Covid-19. La pandemia non ferma le migrazioni - Confronti
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Covid-19. La pandemia non ferma le migrazioni

by Michele Lipori

di Michele Lipori. Redazione Confronti

In un report rilasciato lo scorso dicembre, l’Unhcr rileva che, all’inizio del 2020, il numero di migranti forzati (a causa di conflitti, persecuzioni e violazioni dei diritti umani) era pari a circa 79,5 milioni. Un numero già di per sé enorme che però, a giugno dello stesso anno, è salito a oltre 80 milioni e questo nonostante le restrizioni ai movimenti dovute al Covid-19 e le richieste delle Nazioni Unite per un “cessate il fuoco globale” durante la pandemia. In questo numero sono compresi 45,7 milioni di sfollati interni, 29,6 milioni di rifugiati o persone costrette a lasciare il proprio Paese contro la propria volontà e 4,2 milioni di richiedenti asilo. 

La pandemia, dunque, non ha affatto arrestato i flussi migratori ma acuito i fattori che spingono le persone a migrare (push factor). Inoltre, il Covid-19 ha reso ancor più pericolosi gli spostamenti ma anche il soggiorno nei campi profughi. Infine, l’emergenza sanitaria ha fornito ai governi una motivazione per attuare maggiori modifiche alle proprie politiche migratorie, in senso restrittivo, talvolta al limite della legalità.

Pochissime le eccezioni, rappresentate da quei governi che nel rispondere alla pandemia – perlopiù spinti da necessità economiche e mediche – hanno reso più semplici le misure di inclusione dei migranti che presenti sul proprio territorio nazionale, indipendentemente dal loro status giuridico. Un esempio fra tutti è quello del Portogallo, che ha temporaneamente esteso i diritti di soggiorno agli immigrati che, allo scoppio della pandemia, avevano ancora in sospeso le proprie richieste di asilo o a chi non era in possesso di documenti ma di fatto risiedeva all’interno dei propri confini nazionali. Tali misure hanno reso possibile, per tutte queste persone, l’accesso ai servizi sociali e alle cure mediche. Anche l’Italia, come misura di contrasto al lavoro sommerso e al fenomeno del caporalato, ha portato avanti un programma di regolarizzazione di persone sprovviste di documenti se impiegate in determinati settori dell’economia. É questo il caso di braccianti, colf e badanti, per i quali è stata prevista una sanatoria all’interno del cosiddetto Decreto rilancio e del Decreto ministeriale del 29 maggio 2020.

Ma nel complesso, la pandemia in atto ha accentuato quelle tendenze verso politiche migratorie più restrittive che hanno posto in secondo piano i diritti dei richiedenti asilo e dei migranti. Il Covid-19 è stata la causa ufficiale per cui i governi di Malta e Italia, lo scorso aprile, hanno preso la decisione di chiudere i porti a richiedenti asilo e migranti. E, anche se il governo italiano ha consentito l’accesso ai porti alle navi delle varie Ong, il lavoro di queste ultime è stato ostacolato di molto e non solo per quel che concerne il salvataggio di migranti, ma anche per quanto riguarda il monitoraggio via mare. Pertanto, al momento è difficile stabilire con precisione la portata dei flussi migratori e, di conseguenza, degli eventuali naufragi.

Nell’area del Mediterraneo, sono 90.000 i richiedenti asilo e migranti che nel 2020 hanno raggiunto l’Europa. Un numero decisamente inferiore al 2019 (123.000) o al 2015, anno in cui in cui i migranti hanno superato la quota di un milione. Secondo le stime ufficiali, sono 950 le persone che hanno perso la vita durante il viaggio, anche se il numero reale è probabilmente significativamente più alto. Per quanto riguarda l’Italia, nel 2020 sono 34.154 i migranti arrivati via mare (il 60% dei quali da Lampedusa), più del triplo il triplo rispetto al 2019 (11.471). Sono, invece, 4.100 le persone che nello stesso hanno raggiunto il nostro Paese via terra attraverso il confine italo-sloveno.

La nazionalità dei migranti arrivata via mare è per il 38% tunisina e, a seguire, bengalese (12%) e ivoriana (6%). Sono circa 4.500 le operazioni di soccorso portate avanti dalle Ong, dalle autorità costiere oppure intraprese da imbarcazioni civili/mercantili. Le domande di asilo nel corso dell’anno sono state 26.551, in netta flessione rispetto all’anno precedente. Tra gennaio e settembre le richieste di protezione internazionale esaminate sono state 29.547, mentre lo status di “rifugiato” (o la protezione sussidiaria) è stato concesso al 21% dei richiedenti. Nel frattempo, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.314 del 19 dicembre 2020, la legge n.173/2020 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge n.130/2020 in materia di immigrazione e sicurezza che prevede importanti novità in materia di accoglienza.

Inoltre, a settembre 2020 la Commissione europea ha annunciato delle nuove linee guida per prevenire la criminalizzazione del salvataggio in mare, poi confluito nel Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo rilasciato a novembre scorso. Tuttavia, l’Unione europea ha continuato a sostenere, attraverso programmi finanziati dal Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa (Eutfa), la Guardia costiera libica, che ha intercettato più di 10.000 persone che si apprestavano a raggiungere le coste europee, riportandole in centri di detenzione dove è comprovato il perpetuarsi di un meccanismo fatto di estorsioni e abusi di ogni genere.

Per quanto riguarda la cosiddetta “rotta balcanica”, a seguito di una crisi di migranti al confine greco-turco della fine di febbraio 2020, diversi organi di stampa e organizzazioni per i diritti umani hanno documentato un forte aumento dei respingimenti ad opera dalle autorità greche dai confini terrestri e marittimi del Paese. In tale situazione, sono stati registrati addirittura dei casi di persone abbandonate in vere e proprie tende galleggianti nel Mar Egeo e di richiedenti asilo che sono stati spostati all’interno del territorio greco per poi essere espulsi in Turchia.

All’inizio di settembre 2020, l’incendio del campo profughi di Moria sull’isola di Lesbo ha rappresentato solo la punta dell’iceberg di dell’inadeguatezza – resa ancor più evidenti dalla pandemia da Covid-19 – delle misure d’accoglienza messe in campo dell’Unione europea. Il già citato Nuovo patto dell’Ue su migrazione e asilo, un pacchetto di proposte e linee guida per orientare il modo in cui i Paesi dell’Ue negli dovranno affrontare la questione dell’accoglienza ai migranti negli anni a venire, è stato lanciato poco dopo gli incendi, ma è ancora lontano il momento in cui tali misure avranno un reale impatto sulle vite delle persone migranti.

Michele Lipori

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