di Nadia Angelucci. Giornalista e scrittrice.
L’America Latina è un continente che negli ultimi anni è stato attraversato da un forte movimento femminista, inclusivo anche se complesso e variegato. In questo contesto nasce l’esperienza del progetto di comunicazione femminista Con Efe.
«È uno spazio ambizioso, un progetto di pura fede, in cui l’attivismo e la militanza sono l’asse portante. Siamo donne di fede che sentono il bisogno di condividere un cammino di spiritualità in cui l’ascolto e la condivisione sono la nostra forza, in cui sentiamo di essere sorelle fatte a immagine di Gesù e di dio. Sentiamo di essere arrivate ad un punto in cui non vogliamo più dover abbassare la testa davanti al sistema patriarcale e non vogliamo essere complici, con il silenzio, della violenza che si vive anche nelle nostre comunità di fede».
Claudia Fiorentin è tra le fondatrici di Con Efe, un progetto di comunicazione femminista che dichiara esplicitamente di voler interpretare il mondo attraverso la Fede, il Femminismo e il Femminile.
«Con Efe vuole essere uno spazio epistemologico e uno spazio teologico al servizio della comunicazione e dell’educazione. Comunicazione ed educazione che liberano, che emancipano, con un alto senso di impegno nel pensiero critico e trasformativo. In questo senso, Con Efe deve essere, quindi, “luogo di enunciazione”, “luogo di enunciazione” assunto e da assumere, luogo di enunciazione da abitare, da cui si può esercitare l’azione di comprensione ermeneutica nella chiave del Femminismo, nella chiave del Femminile, nella chiave della Fede» si legge nella presentazione del progetto.
Non è strano che una elaborazione così avanzata su questi temi arrivi dall’America latina, un continente che negli ultimi anni è stato attraversato da un forte movimento femminista, inclusivo anche se complesso e variegato, che si è coagulato soprattutto intorno al tema della violenza e dei diritti sessuali e riproduttivi. La policromia di questo movimento, che comprende oltre alle donne di estrazione urbana, contadine, afrodiscendenti, indigene, lesbiche, transessuali e lavoratrici del sesso, comprende anche una componente legata alla fede.
«Due anni fa abbiamo organizzato, per l’otto marzo, la prima marcia delle donne di fede. A partire da quel momento è nato spontaneamente un movimento di donne di fede che ha cominciato ad esprimere il proprio desiderio di scendere nelle strade e nelle piazze e che si definiva femminista; un gruppo consistente di donne che non trovava spazio e comprensione nelle proprie chiese».
Florentin, che si dall’infanzia è stata in contatto con le comunità di fede legate al protestantesimo, ha una laurea in teologia e una in comunicazione. Ha lavorato con la chiesa valdese svolgendo attività pastorali, con l’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana, e negli ultimi 14 anni è stata coordinatrice del sito di informazione latinoamericana ALC Noticias.
«Con Efe nasce da un mio desiderio prepotente di dare una risposta alle tantissime donne che ho conosciuto in tutto il continente sudamericano e che, come me, hanno vissuto la mia stessa frustrazione. Donne di fede che vivono situazioni di inferiorità a causa di una errata interpretazione umana della lettura biblica, che stanno lottando per il diritto a decidere sul proprio corpo, che lottano per una vita senza violenza, perché le bambine non debbano vivere abusi, perché si possa scegliere una vita libera. Volevamo uno spazio nostro, in cui esercitare la nostra autonomia, perché ho imparato è che anche nelle comunità di fede più progressiste se vuoi uno spazio devi chiedere il permesso a qualcuno».
E questo è Con Efe. Uno spazio in cui costruire ponti, reti di sorellanza tra donne, spiritualità e speranza per vivere la fede; un luogo dove sentirsi accompagnate ed accompagnare le tante donne che, avendo iniziato un cammino nel femminismo nella difesa dei propri diritti a vivere una vita senza violenza si trovano a non avere spazio nella chiesa.
«Ho dovuto far un profondo lavoro su me stessa per conciliare la mia fede con questa necessità forte di trasformare il mio punto di vista sul mondo a partire dal genere. Sono una donna cresciuta in un contesto caratterizzato da stereotipi, disposizioni e una sorta di obbedienza implicita ai ruoli. Quando ho incontrato il femminismo, quando ho cominciato ad avere relazioni pastorali con donne forti e consapevoli, ho intrapreso un cammino senza ritorno. Faccio i conti tutti i giorni con la mia condizione di credente e femminista, mi chiedo continuamente come tenere insieme, e far sì che si alimentino a vicenda, questi due ambiti che entrambi fanno di me ciò che sono. Essere femminista e credente ha un prezzo, e soprattutto è una responsabilità che si vive decostruendo tutti i giorni le nostre certezze e mettendo in discussione tutto ciò che è culturalmente sedimentato».
[pubblicato su Confronti 07-08/2020]
Nadia Angelucci
Giornalista e scrittrice.