di Andrea Mulas. Ricercatore Fondazione Lelio e Lisli Basso
«Voi siete gli autori materiali della morte del Presidente Allende e il popolo cileno non permetterà mai che governi una squadra di criminali al soldo dell’imperialismo nordamericano. L’imperialismo ha ora il vantaggio che i “marines” non devono sbarcare da nessuna parte in America Latina perché hanno già chi fa il loro servizio; come già in Brasile, con servitori fedeli ed efficienti». Il telegramma inviato dallo scrittore colombiano Gabriel García Márquez al generale Augusto Pinochet, fautore del golpe che l’11 settembre 1973 schiaccia violentemente l’utopia socialista del governo dell’Unidad popular guidato dal Presidente Salvador Allende è riportato nell’ultimo lavoro dello storico Giancarlo Monina, Diritti umani e diritti dei popoli. Il Tribunale Russell II e i regimi militari latinoamericani (1971-1976), edito da Carocci (2020).
Non è una storia dell’America Latina, ma una ricerca complessa e minuziosa realizzata grazie all’inedita documentazione custodita nell’Archivio storico della Fondazione Lelio e Lisli Basso di Roma, che ha il merito di offrire al lettore una visione complessiva degli anni bui attraversati dai paesi latinoamericani a causa dell’ondata autoritaria che si diffonde a partire dal colpo di stato brasiliano del 31 marzo 1964 e che colpisce inesorabilmente ampi strati della popolazione in tutta la regione a prescindere dalla militanza politica. In questo contesto assume rilevanza l’esperienza del Tribunale Russell II, fondato dal senatore e padre costituente Lelio Basso, che nel corso delle tre sessioni (1974, 1975, 1976), si afferma quale tribunale internazionale d’opinione che, nella forma di un procedimento “giurisdizionale”, porta avanti indagini, raccoglie documentazione probatoria e testimonianze, realizza udienze pubbliche, sottopone al giudizio di una giuria internazionale (composta, tra gli altri, da personaggi del calibro di García Márquez, Julio Cortázar, Pablo Neruda, J.P Sartre, Simone de Beauvoir), e condanna con delle sentenze i governi dittatoriali latinoamericani in quanto colpevoli di «violazioni gravi, sistematiche e ripetute dei diritti dell’uomo e dei diritti dei popoli».
Come scrisse Sartre nell’Introduzione a I dannati della terra, «le nostre vittime ci conoscono dalle loro ferite e dai loro ferri. Questo rende la loro testimonianza irrefutabile». Diritti umani e diritti dei popoli ha il pregio di far cogliere pienamente l’elemento qualificante che il Tribunale Russell II riveste negli anni Settanta per le donne e gli uomini latinoamericani terrorizzati e piegati dai sistemi repressivi dei regimi dittatoriali. Le sessioni, anticipando di vent’anni le Commissioni sulla verità che sorgeranno nei diversi paesi con il ritorno delle deboli democrazie, rappresentano l’unica occasione che i popoli latinoamericani dispongono per denunciare a livello internazionale le violazioni dei diritti umani in corso, la “dimensione degli orrori”, nel disinteresse delle più avanzate democrazie.
È il caso, evidenziato nel volume, dell’Argentina la cui involuzione repressiva attuata dall’Alianza anticomunista argentina (la cosiddetta Triple A) viene denunciata nella sessione di Bruxelles ben prima che sopraggiunga il golpe del 24 marzo 1976. Di fronte alle migliaia di segnalazioni di desaparecidos e denunce di omicidi che giungono alla sede della Fondazione Basso dai diversi angoli del Cono Sur, per la prima volta viene studiato il fenomeno della tortura quale strumento istituzionalizzato di repressione degli avversari politici, al quale l’Autore dedica un ampio approfondimento (“La tortura e gli apparati repressivi”); si denunciano il ruolo delle multinazionali come causa economica della violazione dei diritti umani (“struttura contemporanea del saccheggio” l’aveva definita lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano ne Las venas abiertas de América Latina) e i regimi dittatoriali per crimini contro l’umanità.
Mancava un lavoro di ricostruzione della fitta rete e della mobilitazione che accompagna il processo di formazione e di sviluppo del TRII che, come sottolinea l’Autore, anima «una prolungata campagna internazionale di rivendicazione basata sulla costruzione e sulla mobilitazione di una vastissima rete di gruppi e di comitati, a livello nazionale e locale, in America Latina, in Nord America e in Europa. Si configura cioè come un “movimento sociale transnazionale”: una delle prime espressioni delle nuove forme di mobilitazione che segnarono la nascita della “società civile globale” nella crisi dell’ordine internazionale della Guerra fredda». I processi di decolonizzazione, la rivoluzione cubana, i movimenti guerriglieri latinoamericani, la teologia della liberazione, i nuovi movimenti migratori, gli sviluppi del mercato globale e del processo tecnologico, l’esaurimento dei presupposti del sistema bipolare delle relazioni internazionali.
Il Tribunale Russell II supera le vicende del subcontinente ma è partecipe e interprete di una fase storica in cui sono maturati questi profondi cambiamenti su scala globale: «In un’epoca di transizione, il TRII rappresentò una sorta di laboratorio o di microcosmo in cui si intrecciarono, in primo luogo, i percorsi di culture marxiste e cristiane, ma anche quelli riformisti di ascendenza liberaldemocratica, fino a coinvolgere, nello specifico contesto latinoamericano, ambienti antimperialisti di tradizione nazionalista e populista. Una fase in cui prevalsero le contaminazioni, in cui il vocabolario dei diritti umani si mescolò con quelli marxisti, antimperialisti e anticapitalisti, in un processo di confronto, scontro e osmosi».
Una preziosa indicazione interpretativa che indica Monina per cogliere un’altra peculiarità dell’esperienza del TRII è relativa al ruolo che assume il Tribunale nel dare contenuto sostanziale depoliticizzato (superando il mero formalismo giuridico della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948) alla categoria dei “diritti dei popoli” (ancora attualissima), in virtù del quale si propongono quali soggetti di diritto internazionale i popoli del “Terzo mondo” e il loro diritto all’autodeterminazione, al controllo delle risorse naturali ed economiche del proprio territorio: «L’evoluzione del diritto internazionale dovrà dare ai nuovi paesi gli strumenti affinché la loro voce risuoni in tutto il mondo, dato che i governi dei paesi occidentali sono ancora fermi al vecchio diritto quando i paesi del Terzo mondo ancora non esistevano», si legge nella Dichiarazione costitutiva del TRII.
Oltre alla centralità di valore del diritto, «come strumento dinamico di trasformazione dell’esistente e come base di rivendicazione politica», il Tribunale Russell II, sottolinea l’Autore offrendo una nuova chiave di lettura di quegli anni, fa proprio il linguaggio dei diritti umani riconoscendone e amplificandone sia il valore in sé sia la funzione aggregante di differenti visioni politiche. In questo contesto, i linguaggi dei diritti umani si modellano nella concreta lotta contro le dittature diventando spazio comune e base di partenza per raggiungere “posizioni più avanzate”, riflesso della maturazione di una cultura globale dei diritti e di una nuova concezione dell’ordinamento internazionale. Lotte che ancora non hanno perso valore.

Andrea Mulas
Ricercatore Fondazione Lelio e Lisli Basso