di Michele Lipori. Redazione Confronti
Seppur in costante crescita, la percentuale delle donne che compongono i Parlamenti di tutto il mondo è ancora ben lungi dal raggiungere la “parità”.
Secondo uno studio dell’Inter-Parliamentary Union del 2019 la media globale delle donne sugli scranni dei Parlamenti di tutto il mondo è pari al 24,3% anche se esistono grandi disuguaglianze tra i Paesi. Le statistiche riferiscono, infatti, che se è l’86% dei Paesi ad aver raggiunto la quota del 10% di rappresentanza femminile in Parlamento, sono ancora moltissimi quelli a non aver superato la quota del 20% e men che meno quella del 30%.
A luglio 2019, solo il 23% delle Stati sovrani aveva più del 30% di donne in Parlamento. I dati contenuti nello studio Women in politics: 2020 rilasciato dall’Entità delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne (un ente delle Nazioni Unite che lavora per favorire il processo di crescita e sviluppo della condizione delle donne e della loro partecipazione pubblica) mostrano come – al 1° gennaio 2020 – solo il 6,6% dei Paesi presi in esame avevano una donna a capo dello Stato e solo il 6,2% a capo del Governo. È invece pari al 20,5% la percentuale di donne che ricoprivano l’incarico di presidente del Parlamento, mentre quella delle vicepresidenti era pari al 25,3%.
Inoltre, le donne che ricoprono ruoli pubblici sono spesso soggette a un controllo sulla loro vita privata, soprattutto per quanto riguarda il proprio aspetto esteriore e il modo in cui esse conciliano la carriera istituzionale e la famiglia.
Aspetto, questo, particolarmente discriminatorio, come ha mostrato un recente studio di Olle Folke e Johanna Rickne dal titolo All the Single Ladies: Job Promotions and the Durability of Marriage pubblicato nel 2020 dall’American Economic Journal in cui viene riportato come il fatto di ricoprire una carica istituzionale (ad es. quella di sindaco o di parlamentare) raddoppi la probabilità di divorzio per le donne, ma non per gli uomini.
Negli Stati Uniti d’America, con l’ascesa di Biden alla Casa Bianca sono 144 seggi sul totale dei 539 – considerando sia la Camera che il Senato – ad essere occupati da donne. Si tratta di un’incidenza del 27% che, sebbene sia ancora ben lungi dall’essere in linea con la proporzione della quota femminile della popolazione degli Stati Uniti (secondo i dati forniti dall United State Census Boureau relativi al quinquennio 2015-2019, le donne di età superiore ai 16 anni rappresentano il 58,3% sul totale della forza lavoro civile) rappresenta un balzo in avanti del 50% rispetto a dieci anni fa.
Rispetto alla rappresentanza dei partiti, le donne che servono nel Congresso sono il 34% dei Democratici (106 seggi) e solo il 14% dei Repubblicani (38 seggi). Esse, inoltre, rappresentano il 40% dei Democratici alla Camera e il 32% dei Democratici al Senato, rispetto al 14% dei Repubblicani alla Camera e al 16% dei Repubblicani al Senato.
Nella “classifica” stilata dell’Inter-Parliamentary Union l’Italia – con 225 scranni sul totale di 630 occupati da donne per una percentuale del 35,7% – è al 36° posto, subito dopo il Burundi e appena prima dell’Uganda. La nuova formazione di governo guidata da Mario Draghi vede 8 donne e 15 uomini assegnati ai vari ministeri, con una rappresentanza femminile del 32%.
Michele Lipori
Redazione Confronti