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Ethos. Terapia collettiva a Istanbul

by Denisa Muhameti

di Denisa Muhameti. Redazione Confronti

Il 12 novembre 2020 è arrivata su Netflix la prima stagione di Ethos (Bir Başkadır, in turco “un’altra cosa”) una serie di otto episodi, scritta e diretta dal regista e sceneggiatore Berkun Oya, che ha ottenuto un grande successo, sia a livello nazionale che internazionale.

Nella serie o
gni personaggio rappresenta simbolicamente una delle tante realtà della società turca, e insieme compongono il puzzle delle diverse comunità e gruppi sociali che vivono a Istanbul. Abitano tutti nella stessa città, intrappolati nel cemento della grande metropoli, mentre le loro vite  si collegano in modo inaspettato e si separano in maniera tacitamente tragica. Tutti soffrono in silenzio per qualcosa e sono profondamente turbati da ansie, contraddizioni, pregiudizi, e dilemmi.  

La prima puntata si apre con Meryem (Öykü Karayel) il personaggio principale, una donna hijabi di mezzi modesti, che lavora come domestica. Un personaggio “buono”, una figura casta e pia, come richiama il significato simbolico del suo nome “Maria”. Meryem vive con suo fratello Yasin (Fatih Artman), sua  moglie Ruhiye (Funda Eryiğit) e i loro due figli, Esma e Ismail. Ruhiye è profondamente depressa a causa di uno stupro subito in giovinezza, e arriva al punto da  tentare il suicidio, mentre Ismail, ha quasi 4 anni e soffre di  mutismo.  

Nelle prime scene lo spettatore segue il viaggio di routine della protagonista, dalla periferia al centro città.  fino a che non la vede svenire nell’appartamento dove lavora, subito dopo aver aperto un pacco. Da questo momento la storia torna indietro di un anno, quando Meryem, afflitta da svenimenti improvvisi, decide di confidarsi con  la psicologa Peri.

Peri (Dafne Kayalar) è una “turca bianca”, istruita nelle migliori scuole e proveniente da un contesto  socio-economico diverso. Anche lei però appare come un personaggio profondamente infelice, come emerge dalle sue sessioni di terapia con Gülbin (Tülin Özen), un’amica psichiatra appartenente alla comunità curda. 

Il proprietario della casa in cui Meryem lavora e del quale è segretamente innamorata, è Sinan (Alican Yücesoy), un uomo misterioso e di poche parole. Lui è un aspirante lothario e ha una relazione superficiale con Gulbin, la psichiatra, e Melisa (Nesrin Cavadzade), un’attrice turca che fa amicizia con Peri a lezione di yoga

Nella vita di Meryem un ruolo importante lo gioca anche l’hodia (Settar Tanrıöğen ), una presenza a metà tra la figura paterna e la guida spirituale, da cui sente il bisogno di ricevere la benedizione per le sue sessioni di terapia. L’hodia dal canto suo si trova in antitesi con sua figlia Hayrünnisa (Bige Önal), che appartiene alla comunità LGBTQI,  ascolta la musica “straniera”, e nasconde la sua vera identità alla famiglia.  

Racchiudendo differenze sociali e gli archetipi più disparati in una serie di soli otto episodi, Ethos porta tutti i  personaggi a comunicare e dialogare tra loro, come se si trattasse di una vera e propria seduta di terapia collettiva. E sebbene comunicare e incontrarsi possa sembrare facile a volte, comprendere e conoscere l’altro, entrando in empatia con lui, risulta estremamente difficile, perché ogni conversazione è inevitabilmente afflitta da pregiudizi reciproci.

Il dramma artistico è eloquente e semplice, aggraziato e brutale, locale e trascendente, nostalgico e contemporaneo allo stesso tempo, e trova il suo contrappunto nella musica con cui  si chiude ogni episodio. I toni arabeschi di Ferdi Özbeğen riescono infatti ad incarnare e fondere perfettamente le emozioni di keyif (gioia) e hüzün (dolore). Ed è proprio il dolore che accomuna tutti i  personaggi e li rende ancora più umani. 

Denisa Muhameti

Denisa Muhameti

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