di Rando Devole. Sociologo
Le elezioni anticipate del 14 febbraio 2021 in Kosovo non hanno lasciato ombra di dubbio. La vittoria di “Vetëvendosje” (il Movimento per l’Autodeterminazione), con il 50% dei voti, è stata schiacciante. Si tratta di una vittoria storica mai registrata prima da un partito in Kosovo, mentre le altre forze politiche concorrenti hanno visto un forte calo dei consensi. I due partiti tradizionali sono usciti piuttosto male dalle elezioni: 13% la Lega Democratica del Kosovo (LDK) e 17% il Partito Democratico del Kosovo (PDK).
Bisogna riconoscere che la campagna elettorale sia stata sostanzialmente corretta, quindi non si è svolta in un clima di guerriglia politica o eccessivamente conflittuale tra i candidati e i partiti. La voglia di partecipare delle persone è stata innegabile e significativa, con un’affluenza tra le più alte degli ultimi tempi, tenendo inoltre presente la stagione invernale e la pandemia in corso. I cittadini kosovari hanno sfidato il freddo dell’inverno e la paura del Covid-19 per andare a votare. Il processo dello scrutinio non ha subito intoppi straordinari e non ci sono state contestazioni eclatanti sul voto. Inoltre, le forze politiche che hanno perso hanno riconosciuto pubblicamente la vittoria di VV (Vetëvendosje). Sembra scontato, ma per la regione balcanica questi aspetti indicano molto.
Lo stesso percorso del vincitore delle elezioni, il leader di VV (Vetëvendosje), Albin Kurti, è rilevante per capire l’attualità. Kurti ha iniziato il suo impegno politico nella seconda metà degli anni Novanta come studente attivista protestando contro l’occupazione dell’Università da parte del regime serbo di Milošević. All’inizio della guerra in Kosovo, nel 1998, Kurti ha cominciato a lavorare presso l’Ufficio del Rappresentante politico dell’UÇK (Esercito di Liberazione del Kosovo), Adem Demaçi. Durante i bombardamenti della Nato, iniziati nel marzo 1999, è rimasto a Prishtina, dove è stato arrestato dalla polizia serba. Dopo il ritiro delle forze armate serbe dal Kosovo (giugno 1999) è stato trasferito nelle carceri serbe e poi liberato alla fine del 2001 grazie alle pressioni internazionali.
Il Movimento per l’Autodeterminazione è stato fondato insieme ad altri attivisti nel 2005. Kurti nelle elezioni parlamentari del 2017 è risultato il candidato più votato, mentre nelle elezioni di due anni dopo (ottobre 2019) ha portato il suo movimento al 26% dei voti, con una crescita esponenziale. Nel 2020 è stato primo ministro per alcuni mesi. È evidente che negli ultimi anni si è verificata una doppia trasformazione: Kurti da attivista è diventato un vero politico, mentre Vetëvendosje da un movimento è diventato un vero partito.
Alle ultime elezioni di febbraio, pur non avendo partecipato come candidato alle elezioni, a causa di una condanna penale di qualche anno fa per aver protestato con gas lacrimogeni in parlamento, Albin Kurti è riuscito a svolgere una campagna elettorale efficace, grazie anche all’accordo con la lista di Vjosa Osmani, presidente del Parlamento dal 5 novembre 2020, che ha preso ad interim il posto del Presidente del Kosovo, a seguito delle dimissioni di Hashim Thaçi, accusato di crimini di guerra presso il Tribunale speciale per il Kosovo a l’Aia.
Il programma politico di VV ha convinto buona parte degli elettori kosovari, che hanno covato nel tempo una profonda delusione e una crescente insoddisfazione sugli sviluppi nel Paese sempre più in balia della corruzione e della disoccupazione. Per non parlare della frustrazione per essere l’unico Paese balcanico ad avere l’obbligo dei visti per entrare in UE. Dall’altro lato, il partito di Kurti è stato percepito come una forza politica nuova e riformatrice, che nulla aveva a che fare con il passato e che poteva offrire una prospettiva chiara per il futuro. Questo aspetto ha attirato anche l’interesse e il voto dei giovani che l’hanno premiato diffusamente, così come i voti provenienti dalla diaspora che continua a giocare un ruolo rilevante per l’economia del Kosovo.
Albin Kurti viene descritto spesso come nazionalista di sinistra, talvolta come populista. In un’intervista per Euronews il leader kosovaro si è definito “un socialdemocratico” spiegando che “qualche tratto nazionalista” in lui viene dalla storia del Kosovo e che è di «carattere anticoloniale, di liberazione, per raggiungere l’uguaglianza tra persone e nazioni, non per dominare qualcun altro». Bisogna riconoscergli un certo fiuto politico, che si è notato anche durante la campagna presidenziale statunitense durante la quale si è schierato schiettamente a favore di Biden. Da non sottovalutare, inoltre, la sua campagna e il sostegno dato a diversi candidati presentati come “indipendenti” alle prossime elezioni in Albania.
Davanti ai vincitori delle ultime elezioni in Kosovo si presentano vecchie e nuove sfide. Oltre al rilancio dell’economia e alla lotta alla corruzione, rimane sempre la sfida della normalizzazione dei rapporti con Belgrado e l’accelerazione dell’integrazione nell’UE, con cui si ha solo un Accordo di stabilizzazione e associazione e non lo status di Paese candidato. Inoltre, come succede frequentemente dopo un voto massiccio, c’è sempre il rischio di creare molte aspettative tra i cittadini per poi deluderle.
Rando Devole
Sociologo