di Nadia Angelucci. Giornalista e scrittrice
Nemonte Nenquimo è il vincitore del premio Goldman Environmental Prize 2020, il “Nobel per l’ambiente” in relazione alla sua attività ambientalista (e in difesa dei diritti delle popolazioni indigene) in Ecuador, uno dei 10 Paesi più ricchi di biodiversità di tutto il pianeta.
«La mia speranza è che la nostra storia di resistenza sia di ispirazione per altri movimenti in Amazzonia e in tutto il mondo, che renda possibile immaginare un percorso diverso per il nostro popolo, per prenderci cura della natura e del nostro pianeta». Queste le parole di Nemonte Nenquimo quando ha saputo di essere stata premiata con il Goldman Environmental Prize 2020, il “Nobel per l’ambiente”.
Nemonte, il cui nome signi”ca “fiume di stelle”, è una donna indigena di 35 anni appartenente alla nazionalità Waorani. Prima donna presidente del Consiglio di coordinamento della Nazionalità Waorani di Pastaza e cofondatrice dell’organizzazione no profit Alianza Ceibo, Nenquimo è un punto di riferimento nella lotta per i diritti degli indigeni in Ecuador.
Dal 2018 ha condotto una campagna per difendere l’Amazzonia dallo sfruttamento petrolifero ed è stata tra le protagoniste della causa giudiziaria per impedire l’estrazione di petrolio nella foresta pluviale amazzonica ecuadoriana.
L’Ecuador è uno dei 10 Paesi più ricchi di biodiversità di tutto il pianeta. Nel suo territorio insiste una parte di foresta pluviale amazzonica incontaminata con una ricca fauna selvatica, ecosistemi complessi ed irripetibili, e gruppi indigeni che conservano una diversità culturale unica.
Uno di questi, la nazionalità Waorani, è una comunità di cacciatori-raccoglitori organizzati in piccoli insediamenti. I loro territori sono stati raggiunti in un’epoca relativamente recente, intorno al 1958, dai missionari americani e attualmente contano circa 5.000 individui; oggi l’80% della popolazione Waorani vive su un decimo delle terre ancestrali originali.
Dagli anni ‘60 l’esplorazione petrolifera, che ha portato con sé deforestazione e inquinamento incontrollati, ha avuto un impatto disastroso sulle foreste pluviali primarie dell’Ecuador, che ora coprono meno del 15% dell’area del Paese, e sui popoli che le abitano.
La vita di Nemonte Nenquimo si trasforma nel 2018 quando il ministro del governo ecuadoriano
incaricato di gestire le politiche legate allo sfruttamento petrolifero annuncia un’asta internazionale per 16 nuove concessioni in Amazzonia nel tentativo di attirare investimenti delle multinazionali. Alcuni dei lotti individuati erano situati nelle terre Waorani.
A fronte di questa proposta Nenquimo inizia a organizzare le comunità Waorani. Tiene assemblee e colloqui con i leader, aiuta la sua gente a lanciare una campagna digitale rivolta ai potenziali investitori con lo slogan “la nostra foresta pluviale non è in vendita”, e crea una petizione online indirizzata all’industria petrolifera e al governo ecuadoriano che è stata firmata da 378.000 persone in tutto il mondo.
Nello stesso tempo sostiene le comunità, molto povere e spesso dipendenti dagli aiuti delle stesse compagnie che sfruttano il territorio, a mantenere la propria indipendenza installando sistemi di raccolta dell’acqua piovana, pannelli solari e avviando un’attività di produzione di cioccolato e cacao biologico gestita da donne. Svolge inoltre un ruolo chiave in un progetto che ha mappato più di 200.000 ettari di territorio Waorani, coprendo 16 comunità, e accompagna la formazione di giovani indigeni in strategie di comunicazione, pubblicando immagini e video della foresta pluviale e del territorio minacciato.
E infine, Nenquimo contribuisce a portare in tribunale il governo ecuadoriano per aver violato il diritto delle popolazioni indigene al consenso libero, preventivo e informato su quanto accade nel proprio territorio ancestrale. Nell’aprile 2019 un tribunale ecuadoriano si pronuncia a favore degli Waorani, sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello nel luglio dello stesso anno.
Il lavoro di questa giovane donna indigena ha contribuito a proteggere 202.342 ettari di foresta pluviale amazzonica e territorio indigeno dall’estrazione petrolifera e dalle sue conseguenze, e ha messo in comunicazione le popolazioni indigene amazzoniche con la società occidentale.
«La Madre terra non si aspetta che la salviamo, si aspetta che la rispettiamo», ha detto quando è stata premiata. «Chiedo a tutte le società che vivono su questo pianeta di ascoltarci e di unirsi a noi per lavorare; insieme possiamo attuare grandi cambiamenti».
Ph. © https://www.facebook.com/NemonteNenquimo/photos/
[pubblicato su Confronti 01/2021]

Nadia Angelucci
Giornalista e scrittrice