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Organizzare il mondo

by Samuele Pigoni

di Samuele Pigoni. Direttore della Fondazione Time2. Si occupa di management, progettazione sociale e filosofia

La pandemia si sta rivelando un potente acceleratore, capace – come ogni crisi sistemica – di manifestare le strutture profonde della realtà. Questo nonostante il fatto che, quanto stiamo vivendo, non ha le caratteristiche dell’evento catastrofico, molto raro e che esula da ciò che normalmente possiamo prevedere in campo storico, scientifico, finanziario e tecnologico.

La pandemia si sta rivelando un potente acceleratore capace, come ogni crisi sistemica, di manifestare le strutture profonde della realtà.

La storia umana è storia sociale perché in ogni epoca siamo il risultato dell’organizzazione attraverso la quale negoziamo le relazioni tra di noi, con l’ambiente e le altre specie.

Qualunque cosa ci accade – una malattia, un evento catastrofico, un’epidemia – accade all’interno della cornice organizzata di significati e relazioni utili a sopravvivere e progredire e in questo senso le epidemie sono fenomeni umani, prodotto dell’organizzazione del mondo.

In questi mesi molti di noi hanno visto nel virus un agente puramente naturale venuto a dare lezioni di yoga e redenzione alle nostre esistenze troppo indaffarate.

Una sorta di rivolta della Terra contro noi umani. In realtà, diffusione ed effetti del virus sono infinitamente più legati alla storia sociale che non alla potenza della natura.

Come ha fatto notare in una bella intervista rilasciata a Doppiozero il filosofo e psicoanalista Romano Madera, rispetto alle nostre capacità economiche, sociali, tecniche e scientifiche, «il pericolo di una malattia infettiva potrebbe essere significativamente circoscritto e superato in modo molto più efficace di quanto è accaduto e accadrà».

L’Organizzazione mondiale della sanità prescrive il controllo delle capacità di far fronte alle epidemie ogni tre anni ma in Italia ne sono passati nove senza simulazioni (negli Stati Uniti ancora di più).

Dunque il problema non sembra essere nei virus che sempre ci sono stati e ci saranno ma nell’allocazione delle risorse, nelle priorità tecnologiche e scientifiche, nella preparazione e negli accantonamenti per le emergenze.

Sulla stessa linea d’onda è Nassim Nicholas Tale autore del best seller Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita.

Dopo averci insegnato che certi snodi fondamentali della storia sono frutto più del caos che di una causalità lineare e prevedibile il filosofo libanese, in un’intervista rilasciata al New Yorker, mette in guardia nel leggere la pandemia attraverso la metafora del “cigno nero”.

Quanto stiamo vivendo non ha le caratteristiche dell’evento catastrofico, difficile da prevedere, molto raro e che esula da ciò che normalmente possiamo prevedere in campo storico, scientifico, finanziario e tecnologico. Tali eventi, i cigni neri, sono imprevedibili.

La pandemia era prevedibile e ci porta a riconsiderare la profonda fragilità dell’organizzazione che abbiamo dato al mondo, la profonda incapacità di considerare le priorità nella spesa pubblica e nel generare visioni di società capaci di stare al passo con le tendenze acceleratrici del capitalismo globale.

Non si tratta di tornare indietro ma di andare davvero avanti mettendo mano a politiche e investimenti utili a rendere sostenibile il mondo globale, interconnesso, dinamico, quel mondo che con tutte le sue storture, ci manca.

[pubblicato su Confronti 10/2020]

Samuele Pigoni

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