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I vaccini fra proprietà intellettuale e condivisione della conoscenza

by Ugo Pagano

di Ugo Pagano. Professore di Politica economica dell'Università di Siena.

Fino agli anni ‘60 il termine “proprietà intellettuale” non veniva usato né nella letteratura accademica né nel linguaggio comune. In particolare ci si riferiva ai brevetti come a una forma di monopolio che, pur implicando una inefficiente restrizione nell’offerta di un bene, o ostacolando il contributo di altri al miglioramento di un processo produttivo, poteva tuttavia stimolare le innovazioni. Il confronto fra questo possibile stimolo benefico del monopolio e i suoi costi costituiva un quadro condiviso per affrontare il problema.

Dalla proprietà intellettuale erano escluse la ricerca di base (i cui risultati possono aprire molte e impreviste strade che potrebbero essere bloccate da un monopolista) e la ricerca relativa a missioni importanti quali i vaccini antipolio che non furono mai brevettati.

Chiamare il monopolio intellettuale “proprietà intellettuale” ha costituito un cambiamento di linguaggio che ha confuso i termini del problema, favorendo la sua estensione a numerose tipologie di innovazioni. Si è pensato che i vantaggi della proprietà su beni tangibili fossero estendibili a beni intangibili come i contenuti della conoscenza. La proprietà privata è una istituzione che ha il vantaggio di limitare i conflitti relativi al possesso di beni ma questo ragionamento non può essere esteso alla conoscenza perché essa può essere simultaneamente posseduta da tutti.

La cosiddetta proprietà intellettuale è creata dal legislatore e comporta l’esclusione di altri dal possesso di una risorsa che potrebbe essere simultaneamente posseduta da tutti. Il Presidente Jefferson sosteneva che la conoscenza è come la fiamma di una candela: grazie a una candela si possono accendere tante altre candele senza sminuire la fiamma della candela usata per accenderle. Se la proprietà della conoscenza equivale alla libertà di tenere accesa la propria candela e al diritto di tenere spente quelle degli altri allora ci si deve chiedere se l’esercizio di questo diritto è legittimo nel caso dei vaccini.

È giusto compensare chi ha sostenuto dei costi e affrontato il rischio di possibili insuccessi per ottenere le conoscenze necessarie a produrre un certo vaccino ma nel caso di una pandemia queste conoscenze vanno condivise.  Rifiutarsi di condividerle comporta ingenti danni economici numerose vittime e pericolose variazioni del virus. Gli accordi internazionali sottoscritti istituendo il WTO prevedono che nel caso di epidemie, anche meno gravi di quella che viviamo, sia possibile una moratoria sui brevetti o un sistema che renda obbligatorie la concessione di licenze di produzione.

Bisogna sottolineare che agire solo sui brevetti non è sufficiente. Si prenda per esempio i vaccini mRNA. La piattaforma, derivata da sofisticati farmaci anticancro in fase di approvazione, si avvale anche di un monopolio tecnologico e produttivo. A differenza che per i vaccini a vettore virale o inattivati, esistono pochi impianti adeguati a produrli e numerose caratteristiche del loro processo produttivo costituiscono dei segreti industriali. Inoltre il grado di monopolio di cui godono questi vaccini è dovuto a caratteristiche solo parzialmente desiderabili. Si ottengono velocemente i prototipi del vaccino ma essi sono difficilmente producibili a livello di massa perché pochi hanno gli impianti e le tecnologie per produrli. Tuttavia la loro presenza finisce con lo scoraggiare e rendere difficile la sperimentazione di altri vaccini.

In questa situazione non basta smettere di vietare ad altri di produrre i vaccini. Quello che serve è una condivisione attiva delle conoscenze. Con adeguati incentivi economici pubblici bisogna indurre chi sa produrre i vaccini a insegnare ad altri come farlo. Se valorizziamo il fatto che la conoscenza può essere usata simultaneamente da molti produttori potremo meglio affrontare questa emergenza e imparare anche a cooperare con maggiore successo per migliorare il nostro benessere.

Ugo Pagano

Ugo Pagano

Professore di Politica economica dell'Università di Siena

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