Bielorussia. Il Paese si è svegliato e, forse, non si addormenterà più - Confronti
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Bielorussia. Il Paese si è svegliato e, forse, non si addormenterà più

by Luigi Sandri

di Luigi Sandri. Redazione Confronti

Le attuali e turbolente vicende della Bielorussia (=Russia bianca), così come quelle del passato, si comprendono se si conosce la geografia. A partire da cinque secoli fa, questo Paese fu, di volta in volta, dominato da Lituania, Polonia, Russia, cioè dai “vicini”. Problemi politici, nazionali, sociali e religiosi si mescolarono. A proposito di religione: la maggioranza dei vescovi legati alla metropolia di Kiev accettò, in un Sinodo celebrato nel 1596 a Brest, Bielorussia, di accettare il primato papale, in cambio del riconoscimento del rito bizantino e della sua disciplina ecclesiastica (che prevede il clero uxorato). L’Unione di Brest è sempre stata considerata dal patriarcato di Mosca un tentativo di spaccare l’Ortodossia; e perciò chiama spregiativamente “uniati”, cioè sottomessi a Roma, i greco-cattolici. Nel 1922 la Bielorussia – con la dominante Russia e poi l’Ucraina e la Federazione transcaucasica – crea l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche che poi si allargherà fino a comprenderne quindici. L’attacco hitleriano del 1941 all’Urss punta sulla Bielorussia, come una delle sue prime “prede”. Nell’86 il disastro di Chernobyl, che pure è in Ucraina, provoca enormi danni alle zone bielorusse confinanti. Nell’agosto del ‘91, quando l’Urss sta crollando, il Paese si proclama indipendente. Nel ‘94 va al potere Aljaksandar Lukashenka (in russo: con la “o” finale) che è stato dapprima rieletto per due mandati, di cinque anni ciascuno; poi nel 2004 un referendum ha approvato una riforma costituzionale, che ha abolito i limiti di mandato. E così egli (classe 1954) è stato rieletto per sei volte, fino al 9 agosto scorso quando, secondo i dati ufficiali, ha ottenuto l’80,10% dei 5,3 milioni di votanti. Questa volta, però, l’ingranaggio del consenso si è rotto. Infatti, le opposizioni sono scese in piazza: praticamente ogni week-end, da allora fino a fine settembre, è stato caratterizzato da proteste, con cento o duecentomila persone per le strade, a gridare contro i brogli elettorali; brutale la risposta delle forze dell’ordine, con centinaia e centinaia di persone – in prima fila ragazze – pestate, incarcerate e, alcune, “sparite” (come Maria Kolesnikova, volto noto dell’opposizione bielorussa). La leader di questa, Svetlana Tikhanovskaya, dall’11 agosto riparata in Lituania, ha chiesto all’Unione europea di non riconoscere “elezioni farsa”. Appello accolto da Bruxelles.
In un quarto di secolo di potere, Lukashenko ha cercato, per far affari, di guardare all’Occidente, ma senza distogliere l’occhio dal Cremlino. Però la politica dei “due forni” si è inceppata, ora che sia l’Ue che gli Usa mettono in dubbio il risultato del 9 agosto.

In un quarto di secolo di potere, Lukashenko ha cercato, per far affari, di guardare all’Occidente, ma senza distogliere l’occhio dal Cremlino. Però la politica dei “due forni” si è inceppata, ora che sia l’Ue che gli Usa mettono in dubbio il risultato del 9 agosto. E così al “presidente” è rimasta solo una carta sicura: ricorrere alla Russia che, con Putin, ha sempre vagheggiato una specie di risurrezione dell’Urss, formata dalle sue ex repubbliche slave. Il 14 settembre i due leader si sono incontrati a Soci: e il capo della Russia, dopo aver ribadito la “correttezza” delle elezioni di agosto, ha garantito al “fratello” un aiuto sostanziale: un prestito (o dono?) di 1,5 miliardi di dollari per sostenere la traballante economia bielorussa, e prezzi di favore per petrolio e gas. Inoltre, la conferma di manovre militari congiunte. Come e se – malgrado l’appoggio delle forze armate – Lukashenko possa reggere a lungo, è tutto da vedere. La Bielorussia ormai si è svegliata, e anche là regimi autoritari e antidemocratici non possono durare perché, essendo grama la vita della gente, il tessuto sociale si corrode sempre più, invocando riforme audaci. 

In tale contesto, quale la situazione religiosa del Paese?

In tale contesto, quale la situazione religiosa del Paese? Il 50% dei bielorussi appartiene all’esarcato legato alla Chiesa ortodossa russa; il 40% sono atei; il 7% cattolici. Il Santo Sinodo russo a fine agosto ha nominato metropolita di Minsk il vescovo bielorusso Veniamin (classe 1968). Questi, nel suo primo discorso, ha caldamente invitato la popolazione a risolvere con il dialogo, e senza violenza, i problemi incombenti sul paese (ma senza dire una parola sulla legittimità o meno delle recentissime elezioni presidenziali). Poi, il 6 settembre egli è stato ricevuto con tutti gli onori, a Mosca, dal patriarca Kirill. Il quale ha auspicato che la Chiesa ortodossa, in Bielorussia, non si divida e contrapponga come drammaticamente è accaduto in Ucraina. Ipotesi peregrina che oggi non si pone; ma, domani? Uscito di scena Lukashenko – prima o poi accadrà – chi può escludere che a Minsk nasca la voglia di una Chiesa bielorussa autocefala, in nessun modo legata a quella russa?  

[pubblicato su Confronti 10/2020]

Luigi Sandri

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