di Igiaba Scego. Scrittrice, ricercatrice e giornalista.
In Italia – e ancor di più durante la pandemia da Covid-19 – l’artista è visto come un “arredo”, qualcosa di superfluo che «ci fa tanto divertire» e non l’architrave (e la coscienza) della nostra bella Italia.
Oggi voglio parlarvi di me. Sono un’artista e come sapete non è mai stato facile esserlo. Ricordo ancora quando ho detto ai miei genitori che volevo fare la scrittrice. Tutto mi portava a quello. Amavo molto leggere, creare e fin dalla prima pagella delle elementari era già scritto tutto quello che mi riguardava «ha la testa tra le nuvole», «è creativa», «è timida».
All’inizio in verità volevo studiare i dinosauri, ma la lettura di Cent’anni di solitudine fatta a scuola (avevo una professoressa Claudia Patuzzi che ci spingeva a leggere libri fuori dal canone scolastico e che ancora ringrazio perché mi ha aperto un mondo) mi aveva convinto che dovevo dedicarmi anima e corpo alla letteratura.
Mia madre voleva vedermi medico e mio padre sognava per me una carriera politica. Io invece volevo avere a che fare con le parole.
Non è stato subito chiaro che l’arte sarebbe stata la mia seconda pelle, ma più andavo avanti, più mi inoltravo nella selva dei Cervantes, delle Toni Morrison, dei Machado de Assis mi risultava chiaro che potevo raccontare quello che ero e fare letteratura non egemonica. E così dopo la laurea ho cominciato, all’inizio scrivendo di sport e musica, a inoltrarmi in questo mondo
misterioso di sogni, immagini e parole. E ora eccomi, vari libri dopo, qui con voi.
Ma essere artisti nella nostra Italia non è facile. L’artista è visto come un arredo della nazione, qualcosa di superfluo che «ci fa tanto divertire» e non l’architrave (e la coscienza) della nostra bella Italia.
L’artista è sottopagato, sottostimato e rispetto ai colleghi/e in Francia e Germania ha molte meno tutele. E questo ogni artista lo sa, a prescindere dalla sua specializzazione.
E per questo che durante il lockdown, quando tutto si è fatto ancora più difficile per noi artisti/e, che un gruppo di noi si è riunito su Zoom e ha cominciato a parlare della propria condizione.
L’idea di pensare a una Casa Artista italiana, su modello di quello francese, è venuto a Barbara Pietrasanta (pittrice) e Roberto Scarpetti (drammaturgo) e poi si sono uniti via via Rino Bianchi (fotografo), Elisabetta Carosio (regista e scenografa), Michele Corleone (fotografo) Antonio Dalle Rive (artista visivo), Elvira Frosini (attrice e drammaturga), Renato Galbusera (pittore), Nicola Lo
Calzo (fotografo), Beatrice Monroy (scrittrice e drammaturga), Maddalena Parise (artista visiva), Maurizio Pancotti (musicista), Diego Pasqualin (scultore), Massimiliano Scuriatti (scrittore), Daniele Timpano (attore e drammaturgo), Caterina Venturini (scrittrice e sceneggiatrice) e la sottoscritta.
Il tutto ha preso forma a fine luglio con un manifesto e una raccolta firme.
Nel Manifesto si ribadisce una cosa ovvia, ma che nel nostro paese sfugge a molti.
La ricerca artistica va tutelata esattamente come la ricerca scientifica.
Ora il dado è tratto. Tutti noi del comitato promotore ora ci stiamo impegnando attraverso vari strumenti, anche un gruppo Facebook per chiamare a raccolta colleghi/e, affinché questa idea si realizzi.
I sogni vanno realizzati. Anche perché solo attraverso la difesa e la valorizzazione della ricerca e della pratica artistica si potrà rilanciare il sistema Italia fortemente colpito dalla crisi causata dal Covid-19.
Un sistema che deve molto, va ricordato, al suo patrimonio artistico. Per firmare la petizione e per i dettagli dell’iniziativa si può consultare il sito
www.casaartista.it.
[pubblicato su Confronti 09/2020]
Igiaba Scego
Scrittrice, ricercatrice e giornalista.