambigua appare la formula del patto sociale da sottoscrivere, e in cui si avverte che «sono esposti prodotti integri dal punto di vista igienico sanitario: prodotti prossimi alla scadenza o che possono aver oltrepassato la data da consumarsi preferibilmente entro… quindi, in quest’ultimo caso, che sono prodotti che possono subire variazioni solo dal punto di vista organolettico». Sono le parole ambigue della politica istituzionale al tempo della pandemia. 

Un progetto pilota. E in questo, Ostia non sembra sola. Come aveva detto la sindaca Virginia Raggi il giorno dell’inaugurazione: «Il Mercato Sociale di Roma Capitale è un progetto avviato in via sperimentale ma che vorremmo estendere in tutta Roma. Già altri Municipi sono al lavoro per replicare il modello nei territori». In effetti,  come riporta Fan Page, il progetto era stato approvato anche nel IV Muncipio, ultimo atto della presidente pentastellata Roberta Della Casa, prima di essere sfiduciata il 13 maggio dalla sua stessa maggioranza. Nella delibera era contenuta una “scheda di progetto” , in cui veniva riportato il percorso che i cittadini avrebbe dovuto fare per accedere al programma di sostegno alimentare. E alla voce “Modalità e tempistiche per il coinvolgimento dei partecipanti” veniva riportato che avrebbero dovuto fare “turni da quattro, otto o due ore da svolgere nell’arco della giornata”. Un progetto di lavoro socialmente utile per i poveri, una visione penta stellata della solidarietà, che si sta estendendo anche ad altri municipi della Capitale. Come a Tor Pignattara, dove se ancora la delibera della Giunta di Giovanni Boccuzzi non è stata ancora approvata, è stata già decisa la sede di una altro “mercato sociale”: i box del mercato Laparelli.

Rossa. Tra le voci che si sono alzate contro il Mercato Sociale di Ostia, oltre a quelle di alcuni partiti politici, della Cgil e di altre associazioni romane, ci sono anche quelle della rete di solidarietà Rossa. La rete Operativa di Solidarietà e Mutuo Soccorso Acilia-Ostia è nata con l’epidemia, mettendo insieme varie associazioni del territorio e più di cinquanta volontari, uniti per far fronte alle conseguenze sociali e alle perdite di reddito dovute al Coronavirus. Durante il lockdown, la rete si è organizzata creando un sistema di raccolta e distribuzione di pacchi alimentari, messi insieme grazie alle donazioni dirette dei residenti e a un crowdfunding organizzato su Facebook. Incontriamo alcuni dei suoi rappresentanti nel loro quartiere generale. Ad Acilia. Ci raccontano che nelle settimane di aprile alcuni dei pacchi che consegnavano erano forniti anche dal Municipio. Anche l’ente infatti aveva attivato un proprio sistema di distribuzione di aiuti alimentari,  appoggiandosi sulla Protezione Civile, sulla Guardia di Finanza e sul contributo di qualche associazione. Tuttavia, poco prima dell’inaugurazione del Mercato quel dialogo si è interrotto. Il meccanismo degli aiuti si è istituzionalizzato. Il problema è che, secondo gli attivisti, questo è avvenuto nel peggiore dei modi. «Ora sembra che, grazie alle proteste, qualche passo indietro l’abbiano fatto – dice Gabriele – ma all’inizio il programma prevedeva l’acquisto di beni con una card che poteva essere ricaricata attraverso lavori gratuiti prestati al Comune». Un modello di welfare che, come giustamente è stato fatto notare, rischia di colpevolizzare la povertà finendo per istituzionalizzare la disuguaglianza invece di curarla. 

Tra l’altro, come sottolineano i ragazzi di Rossa, l’idea di ore di lavoro in cambio di beni appare ancora più grave in un contesto come quello del decimo municipio, con una delle percentuali più alte di disoccupazione di Roma e con il reddito pro-capite tra i più bassi. Un contesto che sembra aver abdicato ai più fondamentali diritti di cittadinanza, tra cui quello al lavoro, senza che né le amministrazioni di destra né quelle di sinistra siano mai riuscite a modificarne il corso. L’economia di Ostia e Acilia, infatti, si basa per lo più sulla balneazione e il commercio stagionali che «si sa – dice Gabriele  producono soprattutto  lavori di tipo precario e difficilmente contrattualizzabili». Anche Diletta è dello stesso parere: nel X municipio il lavoro non esiste, niente contratti, contributi e malattie, nessuna tutela. «Io da anni ho smesso di lavorare ad Acilia e Ostia. Da quando ho la macchina vado a Trastevere, Monteverde o sulla Portuense, dove trovo condizioni più umane. Se per fare la cameriera a Monteverde mi danno 50 euro in nero, qui me ne danno infatti 35, per lavorare il triplo e da sola». In questo scenario riconoscere istituzionalmente forme di lavoro non retribuito, significa contribuire ad un modello culturale ed economico i cui danni sono sotto gli occhi di tutti. Qui,  più che altrove,  il lavoro andrebbe invece creato e regolarizzato.  E i sistemi di welfare, anche quelli improvvisati in piena pandemia, progettati non per «socializzare la fragilità» ma per risolverla, tenendo conto delle inefficienze strutturali che hanno contribuito a crearla. Invece, quattro anni dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Municipio, il commissariamento prefettizio e le successive elezioni che hanno visto il formarsi di una maggioranza a cinque stelle, a Ostia, sembra persistere un vuoto istituzionale che ha fatto perdere fiducia agli abitanti (durante le ultime elezioni municipali del 2017 quasi due elettori su tre non sono andati a votare) ma anche alle associazioni, che non ritrovano nelle istituzioni locali interlocutori in grado di rispondere, per incapacità o malafede, alla complessità dei problemi del territorio. 

Oltre il mercato, un’occupazione passata sotto silenzio. «Dopo tutto il clamore del 2017 in seguito alla testata del boss Roberto Spada al giornalista Daniele Piervincenzi, e le polemiche sul proliferare di organizzazioni di estrema destra, oggi, in piena pandemia assistiamo ad un’occupazione, su cui nessuno, né la Presidente di Municipio Di Pillo, né i media, si sono espressi, tranne poche eccezioni». Diletta fa riferimento all’occupazione di una serie di prefabbricati in via Balestrieri a Ostia di proprietà dell’Aeronautica Militare e del Ministero della Difesa,  avvenuta il 30 aprile scorso ad opera di alcuni militanti di Casa Pound. Nonostante sulla vicenda ci siano state già proteste e anche interrogazione parlamentari, e si registri la mobilitazione dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi), le istituzioni capitoline e lo stesso Ministero della Difesa che ha la proprietà dello stabile non si pronunciano. Secondo i militanti di Casa Pound l’occupazione sarebbe a scopo abitativo, tuttavia lo spazio composto principalmente di prefabbricati in lamiera e dotato di un enorme area verde, farebbe presagire tutto il contrario. «Tra poco le famiglie che sono state messe là verranno cacciate e quello, come si sa, verrà trasformato in uno spazio aggregativo – dice sempre Diletta – Sarà il più grande centro di neo-fascisti non solo di Roma ma d’Italia». Un dato allarmante se si considera che, come riportava Internazionale in un reportage del 2017, la storia delle strade di Ostia è è costellata di episodi di violenza di matrice politica e razzista. E che, anche lo stesso consigliere municipale di Casa Pound, Luca Marsella, è stato condannato per aver minacciato, quando era candidato alla presidenza del Municipio, tre studenti del Liceo Anco Marzio, colpevoli di voler organizzare un presidio contro l’inaugurazione di una delle sedi del movimento.
Intanto, proprio ieri alcuni militanti di Casapound, guidati dal consigliere municipale Luca Marsella, hanno duramente contestato l’arrivo della sindaca di Roma, Virginia Raggi, nel mercato al centro di Ostia, dove la prima cittadina si era recata per verificare l’applicazione delle misure di sicurezza nel giorno di riapertura. “C’è la gente che muore di fame e voi venite qui a fare le passerelle” – queste le parole del consigliere di Casapound  riportate dall’agenzia Ansa.

Questa è stata Ostia durante la pandemia. Un luogo in cui la politica, i vuoti istituzionali e la precarietà sociale e economica si sono intrecciati con la solidarietà e la voglia d’immaginare un futuro migliore.  E se fra tutte una sensazione rimane è che del litorale Sud di Roma  che fa lo stesso numero di abitanti di Venezia  e che spenta l’eco delle serie tv ora non fa più notizia  si tornerà presto a parlare. 

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Gaetano De Monte

Giornalista

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Asia Leofreddi

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