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Omo-transfobia

by Fulvio Ferrario

di Fulvio Ferrario. Professore di Teologia sistematica e Decano della Facoltà valdese di teologia di Roma.

Un recente fatto di cronaca che ha visto protagonista Olaf Letzer, della Chiesa evangelica di Brema, in Germania ci consente di fare una riflessione sulla libertà di espressione e i suoi limiti.

Almeno un punto va riconosciuto senza esitazioni al pastore Olaf Letzer, della Chiesa evangelica di Brema, in Germania: non è sospetto di servilismo nei confronti del “politicamente corretto”. Egli ha definito il Buddha “quel grassone”, il culto cattolico delle reliquie “una colossale porcheria” e la festa islamica dello zucchero “una scemenza”. Prevedibile che un simile personaggio si senta tenuto a esercitare il suo stile di pensiero, così articolato e attento alle sfumature, anche sulla questione dei comportamenti omoaffettivi.

In un seminario sulla pastorale matrimoniale, di fronte a una trentina di persone, egli ha affermato che «l’intera porcheria del gender è contraria all’ordinamento divino della creazione, profondamente diabolica, satanica». Sarebbe in azione una Homo-Lobby, costituita da “delinquenti”, che prendono piede nella società per minarne le basi morali.

Accade che un collaboratore di Letzer abbia l’idea di piazzare il video dell’intervento su YouTube, il che, non del tutto sorprendentemente, provoca un putiferio, con tanto di denuncia. Il video viene rimosso, ma ormai il caso è scoppiato.

Il pastore subisce un processo, si presenta all’udienza con la Bibbia in mano e proclama il proprio diritto-dovere di annunciare la parola di Dio anche quando essa è fastidiosa per la mentalità corrente, ma viene condannato a 8.000 euro di multa, in quanto il suo linguaggio è ritenuto fomentatore di disordine sociale.

Contemporaneamente, in Italia, la Conferenza episcopale, il suo giornale e ampi settori del mondo cattolico, in questo caso spalleggiati dalle destre (con qualche eccezione in Forza Italia), si oppongono con vigore alla proposta di legge contro l’omotransfobia, legata al nome dell’onorevole Alessandro Zan.

Tra gli argomenti addotti dagli anti-antiomofobi, la preoccupazione che una definizione ampia dei comportamenti da sanzionare si traduca in una limitazione della libertà di espressione di chi avanza riserve morali nei confronti dei comportamenti omoaffettivi.

Secondo questi critici, sarebbero in azione gruppi di pressione magari non demoniaci, ma nemmeno bene intenzionati, i quali vorrebbero imbavagliare le voci anticonformiste, non omologate all’ideologia del gender, ecc.

Molto meglio, secondo costoro, evitare una legge comunque inutile: infatti, essi ritengono, la violenza di qualunque tipo è già condannata dalle leggi in vigore, che rendono superflua una normativa apposita per questa omotransfobia, centrata, oltretutto, su di un concetto alquanto oscuro.

Non desidero, in questa sede, entrare nel merito giuridico del problema, né tentare paragoni tra la proposta Zan e altre leggi contro il vilipendio, oppure che individuano e puniscono forme specifiche di violenza.

Ricordo solo il ritardo, oggi semplicemente inconcepibile, con il quale la legislazione del nostro Paese iniziò a considerare la violenza carnale come reato contro la persona e non contro la “morale”. «Che c’entra?», dirà qualcuno: avanzo l’ipotesi che la domanda sia parte del problema.

Pongo invece un’altra questione: è bene o male che una società sanzioni un linguaggio come quello del pastore Letzer? La sua condanna può essere considerata lesiva della libertà di espressione del proprio credo religioso?

La Chiesa evangelica di Brema ha risposto sospendendo il pastore Letzer e chiedendo scusa alle persone che egli ha offeso. Secondo quella chiesa, dunque, non solo la giustizia civile, colpendo quello che ha valutato come un caso di omofobia, non ha attaccato la libertà di espressione religiosa, ma ha compiuto un atto al quale la comunità cristiana guarda con approvazione e dal quale trae conseguenze per la propria disciplina interna.

Sono certo che più d’uno, non solo in Italia e non solo nella Chiesa cattolica, riterrà di trovarsi di fronte all’ennesimo adeguamento vigliacco di una Chiesa protestante alla mentalità di questo secolo. Volendo, ci si potrebbe invece chiedere se, per una volta, la mentalità del secolo non possa aiutare le chiese a superare e, anzi, ad abbandonare e condannare forme di pensiero oppressive, che non aiutano né l’umanità delle donne e degli uomini né l’annuncio del messaggio liberante dell’Evangelo.

[pubblicato su Confronti 02/2021]

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Fulvio Ferrario

Professore di Teologia sistematica e Decano della Facoltà valdese di teologia di Roma

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