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Elezioni regionali e referendum, rallenta la ventata populista

by Franco Ippolito

di Franco Ippolito. Presidente della Fondazione Lelio e Lisli Basso, già presidente di Magistratura democratica.

I risultati del referendum e l’esito delle elezioni regionali evidenziano un progressivo rallentamento della ventata populista. 

L’analisi del voto referendario per provenienza territoriale, generazionale e per livello di informazione dei votanti (cfr. Nando Pagnoncelli su Il Corriere della sera, 23 settembre) testimonia di una significativa, anche se minoritaria, autonoma articolazione della scelta, nonostante le sceneggiate propagandistiche della sforbiciata delle poltrone. L’esito del voto regionale dimostra che di fronte ai problemi reali (pandemia e crisi economica, a cui soltanto una coordinata risposta europea può far fronte) non basta più inventare l’invasione dei migranti o urlare contro la tecnocrazia di Bruxelles, rappresentata come espressione della “casta”. Gli elettori non si accontentano più di slogan e cercano piuttosto risposta ai problemi che rendono difficile la vita quotidiana. 

Non sembra, tuttavia, profilarsi una ripresa di fiducia nella politica. Il successo dei quattro presidenti regionali uscenti (evidenziato dalla rilevante affermazione delle loro liste personali) conferma la tendenza verso la personalizzazione della leadership e la persistente sfiducia verso quello strumento di democrazia che è stato, nella seconda metà del novecento, il partito politico. È questo il tema che va assunto al centro della riflessione. Il nesso tra dignità e sviluppo della persona, partito, rappresentanza politica e democrazia rappresenta il cuore del modello di ordinamento e di società delineato dalla Carta costituzionale. Crisi dei partiti, difficoltà della rappresentanza, perdita di ruolo del parlamento sono aspetti differenti del medesimo problema e vanno affrontati insieme, sia pure con articolazione graduale delle proposte di soluzione.

È questa convinzione che, insieme a Gaetano Azzariti e Maria Luisa Boccia (manifesto, 15 settembre), ci ha spinti a mettere al centro della nostra analisi non tanto la risposta al quesito referendario (non è solo questione di numero dei parlamentari), quanto la marginalizzazione del Parlamento e la sua perdita di rappresentatività, con conseguente necessità di una battaglia per una democrazia costituzionale pluralista e conflittuale, che ponga al centro del sistema l’organo della rappresentanza politica e i soggetti del pluralismo. I profili da affrontare sono molteplici, a cominciare da una vera legge elettorale proporzionale della riforma dei regolamenti parlamentari, la cui modifica non è solo problema di funzionalità, ma questione politica.

Occorre una vera legge elettorale proporzionale, che restituisca agli elettori la scelta dei propri rappresentanti, mettendo fine al potere assoluto di chi confeziona le liste dei candidati, e che garantisca il pluralismo politico, cioè la rappresentanza a secondo del suffragio ottenuto dalle forze in campo, con particolare attenzione alla non esclusione delle voci e forze minoritarie, più idonee a intercettare quei cittadini – singoli, ma anche movimenti, associazioni, formazioni sociali, culture – che non riescono più a partecipare per concorrere a determinare la politica nazionale. 

Occorre ripristinare un vero dibattito in Parlamento tra le diverse forze e garantire l’autonomia dell’attività parlamentare dal governo, rivedendo il contingentamento dei tempi, il ruolo delle commissioni parlamentari, la possibilità di emendamenti dei singoli parlamentari, oggi ridotta ai minimi termini a fronte del potere del governo di presentare maxiemendamenti sostitutivi, su cui chiedere la fiducia. Per la legge elettorale, non si tratta soltanto di superare l’ubriacatura maggioritaria che ha prodotto leggi incostituzionali, accresciuto l’astensionismo, privando di possibilità di rappresentanza rilevanti settori dell’elettorato, ed ha avvelenato la lotta politica tra contrapposti schieramenti, con neutralizzazione di ogni elemento di equilibrio.

Occorre una vera legge elettorale proporzionale, che restituisca agli elettori la scelta dei propri rappresentanti, mettendo fine al potere assoluto di chi confeziona le liste dei candidati, e che garantisca il pluralismo politico, cioè la rappresentanza a secondo del suffragio ottenuto dalle forze in campo, con particolare attenzione alla non esclusione delle voci e forze minoritarie, più idonee a intercettare quei cittadini – singoli, ma anche movimenti, associazioni, formazioni sociali, culture – che non riescono più a partecipare per concorrere a determinare la politica nazionale. E questo ci riporta al tema dei partiti politici e alla necessità di ritrovare il compito che la Costituzione assegna loro, prescrivendo come essenziale condizione-requisito il metodo democratico (art. 49). Per riattivare un rapporto tra partecipazione dei cittadini e politica democratica è necessario promuovere e alimentare una vasta discussione sui temi della democrazia parlamentare e della rappresentanza politica.  

[pubblicato su Confronti 10/2020]

Franco Ippolito

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Presidente della Fondazione Lelio e Lisli Basso, già presidente di Magistratura democratica.

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