di Luigi Sandri. Redazione Confronti
In un quarto di secolo di potere, Lukashenko ha cercato, per far affari, di guardare all’Occidente, ma senza distogliere l’occhio dal Cremlino. Però la politica dei “due forni” si è inceppata, ora che sia l’Ue che gli Usa mettono in dubbio il risultato del 9 agosto.
In un quarto di secolo di potere, Lukashenko ha cercato, per far affari, di guardare all’Occidente, ma senza distogliere l’occhio dal Cremlino. Però la politica dei “due forni” si è inceppata, ora che sia l’Ue che gli Usa mettono in dubbio il risultato del 9 agosto. E così al “presidente” è rimasta solo una carta sicura: ricorrere alla Russia che, con Putin, ha sempre vagheggiato una specie di risurrezione dell’Urss, formata dalle sue ex repubbliche slave. Il 14 settembre i due leader si sono incontrati a Soci: e il capo della Russia, dopo aver ribadito la “correttezza” delle elezioni di agosto, ha garantito al “fratello” un aiuto sostanziale: un prestito (o dono?) di 1,5 miliardi di dollari per sostenere la traballante economia bielorussa, e prezzi di favore per petrolio e gas. Inoltre, la conferma di manovre militari congiunte. Come e se – malgrado l’appoggio delle forze armate – Lukashenko possa reggere a lungo, è tutto da vedere. La Bielorussia ormai si è svegliata, e anche là regimi autoritari e antidemocratici non possono durare perché, essendo grama la vita della gente, il tessuto sociale si corrode sempre più, invocando riforme audaci.
In tale contesto, quale la situazione religiosa del Paese?
In tale contesto, quale la situazione religiosa del Paese? Il 50% dei bielorussi appartiene all’esarcato legato alla Chiesa ortodossa russa; il 40% sono atei; il 7% cattolici. Il Santo Sinodo russo a fine agosto ha nominato metropolita di Minsk il vescovo bielorusso Veniamin (classe 1968). Questi, nel suo primo discorso, ha caldamente invitato la popolazione a risolvere con il dialogo, e senza violenza, i problemi incombenti sul paese (ma senza dire una parola sulla legittimità o meno delle recentissime elezioni presidenziali). Poi, il 6 settembre egli è stato ricevuto con tutti gli onori, a Mosca, dal patriarca Kirill. Il quale ha auspicato che la Chiesa ortodossa, in Bielorussia, non si divida e contrapponga come drammaticamente è accaduto in Ucraina. Ipotesi peregrina che oggi non si pone; ma, domani? Uscito di scena Lukashenko – prima o poi accadrà – chi può escludere che a Minsk nasca la voglia di una Chiesa bielorussa autocefala, in nessun modo legata a quella russa?
[pubblicato su Confronti 10/2020]
Luigi Sandri
Redazione Confronti