Riletture

di Igiaba Scego

di Igiaba Scego. Scrittrice, ricercatrice e giornalista.

Il “tempo sospeso” imposto dal lockdown nei mesi caldi di marzo e aprile ha dato la possibilità di riprendere in mano alcuni “libri del cuore” di cui, magari da molto tempo, non si sfogliavano più le pagine.

Durante il lockdown, nei mesi caldi di marzo e aprile, mi sono dedicata alle riletture. Ora con il senno di poi capisco che era un mio metodo per tranquillizzarmi, per andare in un terreno noto quando appunto la pandemia ci stava gettando nell’ignoto.

Confesso che come tutti e tutte ho avuto le mie preoccupazioni. Certamente la salute era in cima alla lista delle priorità, ma ricordo che in quei giorni quello che mi creava molta sofferenza era essere divisa ancora di più dalla mia famiglia.

I somali, soprattutto dopo la guerra (anche se il fenomeno risale all’inizio della dittatura), sono sparpagliati nei quattro cantoni della terra. Io scherzando dico sempre che sembriamo una multinazionale con filiali in tutti il mondo più che una famiglia.

E quando dico tutto il mondo è davvero tutto il mondo: un fratello in Australia, altri in Gran Bretagna, altri negli Stati Uniti, una manciata di cugini sparsi per i Paesi scandinavi, altri invece sparpagliati in Africa tra Nairobi e Capetown e così via.

Sono stati giorni di telefonate convulse, di arrivederci detti sull’orlo delle lacrime e con quella paura che covava in tutti noi di non rivederci più. Ci sentivamo in quei primi mesi in trappola. Poi anche se ancora siamo dentro questa storia (se saremo fortunati il dottor Fauci ha previsto che solo a Natale 2021 potremmo tirare il fiato e abbracciarci a più non posso) ora viviamo un clima di strana normalità che almeno, parlo per me, non mi fa sentire più tagliata fuori dagli affetti.

Mentre tutto diventava incerto, oltre a fare tanta ginnastica, ho cominciato a leggere libri che avevo già letto da giovanissima o addirittura da bambina.

Nei mesi estivi ho rivisto parte della mia famiglia, tutta è impossibile, e mi ha sollevato vederli, mi ha sollevato vederli in forma nonostante tutto. Invece in quei mesi di lockdown, come tutti/e voi, ho temuto il peggio. E sono state tante le cose che facevo dentro casa per non impazzire. Mentre tutto diventava incerto, oltre a fare tanta ginnastica, ho cominciato a leggere libri che avevo già letto da giovanissima o addirittura da bambina.

Ho ripreso in mano Piccole Donne di Louisa May Alcott. Quel libro è stata la prima lettura seria della mia generazione. Tutte le bambine ricevevano Piccole donne, e ricordo che mia madre che non ha potuto imparare a leggere (mia madre è stata nomade e non è stata scolarizzata) si è fatta consigliare dal libraio cosa prendere per me e arrivò a casa con due libri: Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen e Piccole donne di Louisa May Alcott. Lessi prima Austen e poi May Alcott. E quest’ultimo romanzo pur prendendomi molto, mi irritò come non mai. Era tutto sbagliato secondo il mio io bambino di allora. Non mi capacitavo che Jo March rifiutasse Laurie. Io che mi nutrivo di filmoni hollywoodiani, che vedevo con i miei genitori, ero una fan del lieto fine e quella ragazza impertinente, quella Jo, che rifiutava un ragazzo ricco, bello e che l’amava non la capivo proprio. Per poi finire con uno squallido – eh sì all’epoca lo consideravo squallido – maestro tedesco… no, non se ne parla.
Divenni scrittrice a causa di quel libro. Perché fu allora che iniziai a riscrivere le scene dei libri che volevo cambiare. Prendevo i grandi personaggi della letteratura e ne cambiavo la sorte.
Divenni scrittrice a causa di quel libro. Perché fu allora che iniziai a riscrivere le scene dei libri che volevo cambiare. Prendevo i grandi personaggi della letteratura e ne cambiavo la sorte. Non facevo morire Anchise per esempio, risparmiavo le tigri uccise da Sandokan e soprattutto facevo apparire Dulcinea del Toboso per il suo Don Chisciotte che era proprio uno strazio vederlo struggersi così. Insomma cambiavo tutto. Solo il tempo, e il mio essere femminista, arrivò a farmi capire che se Jo non voleva un vanesio come Laurie aveva le sue giuste ragioni. E nella lettura che ho fatto durante il lockdown, mi sono convinta quanto May Alcott, non solo avesse fatto bene a creare la sua Jo così perfetta e orgogliosa di sé, ma che è stata una maestra nel fare quell’affresco femminile che ha incantato generazioni di bambine. Ma non ho riletto solo May Alcott, sono state numerose le riletture. Foto di gruppo con signora di Heinrich Böll fino ad arrivare a rileggere almeno un paio di libri della Atwood, che si è stata riscoperta ora, ma io l’avevo letta a 20 anni, tanto da avere ancora un paio di copie logore nello scaffale. Quello che mi è piaciuto di queste riletture, oltre ad aver domato la mia ansia, è stato capire quanto un libro non invecchi mai. Un libro riesce sempre a far vedere lati inediti di sé. La rilettura più che del libro, parla di noi, di come siamo diventati e di come diventeremo ancora. Rileggere i libri in fondo ci mette dentro una macchina del tempo dove passato, presente e futuro dialogano. Una pratica che la forzata stasi del lockdown mi ha fatto riscoprire e che credo non abbandonerò più. [pubblicato su Confronti 10/2020]
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Igiaba Scego

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