di Enzo Nucci. Corrispondente della Rai per l’Africa subsahariana.
«Da questa pandemia o se ne esce tutti insieme o non ne esce nessuno». «Nessuno è al sicuro se tutti non sono al sicuro». Frasi ripetute instancabilmente come un mantra dagli esperti quando si è fatta una valutazione realistica dell’impatto del Coronavirus. Quanti vivono in Africa hanno sempre ascoltato con sano scetticismo questa professione di fede. Troppo spesso il continente è stato abbandonato al suo destino: puntualmente si sta riproponendo per quanto riguarda i vaccini.
A febbraio solo 4 delle 54 nazioni hanno avviato le vaccinazioni: Egitto, Guinea, Marocco, Seychelles. Eppure in tutta l’Africa alla stessa data si contano 89 mila morti e 3 milioni e 700 mila contagi. Il Coronavirus avanza alla velocità della luce e non si ha una reale consapevolezza della sua diffusione per la mancanza di screening di massa. Purtroppo sono state anche spazzate via le suggestive ipotesi elaborate nel mondo ricco secondo cui l’infezione qui non trovava terreno fertile perché la popolazione è più giovane, il continente meno urbanizzato, fino a formulare bizzarre teorie sull’immunità degli abitanti per motivi genetici. I fatti parlano chiaro: il tasso di mortalità è salito al 2,5% a fronte della media globale del 2,2%.
I problemi legati a produzione, distribuzione e diffusione dei vaccini stanno facendo emergere con drammaticità che per alcuni anni ancora non potrà essere garantita l’immunizzazione della popolazione mondiale. Secondo uno studio dell’Economist, l’Africa dovrebbe attendere fino al 2024 per raggiungere l’immunità di gregge. Ovviamente non è difficile “vaticinare” che questo stallo contribuirà ad acuire ed accrescere le disuguaglianze tra paesi ricchi e poveri.
Il Sudafrica (la nazione più colpita e seconda potenza economica del continente) stava per partire con la campagna vaccinale ma uno studio dell’università di Witwatersandr (Johannesburg) ha mostrato che il vaccino di AstraZeneca (l’unico consegnato) offre una scarsa protezione alla cosiddetta variante sudafricana, responsabile dell’80% delle infezioni, che rischia di diventare predominante. Stop dunque alle vaccinazioni ed il governo si è rivolto alla statunitense Johnson & Johnson per chiedere 20 milioni di dosi di vaccino. Ma a preoccupare è che in Africa si è puntato tutto su AstraZeneca, siero poco costoso e più facile da conservare, e la variante ha investito fino a febbraio 29 paesi.
Per vaccinare almeno il 60% della popolazione, saranno necessarie almeno 1 miliardo e mezzo di dosi di vaccino. Il prezzo oscilla tra gli 8 ed i 16 miliardi di dollari, a cui aggiungere il 20-30% di costi per la distribuzione. Il disprezzo dell’ex presidente Donald Trump verso l’Africa (definita volgarmente “un cesso di paese”) è coinciso con il minimo storico degli investimenti Usa nel continente. Una scellerata politica che lascia alle spalle macerie fumanti ma Russia e Cina sono pronte a rimuoverle. Mosca (che con Putin è tornata a rivestire un ruolo di prima attrice, quasi come lo fu prima del dissolvimento dell’Urss) ha ricevuto richieste per milioni di dosi dai paesi del Maghreb mentre Pechino si è impegnata già da giugno di praticare condizioni vantaggiose nella elargizione dei suoi vaccini. Generosità e disponibilità interessate, ovviamente, in un continente ricco di materie prime e di opportunità di investimenti.
A squarciare l’assordante silenzio sull’Africa ci sono le coraggiose prese di posizione di due grandi organizzazioni. Amref avverte che la pandemia potrebbe diventare endemica. «Tanto più – afferma Githinji Gitahi , direttore generale di Amref Africa – che questa non sarà l’ultima pandemia ma solo una di quelle che ci aspettano, soprattutto considerando il grande problema che dovremo affrontare ovvero il cambiamento climatico». Ed invita tutti «alla solidarietà ed al senso di responsabilità globali per garantire che nessun paese venga lasciato indietro».
Medici senza frontiere denuncia l’ingiusta distribuzione del vaccino e ribadisce la necessità di accesso equo per tutti altrimenti la pandemia non solo si prolungherà ma metterà a rischio ancora più vite.
Le ricadute economiche sono disastrose. Il Covid ha trascinato 32 milioni di persone nella estrema povertà. Il turismo (che produce il 9% del pil) è cancellato. Le scuole sono rimaste chiuse per 6 mesi, più di ogni altro continente, e non disponendo di elettricità, wifi e pc gli studenti hanno perso l’anno. E molti bambini non torneranno nelle aule perché costretti a lavorare o dedicarsi ai figli. Sì, perché un impressionante numero di bambine sono rimaste incinte durante la chiusura. Una ferita non facilmente rimarginabile, non solo per l’Africa ma per tutto il mondo.
Enzo Nucci
Corrispondente della Rai per l’Africa subsahariana