di Francesca Bellino. Giornalista e scrittrice
Per la prima volta i lettori italiani potranno conoscere e apprezzare l’opera poetica di Ghassan Zaqtan, uno dei maggiori scrittori palestinesi, grazie alla pubblicazione dell’antologia In cammino invocano i fratelli (Edizioni Q) curata e tradotta da Simone Sibilio.
Ghassan Zaqtan è considerato l’erede del più grande poeta arabo, il palestinese Mamhud Darwish (1941-2008), ed è figlio a sua volta di un poeta, Ḫalīl Zaqtan (1928-1980), uno dei massimi esponenti della cosiddetta ǧīl al-nakba, la generazione dei poeti testimoni diretti della guerra civile israelo-palestinese e dell’esodo forzato dei palestinesi nel ’48 dai territori occupati da Israele.
Essendo nato nel 1954, Zaqtan si colloca invece tra gli intellettuali post-nakba (post-esodo, la “catastrofe”). Ha trascorso in esilio gran parte della giovinezza, ha vissuto tra Giordania, Siria, Libano, Cipro e Tunisia finché non è riuscito a tornare in Palestina nel 1994, in seguito agli Accordi di Oslo. Ha vissuto a Ramallah ricoprendo incarichi prestigiosi, contribuendo alla vita culturale del paese e dedicandosi attivamente alla scrittura anche su quotidiani e riviste culturali. Ancora oggi vive in Palestina.
Zaqtan, come tutti gli artisti palestinesi, ha vissuto sentendo il dovere di proteggere il proprio passato personale e collettivo attraverso la narrazione. Le sue poesie sono impregnate del bisogno di custodire la memoria del Paese e di ricordare al popolo la sua identità.
Zaqtan, come tutti gli artisti palestinesi, ha vissuto sentendo il dovere di proteggere il proprio passato personale e collettivo attraverso la narrazione. Le sue poesie sono impregnate del bisogno di custodire la memoria del Paese e di ricordare al popolo la sua identità.
Lo sguardo agli spettri del passato e agli assenti è il cardine del suo slancio poetico insieme a un senso di irrimediabile perdita, ma, come sottolinea Simone Sibilio nella prefazione del volume, il focus delle sua poesia «non è “sulla Storia”, ma “sulle storie” di persone comuni, scrutate nei particolari dei loro microcosmi affettivi, in minuziose descrizioni di movimenti, gesti, azioni di vita quotidiana e, nondimeno, silenzi».
La scrittura di Zaqtan è stata, infatti, definita «poetica delle piccole cose». I suoi versi sono come un faro acceso sui dettagli: lo stupore dei fiori sopra un albero di melo, il pianto ancora acquattato accanto al sonno, le maniche imbrattate, le donne sole, il vetro caduto dal balcone, l’ululato del lupo, lampi e tuoni, la bimba sepolta viva, il soldato dimenticato in giardino dalla pattuglia.
Attraverso particolari e minuzie Zaqtan sfida l’oblio della grande Storia. Si muove abilmente in un passato cancellato tra luoghi perduti e atmosfere che non ha vissuto in prima persona. Il suo ricostruire in poesia il paesaggio palestinese, è più un tentativo di restituzione ed è, come precisa Sibilio, «inevitabilmente legato a un investimento immaginativo – o a un atto di memoria trasmessa – che esprime lo sforzo negoziale tra l’individuale e il collettivo».
Convinto che la poesia sia una delle forme espressive di maggiore efficacia per raggiungere il pubblico, Zaqṭān mette la sua parola a disposizione dei suoi antenati, dei vinti, degli umiliati, degli annientati, degli esclusi, diventando, come sottolinea Sibilio, «la voce degli assenti, traccia di memoria dei dispersi e degli esuli, dei dimenticati o finanche dei morti».
In più di trent’anni di attività, vanta dodici raccolte poetiche, quattro romanzi e numerosi riconoscimenti ottenuti nel mondo arabo e all’estero, ma finora i sui libri sono stati tradotti ampiamente solo in inglese.
In più di trent’anni di attività, vanta dodici raccolte poetiche, quattro romanzi e numerosi riconoscimenti ottenuti nel mondo arabo e all’estero, ma finora i sui libri sono stati tradotti ampiamente solo in inglese.
In cammino invocano i fratelli nasce proprio per colmare una lacuna negli studi di letteratura araba contemporanea in Italia e comprende una accurata selezione antologica di tre lavori recenti dell’autore: Ka-ṭayr min al-qašš…yatba‘unī (Come uccello di paglia, mi segue, 2008), Lā šāma tadull ummī ‘alayy (Nessun neo mi rivela a mia madre, 2014) e Mušāt yunādūna iḫwatahum (In cammino invocano i fratelli, 2015).
Un plauso va anche alla casa editrice che ha pubblicato il volume, Edizioni Q, fondata e diretta da Wasim Dahmash, docente, saggista e traduttore palestinese nato in Siria e residente in Italia dal 1965, che dal 1999 pubblica libri di poesia e letteratura provenienti dal mondo arabo-islamico con maggiore attenzione per gli autori palestinesi. Anche la copertina In cammino invocano i fratelli è firmata da un’artista palestinese, Laila Shawa, una dei talenti palestinesi formatisi all’Accademia delle Belle Arti di Roma tra il 1958 e il 1964, prima di tornare a Gaza sua città nativa.

Francesca Bellino
Giornalista e scrittrice