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La sete di acqua di Wall Street

by Ludovico Basili

di Ludovico Basili. Ecologista

Lo scorso 7 dicembre al Chicago Mercantile Exchange, il più importante mercato finanziario del mondo tra quelli che si occupano di derivati e commodity, sono iniziate le contrattazioni di un nuovo prodotto: l’acqua. Sono stati venduti i primi contratti future che consentono agli investitori di scommettere sul prezzo dell’acqua sulla base del Nasdaq Veles California Water Index, un indice basato in California che determina il prezzo dell’acqua nello stato americano. Dopo la neve, il vento e la pioggia sui quali gli speculatori possono scommettere attraverso contratti futures legati al tempo, comprati e venduti nella stessa “piazza affari”, ora si è aggiunta l’acqua. «Madre Natura è diventata per Wall Street la madre di tutti i casinò»

Il bene più prezioso al mondo, diventerà una commodity (merce) e sarà influenzata dalla speculazione finanziaria, come i diamanti, il petrolio, l’oro, il gas naturale e i prodotti agricoli, oscillando con l’andamento del mercato sulla base dei trend, scarsamente prevedibili, degli strumenti finanziari più rischiosi, i derivati. 

Il future, spiegano i promotori, potrà servire come strumento di risk management, per aiutare le municipalità, le aziende agricole e le imprese industriali a proteggersi dai rischi economici legati alle carenze idriche. Ma come spiega su Nature, Frederick Kaufman, professore della Graduate School of Journalism della City University of New York: «Sulla carta tutto molto bello ma già sentito. Guardando la storia del settore alimentare si nota come di tutti questi prodotti siano sempre lievitati a dismisura. È accaduto per beni primari come mais, soia, riso e grano. Una volta chi traeva beneficio da questi mercati erano agricoltori, fornai, consumatori. Oggi sono in mano agli speculatori a favore di banche d’investimento che li controllano con derivati finanziari: così cresce anche il prezzo del pane che mangiamo quotidianamente». La speculazione sulle “crisi idriche” farà arricchire i grandi speculatori finanziari, così come accaduto con la crisi del 2008 innescata dagli stessi “prodotti dell’industria finanziaria”, i derivati. 

La finanziarizzazione delle risorse preziose, ci ricorda Kaufman, è alla base dell’Economics of Ecosystems and Biodiversity (Teeb) un’iniziativa internazionale ospitata all’interno del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, dove è nata la brillante idea dei future sull’acqua. Da anni la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale spingevano affinché gli Stati si decidessero a privatizzare le loro risorse. Obiettivo raggiunto, perfetto per incentivare i guadagni delle multinazionali «decise a generare profitti da qualcosa di cui nessuno può fare a meno. In passato ogni promessa di regolamentazione dei derivati, anche in campo alimentare, non è mai passata, ma oggi gli Stati sono sempre più fragili di fronte a Wall Street. È facile scommettere che questo nuovo settore sarà il business del futuro per speculatori senza scrupoli a danno di chi l’acqua già non ce l’ha o soffre di siccità». 

Secondo l’Ecological threat register, dell’Institute for Economics and Peace oggi nel mondo circa 2,6 miliardi di persone sono sottoposte a “stress idrico”, cioè hanno una limitata possibilità di accedere all’acqua potabile. Diventeranno 5,4 miliardi entro il 2040. L’acqua è diventato elemento scatenante e/o “moltiplicatore di conflitti”.

Per l’oro blu si combattono sempre più guerre nel mondo. Tra il 2000 e il 2009 ne sono state censite 94. Tra il 2010 e il 2018 si è arrivati a 263. Se non s’inverte questa tendenza, a fronte dell’aumento della popolazione nelle zone povere del mondo, dove s’innescano la maggior parte dei conflitti, e con l’inasprirsi degli effetti dei cambiamenti climatici, in futuro sempre più conflitti saranno causati per guadagnare l’accesso alle sorgenti naturali dell’acqua: dal Nilo riserva idrica di molti Paesi africani, all’Indo in Pakistan i cui affluenti nascono in India, dal bacino fluviale del Giordano o per il controllo da parte della Turchia delle sorgenti del Tigri e dell’Eufrate da cui dipendono Siria e Iraq. I cambiamenti climatici influenzeranno la disponibilità, la qualità e la quantità di acqua per le necessità essenziali minacciando l’effettivo godimento dei diritti umani all’acqua potenzialmente per miliardi di persone. Le politiche di adattamento e mitigazione agli effetti dei cambiamenti climatici, previste dagli accordi di Parigi del 2015, risultano quindi decisivi ed essenziali anche per perseguire la Pace.

Le tempeste finanziarie toccheranno gli agricoltori di tutto il mondo così come interi Paesi i cui abitanti saranno condizionati dalle scommesse azionarie sui derivati.

I banchieri potranno scommettere e fare profitto su una calamità idrica in Cina, in India, nello Yem. «Fare soldi fuori dal rubinetto significa che l’acqua fresca deve avere un prezzo ovunque venga scambiata, un prezzo globale che può essere arbitrato in tutti i continenti – scrive Kaufman –, e ogni risorsa idrica diventerà un modo per fare denaro». Il 22 marzo, in occasione della Giornata Mondiale dell’acqua, Papa Francesco affermando «il diritto di ogni persona all’accesso all’acqua potabile e sicura» ha posto la questione se, in mezzo alla “terza guerra mondiale a pezzetti”, non stiamo andando verso una guerra mondiale per l’acqua.

In Italia il Forum Italiano dei Movimenti dell’Acqua, promotore del referendum del 2011 per l’acqua pubblica, ha lanciato un appello perché il governo prenda posizione contro la quotazione dell’acqua; per l’approvazione della cosiddetta legge Daga (Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque) che propone di modificare alle fondamenta la struttura del ciclo idrico integrato; per impedire l’accaparramento delle fonti attraverso l’approvazione di concessioni di derivazione che garantiscano il principio di solidarietà e la tutela degli equilibri ecosistemici fluviali. Da noi è urgente affrontare lo stato del sistema idrico e la qualità del consumo di acqua delle famiglie. Secondo il report dell’Istat Statistiche dell’acqua per gli anni 2018-2019, il 37,3% del volume di acqua immesso nelle reti dei capoluoghi non raggiunge gli utenti a casa [era il 39% del 2016]; il 29% delle famiglie non si fidano a bere acqua dal rubinetto; la spesa familiare per l’acqua ha fatto registrare un più 9,4% rispetto al 2016, a fronte anche del diminuire della percentuale di dispersione. 

La gestione di un bene comune deve essere esclusivamente pubblica. Il risultato del Referendum deve trovare attuazione.

Ludovico Basili

Ludovico Basili

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